ROMA SENZA BENI COMUNI? NO GRAZIE

Il coordinamento Roma Bene Comune ha manifestato contro la bocciatura della delibera di iniziativa popolare sulla gestione dei beni comuni

Può esserci dell’ironia nella scelta del luogo di una manifestazione? Forse no, ma a noi piace immaginare di sì. Una statua può parlare, in effetti. Quella di Marco Aurelio, nella piazza del Campidoglio, lo fa da 2.000 anni. L’imperatore è considerato infatti anche un grande filosofo. Scrisse “I colloqui con sé stesso” convinto che, di fronte al non senso del mondo, l’unica via percorribile fosse il ripiegamento sulla propria personalità per dare significato all’esistenza individuale. L’io, prima del noi. I volontari del coordinamento Roma Bene Comune invece sono estremamente convinti del contrario: senza un “noi” non può esistere una comunità, né tantomeno una cittadinanza attiva e partecipata. E sotto la statua di Marco Aurelio si sono dati appuntamento per ribadirlo alla sindaca Raggi.

 

La delibera bocciata

Associazioni e comitati del coordinamento Roma Bene Comune, che operano all’interno del GRA, ritengono un vero e proprio tradimento la bocciatura, con voto contrario della maggioranza lo scorso 25 gennaio, della delibera di iniziativa popolare sulla gestione dei beni comuni. Chiedono un regolamento per “fare insieme”, anziché vivere con passività la loro città e le problematiche connesse. La delibera, infatti, aveva come scopo quello di definire i rapporti tra le amministrazioni locali e quanti vogliono offrire il proprio contributo volontario per la cura del territorio. Lo scopo? Fare rete, attivando nuove forme di collaborazione tra politica e cittadini, basandosi sul principio di sussidiarietà “orizzontale”.

Altro che disinteresse per la cosa pubblica: a Roma proliferano realtà che vorrebbero dare una mano al buon governo cittadino ma si ritrovano costrette in un angolo ad accettare passivamente scelte e soluzioni. La coalizione ha riassunto in poche righe i motivi della protesta: «Malgrado le firme di oltre 15mila cittadini su una delibera di iniziativa popolare “per la gestione condivisa dei beni comuni” della città di Roma, malgrado i 3 anni e mezzo di attesa, alternati da convocazioni, audizioni, negazioni, calendarizzazioni, siamo ancora all’anno zero per la trasparenza nella gestione del patrimonio pubblico della città».

 

Roma Bene ComuneNon sudditi, ma cittadini

La manifestazione, assolutamente pacifica e nel rispetto nelle norme anti-Covid, è durata circa un’ora alla presenza di 50 persone e del presidente del Municipio VIII Amedeo Ciaccheri, molto critico con le posizioni della sindaca. I partecipanti hanno esposto dei cartelli per formare la scritta “non più sudditi ma cittadini”. «I 5 stelle non hanno voluto in alcun modo ascoltarci, hanno fatto melina per tre anni» ha raccontato Katiuscia Eroe del Comitato Parco Giovannipoli, portavoce della coalizione. «Per quattro volte ci hanno rimandato e al termine del quarto incontro ci hanno lasciato con la promessa che avrebbero scritto un regolamento migliore di quello presentato da noi, ma non è mai accaduto nulla. Perché hanno bocciato la delibera? Hanno detto che non c’era un fondamento giuridico, e non è vero, e hanno utilizzato altre scuse come il fatto che per beni comuni si intendessero solo le aree verdi. La nostra politica non ha avuto il coraggio di confrontarsi con i cittadini, che potevano magari saperne di più per esperienza diretta sul campo, con noi hanno avuto l’atteggiamento del “le regole le detto io e tu fai quello che dico io”».

La coalizione scesa in piazza è formata da 186 realtà: c’è chi si occupa di aree verdi, chi di salute mentale, di scuole popolari, di centri ricreativi, di educazione e di accoglienza. Un tessuto fondamentale per creare legami sociali lì dove c’è emergenza, illegalità e sofferenza. Questioni che la pandemia ha reso, se possibile, ancora più urgenti e critiche. E la delibera «offriva uno strumento diverso di collaborazione tra l’amministrazione e i cittadini che si sarebbero potuti sedere ai tavoli decisionali e discutere un progetto per il bene di Roma. Oggi accade che un cittadino presenta un progetto e viene promosso oppure bocciato. Nel caso in cui viene promosso ti assumi tutte le responsabilità». Valga come esempio la gestione di un parco: un comitato che vuole prendersi cura del verde, per fare la manutenzione ordinaria deve assumersi pure la responsabilità di eventuali aree giochi, le potature di alto fusto e altre attività. «I patti di collaborazione servono proprio a mettere insieme le capacità e le energie dei volontari con le capacità amministrative di un comune che garantisce altre competenze», precisa Katiuscia Eroe. Il futuro è all’insegna dell’incertezza, ma i volontari sperano che dopo le elezioni possano nascere nuove opportunità di dialogo.

Altrove è normale

«C’è una burocrazia inutile, pericolosa e assurda, perché ci sono dei presidenti di associazioni che si beccano denunce e subiscono processi penali semplicemente perché vogliono aiutare la propria comunità», sottolinea Eroe. «La Regione Lazio ha approvato un regolamento sui beni comuni, ma ovviamente vale per i beni regionali e non ha effetto su quelli del comune di Roma. Quindi abbiamo le mani legate».

In tutta Italia ci sono esempi virtuosi (220 comuni), da Torino a Bologna, passando per Firenze e altri centri più o meno grandi. Le sinergie tra amministrazione e popolazione altrove non sono una novità e nemmeno una chimera.

Roma, al momento, resta un passo indietro.

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Sui Regolamenti per l’Amministrazione condivisa leggi anche: UN PATTO TRA CITTADINI E ISTITUZIONI PER CUSTODIRE LA BELLEZZA (retisolidali.it)

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