LASCIATECIENTRARE RACCONTA LA MALACCOGLIENZA

Nel rapporto della Campagna Lasciatecientrare la nostra incapacità di accogliere rifugiati e richiedenti asilo. Abbiamo un sistema dispersivo, lesivo dei diritti e non trasparente

L’hot spot di Lampedusa, che fino al 21 settembre scorso era un Centro di Identificazione ed Espulsione, ha avuto negli anni vita travagliata: ad un certo punto è anche andato a fuoco e di conseguenza è stato ricostruito. Ma in tutti i cambiamenti che ha subito c’è un punto fermo: un buco nella rete, che permette ai migranti di uscire nelle strade della città, dove possono trovare un caffè pagato o generi di soccorso e magari un giocattolo per i bambini: tutte cose che gli abitanti mettono a disposizione per loro. Grazie a questo, il centro non scoppia, neanche quando arriva ad “accogliere” 1.500 persone, pur avendo una capienza di 300.
Magra consolazione. Il sistema di accoglienza in Italia fa acqua da tutte le parti: le condizioni di vita sono lesive della dignità delle persone, tra condizioni igieniche precarie, promiscuità forzate, freddo, disagi di ogni tipo (a Lampedusa l’acqua corrente è salata, per esempio).

L’emergenza è accogliere

A raccontare la situazione è stata la giornalista Gabriella Guido, durante la presentazione di Accogliere: la vera emergenza, il rapporto della campagna LaciateCIEntrare su accoglienza, dentenzione amministrativa e rimpatri forzati. Da cui emerge che ciò che l’Italia oggi mette in campo è un sistema di “malaccoglienza”, in cui la politica è assente e quasi nessuno fa quello che dovrebbe fare.
LasciatecientrareLa campagna ha effettuato una serie di visite nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione), che nel 2015 erano sette; nei 3.090 CAS (Centri di accoglienza straordinaria) che dovrebbero avere appunto carattere emergenziale, nei 13 CARA (Centri di accoglienza per Richiedenti Asilo); nei 430 progetti SPRAR (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati); nei MSNA (Minori Stranieri non accompagnati); nei CPSA (Centri di Primo soccorso e Accoglienza) dove dovrebbe stare, per pochissimo tempo, chi ha bisogno di cure, appena sbarcato; nei Centri Informali. In realtà, non esiste un elenco pubblico delle strutture straordinarie, né della loro ubicazione né di chi le gestisce.

Un sistema costoso e inefficiente

Si tratta di un sistema costoso. Secondo il Ministero i CAS – che ospitano 71mila persone, cioè il 72% delle presenza complessive – insieme ai CARA costano allo Stato quasi un miliardo, i centri SPRAR del Ministero dell’Interno costano altri 242,5 milioni di euro. Complessivamente, lo 0,14% della spesa pubblica nazionale.
Il problema è che, secondo il rapporto di LasciateCIEntrare, questi fondi vengono spesi in strutture inefficienti, dove tutto è ancora discrezionale e le irregolarità sono all’ordine del giorno.
LasciatecientrareSono spesso inadeguate le strutture, improvvisate soprattutto nel caso dei CAS : ci sono hotel, vecchi casolari e perfino una ex pizzeria. Sono spesso inadeguati gli operatori: non conoscono l’inglese, non sono mediatori culturali, non hanno una formazione specifica sulla protezione internazionale. E spesso non hanno neanche un inquadramento contrattuale adeguato. Sono inadeguati in qualche caso i gestori, alcuni dei quali continuano il loro lavoro nonostante siano stati già denunciati. È inadeguata l’informazione che viene data a chi sbarca, che spesso non viene neanche informato della possibilità di fare domanda per ottenere lo status di rifugiato, meno ancora di qual è la procedura corretta. Sono inadeguati o completamente assenti i percorsi di inclusione.

I risultati di LasciateCIEntrare

Tra i risultati: persone che avrebbero diritto allo status di rifugiato vengono espulse. Molti ospiti finiscono nei circuiti del caporalato o della prostituzione, della microcriminalità o del lavoro nero. Il numero di minori non accompagnati di cui si perdono le tracce è impressionante. Il numero di chi soffre di depressione e disturbi psicologici e di chi tenta il suicido aumenta, anche per mancanza di psicologici, oltre che di medici.
Anche per questo la Campagna InCAStrati, promossa da Cittadinanzattiva, LasciateCIEntrare e Libera ha avviato una serie di iniziative per chiedere più trasparenza, anche attraverso la pubblicazione dell’elenco dei CSA e dei dati relativi. Il lavoro svolto è contenuto nel rapporto InCAStrati: un interessante catalogo, tra l’altro, di quante scuse si possano accampare per non pubblicare le informazioni.

La foto in alto è di Giorgio Marota

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