COSÌ PIETRALATA DÀ UN CALCIO AL RAZZISMO

Liberi Nantes dal 2007 ha creato una squadra di calcio per rifugiati e richiedenti asilo. Per dare un messaggio di speranza, e portare qualcosa di nuovo al quartiere romano

C’è un momento, su tutti, che, per chi frequenta la squadra di calcio della Liberi Nantes, vale la pena di vivere. È vedere i ragazzi che salgono la rampa che porta al campo XXV Aprile di via Marica, a Pietralata. La rampa parte dalla strada, e nasconde il campo. Man mano che si sale, il campo di gioco si svela alla vista. I ragazzi si girano, vedono il campo, vedono i compagni che sono già arrivati, e sorridono. «È il premio più grande» ci confida Alberto Urbinati, fondatore, vicepresidente e anima della Liberi Nantes, una squadra che, dal 2007, promuove la libertà di accesso allo sport ai migranti forzati, come rifugiati e richiedenti asilo. «Entri in uno spazio di gioco e ti dimentichi tutti i problemi. Vieni qui e giochi. È un premio che arriva ogni giorno».

Una squadra a tutti gli effetti

Liberi Nantes nasce da una manifestazione molto particolare. «Eravamo un gruppo di amici che stava partecipando ai Mondiali Antirazzisti, evento che si svolge ogni anno a Bologna, a luglio, in spazi molto grandi», racconta Urbinati. «Ci sono una decina di campi, circa 200 squadre, per un totale di 4-5mila persone, e in cinque giorni ci si sfida a calcio e a vari sport. È un torneo che premia non tanto il valore calcistico, quanto la voglia di stare insieme». Tornando da Bologna, in quel lontano 2007, nasce l’idea. «Ci siamo detti: perché non fare qualcosa di stabile che abbia questo spirito, come una squadra fatta solo di ragazzi che vengono da altri paesi? Una squadra di calcio come messaggio di speranza». Così il gruppo di amici prende in affitto il campo Fulvio Bernardini, due volte a settimana, e comincia a girare nei centri di accoglienza. «Dicevamo: “siamo un gruppo di pazzi che hanno deciso di fare questa cosa”» ricorda Urbinati. La voce si sparge in un attimo, e la Liberi Nantes si trova presto con un fiume di ragazzi pronti a giocare. «Il primo anno abbiamo fatto solo amichevoli», racconta il vicepresidente della squadra. «Dal secondo i ragazzi hanno detto: “vogliamo giocare sul serio”. Ed è il settimo anno che facciamo il campionato di terza categoria. Siamo una squadra a tutti gli effetti».

“Facevamo anche le lavatrici”

Come in ogni grande storia, e quella di Liberi Nantes lo è, ci sono i momenti belli e quelli brutti. «Non c’è stato un momento più difficile» sorride Urbinati. «È una continua difficoltà. Abbiamo un’utenza che viene qui e gioca gratis, a differenza di altre associazioni in cui chi gioca paga qualcosa. Noi ci sobbarchiamo tutti i costi. Ora stiamo trovando delle soluzioni. Ma all’inizio era molto faticoso, perché facevamo anche le lavatrici. Pensate a 30 ragazzi che si allenano, in un campo di terra, e alla fine ti danno 30 magliette, pantaloncini e scarpini pieni di fango: era molto faticoso. Da quest’anno abbiamo responsabilizzato i ragazzi: hanno il loro kit di gioco e devono prendersene cura, se lo perdono è un problema loro».

liberi nantes campagnaLa Liberi Nantes ha appena lanciato una campagna di crowdfunding per autofinanziarsi, e alla raccolta è legato uno spot che ironizza sulla situazione particolare dei ragazzi. Proprio perché si pensa che uno dei problemi fondamentali sia quello della lingua, vediamo l’allenatore che entra nello spogliatoio e parla in siciliano. Ma le etnie e le lingue differenti siano un valore aggiunto o un limite? «Sono cose che si vivono più fuori dal campo, non nello spogliatoio», spiega Saravan, un ragazzo afgano che fa parte della squadra. «In campo pensi a giocare, a vincere». Saravan a Roma si è rifatto una vita, e oggi si è aperto un’attività al Pigneto, un piccolo negozio di sushi, vicino al Cinema Aquila. Il riscatto può iniziare da un campo di calcio, e continuare anche fuori.

Il gioco e le storie

Le soddisfazioni per la Liberi Nantes, maglietta color bianco e blu, i colori dell’Onu e dell’UNHCR, il cui stemma figura sulle divise della squadra, in questi anni non sono mancate. Ha vinto la coppa dei Mondiali Antirazzisti, sia vincendo il torneo sul campo, sia ricevendo un premio al progetto. Ha vinto il premio L’altro pallone, assegnato da giornalisti sportivi, ed è stata premiata dall’Associazione Calciatori. L’ultima soddisfazione è recente: l’incontro con Samuel Eto’o, attaccante camerunense, ex Barcellona, Inter, Chelsea, oggi in forza alla Sampdoria, simbolo della lotta al razzismo, che ha incontrato alcuni rappresentanti della squadra in occasione della trasferta dei blucerchiati a Roma. «Ho chiesto la possibilità di dare a Eto’o la nostra prima muta, le prime maglie che ci hanno regalato, ormai rovinate: abbiamo fatto stampare il suo nome sulla schiena», racconta Urbinati. «È venuta anche Carlotta Sami, portavoce dell’UNHCR, ha parlato con Eto’o e ci ha consegnato la maglia, gli ha chiesto di guardare con attenzione realtà come la nostra, e ha chiesto una maggiore sensibilità al mondo del calcio. C’era il nostro portiere Mahmadou, che quando ha saputo di questo incontro non stava più nella pelle».

liberi nantesOggi nella Liberi Nantes militano ragazzi eritrei, afgani, gambiani, senegalesi, guineiani, ivoriani, maliani. Decine di storie che arrivano da altri continenti per unirsi a Pietralata. «Ma i ragazzi ci parlano molto raramente delle loro storie», confessa Urbinati. «Sanno che non devono raccontare nulla, devono giocare e basta. E noi non chiediamo nulla». Qualcosa, a volte, viene fuori. Ad esempio, durante una camminata (la Liberi Nantes organizza attività escursionistiche, e corsi di italiano) una ragazza eritrea ha detto che quell’ambiente le ricordava il suo paese. «Le ho chiesto se fosse stanca del cammino» racconta Urbinati. «Mi ha risposto: “Non sono stanca. Ho camminato per una settimana notte e giorno per andare via dal mio paese». Questo dà la dimensione dell’impresa titanica che fa ognuno di questi ragazzi per trovare una vita nuova”.

Per noi e per Pietralata

È in cerca di una vita nuova anche la Liberi Nantes, entrata con entusiasmo nel progetto della Social Street di Pietralata, promossa dal Progetto Well-Fare | Tra mediazione e comunità, costruire il welfare locale. «L’obiettivo di aprire questo spazio al quartiere per noi è primario: questo spazio avrà un senso solo quando creeremo questa commistione tra la gente del quartiere e noi», riflette il fondatore della squadra. «Essendo un’associazione che ha una sua fragilità, occupandosi di rifugiati, abbiamo voglia di dialogare con il quartiere ed essere una presenza positiva. Qui a Liberi Nantes, contrariamente a quanto si possa pensare, i ragazzi trovano molte regole. Imparano a rispettare chi vive dentro alla squadra, a rispettare l’avversario. Questo consente loro di divertirsi di più, non perdendo tempo a litigare tra loro. Noi pensiamo di fare un servizio della collettività: un nostro ragazzo non sarà mai uno che potrà dare problemi. Vogliamo far parte del quartiere, dialogare, vogliamo essere percepiti come una cosa positiva. Lo spazio del XXV Aprile ha moltissimi problemi, e vogliamo far evolvere quello spazio per restituirlo al quartiere. Lo facciamo per noi e per la comunità di Pietralata».

COSÌ PIETRALATA DÀ UN CALCIO AL RAZZISMO

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