SERVE UN PIANO NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ. E QUESTO È IL MOMENTO GIUSTO

Il reddito di inclusione non basta. L'Alleanza contro la povertà chiede più fondi e più welfare. Perché sconfiggere la povertà conviene.

Un Piano Nazionale contro la Povertà, perché questo è il momento giusto per combatterla. L’Italia non ha mai avuto una strategia organica di lotta contro la povertà. L’approvazione, a fine agosto 2017, del REI (Reddito d’inclusione), ha segnato un passo avanti importante: finalmente c’è una misura strutturale, non occasionale o emergenziale, che ci mette sulla stessa strada di molti Paesi Europei. Ma non basta: adesso bisogna fare in modo che il REI non diventi l’ennesima “Riforma incompiuta della storia italiana”.

IL MOMENTO GIUSTO. Lo afferma l’Alleanza contro la Povertà, nel documento “La lotta alla povertà in Italia, siamo al momento decisivo”, con cui rilancia appunto la necessità di definire un vero e proprio Piano Nazionale contro la Povertà, in vista della discussione sulla Legge di Bilancio 2018.

L’Alleanza è una rete di 35 organizzazioni (associazioni, enti di Terzo settore, sindacati, rappresentanze dei comuni e delle regioni) e motiva questa proposta su due piani: la necessità di perseguire anche nel nostro Paese una maggiore giustizia sociale, ma nello stesso tempo anche la convenienza economica (i consumi si rimettono in moto proprio grazie all’uscita dalla povertà).

Piano nazionale contro la povertà
Solo il 38% dei poveri verrà raggiunto dal REI

IL NUMERO DEI POVERI. Nel documento, l’Alleanza sottolinea alcuni limiti del REI. Il primo riguarda il numero delle persone che ne beneficeranno: In Italia vivono in povertà assoluta 4,75 milioni di persone, ma solo 1,8 milioni di individui riceveranno il REI: il 62% dei poveri ne rimarrà escluso. E, per quanto la legge privilegi i nuclei familiari con figli minorenni (oltre che con figli disabili),  anche tra i minori il 41% di quelli poveri rimarrà escluso .

Di conseguenza, si legge nel documento, il REI «divide i poveri in due gruppi: quelli di “serie a”, che ricevono il Rei, e quelli “di serie b”, che non lo ricevono», situazione evidentemente inaccettabile, se non in modo del tutto transitorio.

L’AMMONTARE DEL CONTRIBUTO. L’importo del REI è troppo basso. per quanto progressivo: va da 177 a 308 euro a seconda dei componenti del nucleo familiare, per una media di 289 euro. Questa cifra, però non è sufficiente per superare la soglia della povertà assoluta, perciò l’Alleanza chiede che venga alzata a 396 euro medie mensili.

I PERCORSI DI INCLUSIONE. La legge sul REI prevede che, accanto al contributo economico, le persone in povertà abbiano la possibilità di entrare in percorsi di inclusione sociale e lavorativa. Questi percorsi vanno ideati e realizzati sotto la regia dei Comuni, ma con il coinvolgimenti di diversi soggetti: Centri per l’Impiego, Terzo Settore e agli altri soggetti del welfare locale.

Per questo la legge prevede che il 15% dei finanziamenti statali contro la povertà sia destinato ai Comuni, ma secondo l’Alleanza questa percentuale è inadeguata, e va portata al 20%, anche perché si tratta, alla fin fine, di potenziare il welfare locale.

delega sula povertà
Operatori a colloquio con un homeless. Servono più finanziamenti anche per il welfare locale.

IL PIANO NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ. La proposta dell’Alleanza contro la Povertà, quindi, è di collocare il REI all’interno di un Piano Nazionale contro la povertà 2018-2020, considerandolo la prima tappa di un percorso fatto di impegni precisi, sostenuto da investimenti progressivi e accompagnato da un “robusto sistema di monitoraggio”.

A regime, cioè dal 2020, sarà necessario un investimento annuo, da parte dello Stato,  di 7 miliardi di Euro, quindi circa 5,1 miliardi annui aggiuntivi rispetto a quanto stanziato fino ad ora. I finanziamenti servono soprattutto per l’attuazione del REI a livello locale: è qui che si determina il successo o il fallimento delle misure contro la povertà.

LA SOSTENIBILITÀ. La gradualità nella realizzazione del Piano nazionale contro la Povertà permetterà a Comuni, Terzo settore, Centri per l’impiego e così via di avere il tempo di organizzarsi per mettere in campo percorsi efficaci e anche di offrire le certezze sul percorso e sugli stanziamenti previsti per gli anni seguentI: senza questa certezza  è impossibile  progettare seriamente lo sviluppo DELla rete dei servizi locali. L’idea del Piano, infatti, è proprio quella di coniugare la lotta alla povertà con un cambiamento strutturale del welfare.

Quanto alla sostenibilità economica, lo studio dell’Alleanza fa notare che i 5,1 miliardi in più, necessari per il Piano, equivalgono a meno dell’1% della spesa pubblica italiana. E in un momento in cui il PIL cresce, non dovrebbe essere impossibile trovarli.

SERVE UN PIANO NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ. E QUESTO È IL MOMENTO GIUSTO

SERVE UN PIANO NAZIONALE CONTRO LA POVERTÀ. E QUESTO È IL MOMENTO GIUSTO