AMPLIACASA: SOTTO LO STESSO TETTO PER VINCERE INSIEME LA FRAGILITÀ

Con Ampliacasa, Acisjf cerca modelli innovativi di co-housing rivolti a donne fragili, all'insegna di mutuo aiuto e collaborazione

Per  le  persone  fragili,  trovare  un  luogo  da  chiamare  “casa”  è  fondamentale  per  conquistare  stabilità  e  autonomia: proponiamo questo articolo pubblicato su Vdossier n. 1/2018  che racconta l’esperienza di co-housing che Acisjf sta portando avanti con il progetto Ampliacasa.

 

Il co-housing è nato come esperienza di persone che, liberamente e consapevolmente, sceglievano uno stile di vita che permettesse di valorizzare maggiormente le relazioni e che per questo decidevano di condividere anche alcuni spazi di vita. Una scelta, dunque, quasi elitaria. Negli anni, però, si è cominciato a pensare al co-housing come soluzione per persone in situazione di fragilità, che, grazie ad esso, potevano affrontare il problema dell’abitare e dell’autonomia.
Ma che caratteristiche deve avere il co-housing per “funzionare” anche in questi casi, e come deve essere strutturato?
La domanda se l’è posta l’Associazione cattolica Internazionale a Servizio della Giovane (Acisjf).
Ricca di storia, anche se non molto conosciuta, l’associazione «è costantemente impegnata nel rinnovare i modi di realizzare la propria mission, ed è all’interno di questo impegno di adeguamento ai nuovi bisogni che ha affrontato il tema», spiega la presidente nazionale Patrizia Pastore.

 

IL PROGETTO. Ne è nato un progetto, finanziato da Fondazione con il Sud, che si intitola Ampliacasa e ha l’obiettivo di sperimentare e avviare forme innovative di accoglienza, in cui le persone fragili – donne in particolare – possano trovare, oltre ad un tetto, un percorso di accompagnamento verso l’autonomia, evitando le trappole dell’assistenzialismo, in un’ottica di mutuo aiuto e di compartecipazione.
E tutto questo soprattutto al Sud, dove le esperienze di questo tipo sono ancora poche. Protagoniste di questo progetto sono le affiliate Acisjf di Reggio Calabria, Cagliari e Messina.Che si tratti di donne che fuggono da situazioni di violenza, di straniere che hanno perso il lavoro e non possono contare su una rete familiare, di giovani sole con figli, l’abitare insieme può essere una soluzione che permette non solo di dividere le spese, ma di costruire relazioni, imparare ad assumersi responsabilità e anche attivare solidarietà reciproche.

 

ampliacasa
Acisjf Cagliari ha inaugurato la “Casa della giovane Ettore Desogus”, ad Arbus. Foto Ampliacasa

LA CASA DELLA GIOVANE DI CAGLIARI. L’associazione è quindi al lavoro per individuare un modello di co-housing che risponda ad alcuni requisiti: tempi definiti, sostenibilità, compartecipazione delle donne accolte, flessibilità nel rispondere ai diversi bisogni; rafforzamento dei percorsi di autonomia.
Le tre realtà territoriali di Acisjf hanno lavorato per costruire reti per l’accoglienza e per l’housing sociale, partendo dal presupposto che i percorsi verso l’autonomia sono complessi e ottengono più risultati se avvengono all’interno di un lavoro comune, in cui ciascuno mette risorse, conoscenze, esperienza: non dimentichiamo che il co-housing per le persone fragili implica un accompagnamento esterno tarato sulle esigenze delle singole persone. Inoltre occorre lavorare da una parte sulla formazione dei volontari e dall’altra sull’analisi e comparazione delle buone prassi esistenti per arrivare alla definizione di un modello innovativo.
Nel frattempo Acisjf Cagliari è passata alla fase operativa inaugurando la “Casa della giovane Ettore Desogus”, ad Arbus. Per ora è un luogo di ascolto che offre varie opportunità, come uno sportello d’ascolto e servizi educativi, ma prossimamente accoglierà donne in difficoltà secondo la formula, appunto, del co-housing.

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazione@cesv.org

Immagine di copertina Acisjf

 

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