RIFORMA DEL WELFARE: COSA (E COME) CAMBIA CON LA LEGGE 11 NEL LAZIO

La riforma del welfare introduce anche nel Lazio l’integrazione tra servizi sanitari e sociali. Entro il 2016 approvato il piano sociale regionale

Quella inaugurata dalla Giunta Zingaretti è una stagione di forte risanamento della sanità e del welfare regionale: lo dicono le azioni intraprese in questi tre anni e mezzo e i primi numeri che ne vengono fuori, dall’investimento sulla rete di sanità territoriale al significativo aumento dei posti letto dopo anni di “segno meno”, dalla lotta serrata alle liste d’attesa agli sprechi tagliati grazie alla centrale unica per gli acquisti. Vediamo finalmente la luce in fondo al tunnel del commissariamento e del deficit (siamo partiti da sotto zero: 10 miliardi di debiti e anche le ultime certificazioni indipendenti e le agenzie di rating confermano che siamo vicini al risanamento di bilancio).
Questi anni hanno segnato una inversione di rotta anche sulle politiche sociali. Innanzitutto con la riforma del welfare, la Legge 11, approvata nel luglio 2016 dopo 16 anni di tentativi andati a vuoto con le precedenti amministrazioni, con la quale, dopo 5720 giorni,  abbiamo finalmente recepito la 328/2000 e fissato per la rete dei servizi sociali e socio-sanitari del Lazio una cornice normativa moderna e coerente, a partire dalla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali.

Riforma del welfare nel Lazio: le novità della Legge 11

L’impatto della nuova legge per i cittadini in difficoltà sarà importante. Cito alcuni degli elementi di novità. Innanzitutto adesso verranno finalmente garantiti nel Lazio i livelli essenziali di prestazione sociale, definiti dalla 328 del 2000 e mai previsti nella legislazione regionale. È lo stesso meccanismo che c’è da tempo in sanità con i LEA, i livelli essenziali di assistenza. Supereremo così una delle disfunzioni storiche del nostro sistema di welfare, ovvero una forte disomogeneità nell’erogazione dei servizi nei diversi territori del Lazio.

riforma del welfare
“Esercitazione di primo soccorso” . Foto di Antonio Perrone © Progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

Altra innovazione importante è quella della presa in carico integrata. Oggi il nostro sistema è fondamentalmente a compartimenti stagni. Faccio un esempio: un anziano con una autosufficienza ridotta ha bisogno di una pluralità di tipologie di assistenza. Ha bisogno di cure e terapie particolari, qualche volta a domicilio. Ha bisogno di persone che si prendano cura delle sue esigenze quotidiane, aiutando i familiari che altrimenti se ne devono fare carico da soli o sostituendo i familiari quando non ci sono o non possono. Ha bisogno di attività di socializzazione, perché l’isolamento rischia di ripercuotersi anche sul suo stato di salute. Spesso ha bisogno di un sostegno economico, magari per l’affitto, se non ce la fa da solo. Oggi per ognuno di questi servizi c’è uno sportello diverso, una domanda diversa, una pratica diversa.

La riforma invece introduce il principio dell’integrazione tra servizi sanitari e sociali attraverso un piano personalizzato unico, predisposto da un’equipe multidimensionale che tiene conto di tutte le necessità della persona da assistere, e che viene sostenuto dal cosiddetto “budget di salute”, che è una metodologia adottata dai sistemi di welfare regionale più avanzati d’Europa.
Poi, ci sarà più qualità. L’affidamento dei servizi sociali non potrà più avvenire secondo il criterio del solo massimo ribasso: nelle gare d’appalto si dovrà premiare l’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base di qualità e prezzo, e il prezzo potrà pesare al massimo per il 30% del punteggio di valutazione. Questo per garantire standard migliori nei servizi alle persone più fragili.
Ancora: i cittadini saranno garantiti da un sistema più trasparente, grazie a nuovi strumenti come la carta dei diritti di cittadinanza sociale, i nuovi meccanismi di valutazione da parte dei cittadini e delle associazione, l’informatizzazione della rete dei servizi.

Le novità  per gli Enti locali: pubblico e privato sociale devono lavorare insieme

Le innovazioni della riforma non sono solo quelle che si rivolgono direttamente ai cittadini, ma anche quelle che renderanno più efficace ed efficiente la gestione dei servizi da parte degli Enti locali. Cito tre novità.

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Assistenza immigrati, la storia di Linda. Foto di Ugo Rea © Progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

La prima: i Comuni dovranno gestire la maggior parte dei servizi sociali in forma associata, unendo le forze e le risorse in un ambito territoriale più ampio. Una scelta che ci porterà a spendere meglio le risorse destinate al sociale e a garantire maggiore uniformità nell’erogazione dei servizi, per esempio tra Comuni grandi e piccoli.

La seconda: diventa obbligatorio il piano sociale regionale, uno strumento di pianificazione ragionata delle politiche sociali che nel Lazio nessuno faceva dal 1999, mentre noi lo abbiamo già avviato e lo approveremo entro il 2016. In questi mesi è in corso una grandissima campagna di ascolto delle realtà del sociale e dei territori, abbiamo già svolto numerosi tavoli tematici.

La terza: l’apertura del sistema alla partecipazione dei soggetti pubblici e privati che operano nel sociale, Comuni, Asl, Terzo settore, associazionismo, sindacato, cooperazione e impresa sociale. Tutte queste realtà dovranno lavorare insieme in un’ottica di sussidiarietà, come prevede la Costituzione: un punto essenziale, perché i modelli di welfare più avanzati in Europa sono quelli che sanno mettere insieme il pubblico e il privato sociale in maniera virtuosa.

Ora si può catturare la chimera dell’integrazione

Chiaramente queste sono innovazioni della governance del sistema, ma indirettamente saranno i cittadini a beneficiarne: basti pensare a quante risorse finora destinate alla macchina burocratica potranno essere recuperate con la gestione associata dei servizi, risorse che potranno essere reinvestite direttamente nei servizi.

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Terapia in orto, il giardino di Filippo. Foto di Vittorio Faggiani © Progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

Sono certa che questo sia il momento buono per rendere definitivo questo cambio di passo, nel Lazio e anche nelle altre Regioni che storicamente hanno fatto più fatica su questo fronte. Oggi ci sono le condizioni e il clima positivo per arrivare all’obiettivo, per raggiungere e catturare la chimera dell’integrazione.

E ci sono i soldi, visto che la Regione Lazio ha appena varato un piano integrato di investimenti che coordina fondi statali, europei e regionali mettendo insieme sul sociale 291 milioni di euro su lotta alla povertà, asili nido, sostegno alle famiglie e alla conciliazione vita-lavoro, sostegno alle famiglie con persone a ridotta autosufficienza. Con  la  riforma  abbiamo  rimesso  a  nuovo  la  macchina  dei  servizi  sociali regionali: abbiamo cambiato il motore, abbiamo restaurato la  carrozzeria e  abbiamo messo  le  gomme  nuove. Con il  programma  per  l’inclusione  sociale  e questi 300 milioni di investimenti abbiamo fatto il pieno di benzina che serve  per far correre  la  macchina  nei  prossimi  anni. Anche perché l’orizzonte comune non è solo quello di integrare le politiche per la salute e le politiche sociali, ma di far sì che la tutela e la promozione della salute e il benessere e l’inclusione sociale diventino preminenti e trasversali in tutte le politiche, così come lo sono per la vita quotidiana dei cittadini.

In copertina “Assistenza in pediatria, un sorriso per i bambini in ospedale“. Foto di Rosanna Papalini © Progetto FIAF-CSVnet “Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano”

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