LE AGROMAFIE HANNO INVASO L’ITALIA, DA VERONA A REGGIO CALABRIA

Rapporto Agromafie 2017: il volume d'affari è di quasi 22 miliardi. Serve una legislazione più evoluta

Il volume d’affari complessivo annuale dell’agromafia in Italia è salito a 21,8 miliardi di euro, con un aumento del 30% nell’ultimo anno, frutto dei reati e del malaffare nel settore agricolo e alimentare da parte della criminalità, dalla mafia ai delinquenti comuni. Il fenomeno coinvolge tutta l’Italia, dal Nord al Sud e affligge molte imprese. Sono i dati dell’ultimo Rapporto Agromafie 2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.

«Il Rapporto sulle Agromafie 2017 conferma che ormai la criminalità non investe solo i territori del Mezzogiorno, ma tutto il Paese e anche al di fuori dei confini nazionali”», racconta a Reti Solidali il presidente nazionale della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Attraverso i confini

«Investe su tutta la filiera: dal campo alla tavola, dai furti nelle campagne al caporalato, passando per il controllo delle reti dei trasporti fino ai mercati all’ingrosso, alla distribuzione, ai ristoranti. Investe in un settore strategico, riciclando denaro sporco e investendolo in un settore di cui non potremmo mai fare a meno.

Rapporto agromafie
La presentazione del Rapporto Agromafie 2016

Il dato eclatante sta nella lista delle principali città in cui si misura la presenza della criminalità che investe l’agroalimentare, con Reggio Calabria al primo posto, ma che vede sul podio anche Genova, al secondo posto, e Verona al terzo. A Genova, città portuale, è presente un massiccio ingresso di prodotti agricoli dall’estero, con truffe, ad esempio, nel settore dell’olio extravergine di oliva ed importazione di prodotti non consentiti dall’estero, come farine ogm e oli di palma. Verona è il primo punto di arrivo dal Brennero di molti prodotti: lì è forte, ad esempio, il business della falsificazione dei salumi e dei formaggi. Quindi, si registra uno spostamento verso il Nord e una criminalità organizzata che oggi investe a 360 gradi sul cibo», dice Moncalvo. «Il nuovo business sta nell’importazione di prodotti di bassa qualità dall’estero, che magicamente diventano italiani per falsificazione ed adulterazione. Questi prodotti oggi possono andare nei mercati di tutto il mondo, danneggiando il made in Italy non solo da un punto di vista economico, ma anche da un punto di vista dell’immagine».

Le provincie del Lazio

Secondo il Rapporto Agromafie, Roma occupa la 74esima posizione nella graduatoria delle province italiane sull’intensità del fenomeno delle mafie nel settore agroindustriale, indice calcolato sulla base del numero delle azioni di contrasto messe in atto dalle diverse forze dell’ordine verso questo particolare aspetto criminale.

Rapporto agromafie
Roberto Moncalvo, presidente nazionale di Coldiretti

«Sono oltre 200mila i controlli effettuati dalle forze dell’ordine nel 2016 per combattere le agromafie, dal campo allo scaffale, e garantire all’Italia il primato nella qualità e nella sicurezza alimentare», afferma il presidente nazionale della Coldiretti Roberto Moncalvo.
La provincia laziale dove l’indice è più alto risulta essere Rieti (36esimo posto), Viterbo si piazza al 40esimo. Seguono Latina al 41esimo e Frosinone al 73esimo posto. In cima alla graduatoria italiana Reggio Calabria, all’ultimo posto Trento.

«La novità più confortante», dice il direttore della Coldiretti del Lazio, Aldo Mattia, «è l’annuncio da parte di tre ministri tre ministri, Minniti, Martina e Orlando, dell’ormai imminente invio alle Camere del progetto di riforma dei reati agroalimentari, elaborato dalla Commissione presieduta dal procuratore Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio. Le agromafie si sono evolute nelle modalità di gestione e controllo delle attività criminali, per cui la parte sana della produzione ha bisogno di essere tutelata da una legislazione anch’essa più evoluta e più efficace nel colpire le holding della pirateria agroalimentare», continua il direttore Mattia.

I ristoranti e le mense

«La capitale, come anche le campagne romane, scatenano sempre più spesso gli appetiti dei clan criminali che puntano al controllo di tutto ciò che produce profitto, dalle filiere agroalimentari ai mercati rionali, dalla produzione, trasporto e commercializzazione di tutti i beni alimentari, dalla frutta agli ortaggi, dalle carni alle mozzarelle», dice David Granieri, presidente della Coldiretti del Lazio. «Le mafie sono così evolute che oggi si sono organizzate per reinvestire i capitali sporchi in attività pulite, soprattutto nel settore della ristorazione, come testimoniato dal sequestro, a maggio del 2016, di bar, ristoranti e pizzerie del centro di Roma, per un valore di 80 milioni di euro. Neni riconducibili ad alcuni imprenditori ritenuti coinvolti in traffici gestiti dalla camorra».

Rapporto agromafie
Molte truffe avvengono sulle importazioni

La maggiore preoccupazione della Coldiretti continua ad essere la gestione delle mense scolastiche e della ristorazione pubblica. «È il settore più delicato perché riguarda ancora più direttamente la salute pubblica, in particolare quella dei bambini», spiega Granieri. «Abbiamo proposto di attivare le mense a chilometro zero, quelle cioè dove i pasti siano realizzati con i prodotti provenienti dalle campagne romane e laziali, per garantire i massimi standard di sicurezza alimentare. In attesa di risposte, non possiamo far altro che ripetere la nostra sollecitazione a potenziare il sistema dei controlli sulle mense, per una verifica sempre più puntuale sulla qualità e sulla sicurezza degli ingredienti e dei cibi serviti nelle mense romane e laziali».

I commenti al Rapporto Agromafie

«Sono in dirittura di arrivo i bandi tipo per abolire, nell’aggiudicazione degli appalti per le mense, il massimo ribasso e premiare invece il valore aggiunto della filiera corta», gli ha risposto nel suo intervento Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, durante la presentazione del Rapporto Agromafie.

«Considero questo Rapporto un servizio al paese. Le mafie sono nate nelle campagne, poi la ricchezza si è spostata nelle città. Oggi la ricchezza si sta spostando di nuovo nelle campagne, e così le mafie. Il quadro che si presenta è un incrocio tra reati antichi e modernissimi: abigeato, macellazione clandestina, pascoli abusivi si affiancano a reati modernissimi, quali la violazione del made in Italy, il riciclaggio, il cyberlaundering (riciclaggio on line). L’Italia si è adeguata nel tempo», afferma il ministro dell’Interno Marco Minniti.

Rapporto agromafie
Occorre potenziare anche i controlli sulle mense

«Le mafie tengono insieme tre elementi: origini, modernità, internazionalizzazione. Abbiamo un’immigrazione illegale che non ci permette di effettuare un’immigrazione legale. L’accoglienza ha un limite nell’integrazione: non c’è nessun nesso tra immigrazione e terrorismo, ma tra mancata integrazione e terrorismo sì. Un Paese civile non può permettersi ghetti. Per quanto mi riguarda, la questione del Gran ghetto di Rignano (dove hanno perso la vita due migranti a causa di un incendio, ndr) è l’inizio di un’iniziativa che porterà a cancellare i ghetti dei lavoratori sfruttati».

«Non dobbiamo fare l’equazione immigrazione=caporalato. L’ultima donna morta di caporalato è una donna pugliese», afferma il ministro della Giustizia Andrea Orlando.

«Come avete sentito la necessità di fare un osservatorio contro la criminalità in agricoltura, non pensate che si senta la necessità di farlo anche nello sport, nella sanità, ed in altri campi? Non c’è nessun settore della filiera agroalimentare nel quale la mafia non si sia inserita. Vorrei che questo Osservatorio sia una sorta di prototipo di come si combattono le mafie», si augura l’onorevole Rosy Bindi, Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia.

 

 

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