ROMA. È NATA LA COALIZIONE PER I BENI COMUNI

Il Comune ha reso più difficile la vita ai volontari del verde pubblico. Più di 80 organizzazioni, ora, chiedono un regolamento

Un bene pubblico diventa un bene comune quando un gruppo di persone decide che quello spazio è importante per il proprio benessere – fisico, psicologico e sociale – e inizia a prendersene cura.

Ci piace partire da questa riflessione, emersa durante un’assemblea pubblica giovedì 12 gennaio, per raccontare la nascita di Coalizione per i Beni Comuni, un fronte composto da più di 80 tra associazioni, movimenti e comitati di quartiere di Roma, che si è presentato presso il Coworking Millepiani di via Odero, zona Garbatella.

coalizione per i beni comuni
Roma, 12 gennaio. Presentazione della Coalizione per i Beni Comuni

Il volontariato capitolino sta unendo le forze in aperto contrasto all’amministrazione Raggi. Il motivo? La determina dirigenziale 624 del 3 agosto che impone ai cittadini di chiedere l’autorizzazione al Dipartimento tutela ambientale del Comune, attraverso un modulo, per qualsiasi tipo di intervento di manutenzione del verde pubblico.

Uno strumento di controllo che non è piaciuto a nessuno, che a detta della Coalizione non solo aumenta la burocrazia, ma pure i costi, perché chi offrirà il proprio contributo volontario dovrà necessariamente essere assicurato e Roma Capitale non copre questa voce di spesa.

 

IL REGOLAMENTO. Alcune associazioni hanno fatto ricorso al TAR, chiedendo l’annullamento della determina, ma il 20 dicembre il Tribunale si è pronunciato negativamente. Ancora una volta è tornato d’attualità un vecchio problema: perché Roma non ha un regolamento comunale che disciplini la collaborazione fra cittadini e amministrazione? Bologna lo ha adottato a febbraio 2014 da una collaborazione con Labsus (Laboratorio per la sussidiarietà) e dopo la Dotta altre 135 città italiane hanno seguito questa strada, adattando il modello alla propria realtà proprio come stanno facendo in questi mesi Milano e Palermo, prossime all’approvazione.

Da qui l’idea del terzo settore capitolino di scendere in campo una volta per tutte: contro la determina di agosto e a favore di un regolamento che manca, in barba alla Costituzione che invece impone ai soggetti pubblici di «favorire le autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale», come riporta l’articolo 118, ultimo comma.

Il motore del Regolamento per la collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa dei beni comuni sono i patti di collaborazione, atti amministrativi il cui contenuto è simile a quello di un contratto tra associazioni e Comune, nel quale vengono indicati impegni, soggetti, controlli, mezzi eccetera. in modo tale che tutti possano vedere come i cittadini attivi intendono prendersi cura di un determinato bene comune, come un parco o una scuola. In altre parole: l’amministrazione riconosce l’autonomia civica del cittadino e con esso stipula un patto di fiducia nell’interesse generale della cura della cosa pubblica.

 

LA RACCOLTA FIRME. A Roma Coalizione per i Beni Comuni costituirà nei prossimi giorni un comitato promotore e poi partirà la raccolta firme per una delibera di iniziativa popolare. In 90 giorni serviranno 5 mila firme valide, «ma ne dobbiamo raccogliere 50 mila», ha dichiarato durante l’assemblea Gregorio Arena, presidente di Labsus e tra gli ideatori del regolamento che si sta diffondendo in tutta Italia, «perché ci stanno impedendo di prenderci cura della nostra città e serve una risposta simbolica. Dobbiamo uscire da questa idea che il cittadino sostituisce lo Stato che non garantisce i servizi. È vero che noi contrastiamo il degrado occupandoci della cosa pubblica, ma lo facciamo perché ci piace, perché ricostruiamo un senso d’appartenenza e una coesione sociale. Così facciamo integrazione e rinsaldiamo i legami comunitari che stanno sparendo».

Coalizione per i Beni Comuni
Roma. Le associazioni che si occupano di verde pubblico contestano la determina 624 del 3 agosto 2017

Il messaggio è chiaro: le associazioni non vogliono chiedere l’autorizzazione per prendersi cura di qualcosa che già gli appartiene. «Occupandoci della cosa pubblica diamo anche un segnale ai nostri figli, perché se anche papà pulisce il parco è più importante che se lo pulisce solo l’operatore del Comune. Così nascono le coscienze civiche. Questa non è una giustificazione per quelle città dove i servizi sono inefficienti, ma uno stimolo a migliorare».

 

IL 16 GENNAIO. La notizia della mobilitazione è arrivata fino in Campidoglio e non può essere un caso che la Commissione Ambiente ha inserito, nell’ordine del giorno della riunione di martedì 16 gennaio, la discussione sul regolamento dopo mesi di silenzio. Arena si presenterà a nome della Coalizione per spiegarne il senso e l’utilità e chissà che il Comune non decida di avviare il processo.

Tutto questo quindi rischia di essere inutile? Le associazioni che hanno aderito alla Coalizione per i Beni Comuni ci tengono a sottolineare che andranno avanti comunque con la raccolta firme. Perché continuare a far sentire pressione alle istituzioni può essere utile per accorciare i tempi, nel caso in cui la macchina amministrativa si metta davvero in moto e perché, in questi mesi, anche un’apertura verso i cittadini rischia di trasformarsi in una banale mossa elettorale.

ROMA. È NATA LA COALIZIONE PER I BENI COMUNI

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