Reti Solidali

BASTA VIOLENZE E RESPINGIMENTI SULLA ROTTA BALCANICA

Rete Rivolti Ai Balcani denuncia le responsabilità del nostro Governo. Caritas chiede di rivedere le politiche migratorie

I respingimenti sulla rotta Balcanica continuano e peggiorano di giorno in giorno le condizioni dei migranti nel campo di Lipa nel nord-ovest della Bosnia e Erzegovina. Sono circa 900 persone che vivono in condizioni disumane, tra neve e gelo, metà sotto tende non riscaldate, l’altra metà nei boschi o dove trovano un rifugio improvvisato, senza servizi igienici, fogne e acqua potabile.

Secondo i dati della Rete Rivolti Ai Balcani, riportati da Redattore Sociale, nel 2019 in Bosnia ed Erzegovina sono 29.537 le persone registrate ufficialmente, quindi i numeri reali delle persone transitate sono molto più alti. L’accoglienza resta concentrata nelle regioni della Krajina e nei dintorni di Sarajevo.

Fermare i respingimenti

La Rete ha denunciato anche le aggressioni e le violenza esercitate dalle forze dell’ordine (ne abbiamo parlato qui) e  chiama in causa anche le responsabilità del governo italiano che da mesi sta attuando la strategia delle riammissioni informali, per rimandare rimanda indietro le persone che arrivano al nostro confine orientale. Rivolti ai Balcani chiede quindi al Governo italiano e a quelli dei Paesi interessati di «fermare immediatamente i violenti respingimenti, le riammissioni e le espulsioni collettive di rifugiati e migranti; di interrompere l’utilizzo illegittimo degli accordi bilaterali di riammissione e di cooperazione di polizia in violazione del diritto dell’Unione europea e del diritto internazionale; di garantire l’accesso alla procedura di asilo e a tutti i diritti e le garanzie previste dal diritto dell’Unione europea fin dalla manifestazione di volontà di chiedere protezione internazionale anche attraverso un’adeguata formazione delle autorità di frontiera; di sollecitare l’intervento delle istituzioni europee per programmi di intervento adeguato sia in Bosnia ed Erzegovina sia negli altri Paesi dell’area balcanica».

rotta balcanica
Spostamento dei migranti nel Centro di accoglienza Bira-Bihac – Foto archivio IPSIA

Lancia inoltre un appello rivolto anche all’Unione europea, chiedendo di cessare «immediatamente i respingimenti a catena, le riammissioni e le espulsioni collettive nonché le violenze delle polizie coinvolte utilizzando misure appropriate, comprese le procedure di infrazione; di condurre indagini indipendenti su respingimenti collettivi e violenze, garantire rimedi efficaci per tali violazioni e istituire un sistema di monitoraggio e sorveglianza alle frontiere esterne ed interne efficace e indipendente».

Ridiscutere le politiche migratorie

Chiede di porre fine ai respingimenti sulla rotta Balcanica anche Caritas Italiana, impegnata come altre realtà non profit ad aiutare la sopravvivenza distribuendo cibo, vestiti invernali, legna da ardere.  «Questi aiuti», si legge nel sito, «sono resi possibili grazie alla solidarietà mostrata da molte persone ed organizzazioni, che in questi giorni stanno contribuendo alla raccolta fondi necessaria proprio per l’acquisto di beni essenziali per la sopravvivenza di queste persone». Però «rimane difficile comprendere la decisione del governo della Bosnia e Erzegovina di trasformare Lipa in un campo permanente, pur sapendo che serviranno molte settimane per raggiungere degli standard minimi di sicurezza, e il rifiuto di ricollocare i migranti in strutture più pronte e più adatte all’inverno a seguito anche delle forti proteste delle comunità locali interessate».

Per questo Caritas Italiana lancia un nuovo allarme: «Non si può più aspettare», dichiara il direttore don Francesco Soddu, «è assolutamente urgente fare ogni sforzo per garantire un’accoglienza dignitosa e sicura, rafforzare l’assistenza umanitaria a Lipa e in tutti gli altri campi profughi della Bosnia e Erzegovina. È necessario far cessare le prassi di respingimenti violenti sulla frontiera bosniaco-croata e ridiscutere le procedure e le politiche migratorie del paese e della regione, per sviluppare un sistema che tuteli maggiormente la vita e i diritti delle persone in transito o dei richiedenti asilo, procedure più snelle e sicure per il transito verso l’Unione Europea dei migranti, soprattutto di quelli in condizioni più vulnerabili, anche grazie a nuovi corridoi umanitari. Le persone in transito lungo la Rotta Balcanica sono infatti spesso in fuga da scenari di guerra e persecuzione, ed hanno pieno diritto alla protezione internazionale lungo il proprio percorso migratorio».

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazionecsv@csvlazio.org

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