SCUOLA E VOLONTARIATO. INSIEME PER FORMARE COSCIENZE

Il volontariato entra nelle scuole per educare, mentre cresce l’inserimento degli studenti nelle associazioni. Una risorsa che resta, però, da valorizzare

Scuola e volontariato, due mondi sempre più vicini. Non solo perché tante associazioni entrano ormai nelle scuole, portando con sé un catalogo di proposte e idee, progetti in vari ambiti, per integrare l’offerta formativa rivolta a bambini e ragazzi. Ma anche perché sono tanti – e saranno sempre di più – gli studenti che prendono parte alle attività di volontariato proposte dalle associazioni stesse, impegnandosi in servizi e iniziative. E così, da un lato i volontari entrano a scuola, dall’altro gli studenti entrano nelle associazioni.
È di questo “doppio movimento” tra studenti e volontari che vogliamo parlare, a poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico, provando a comprendere dall’interno le dimensioni, le caratteristiche, gli obiettivi e le tendenze di questa reciproca “contaminazione”. Francesca Amadori, che per i Csv del Lazio si occupa proprio del programma Scuola e volontariato, ci spiega come sta cambiando – e come si prevede che cambi – questo particolare rapporto.

L’alternanza scuola-lavoro

«La grande novità è legata all’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro. Improvvisamente le scuole guardano al volontariato e al terzo settore come a un mondo a cui si possono indirizzare i ragazzi dell’ultimo triennio per svolgere appunto l’alternanza, ora obbligatoria per tutti e con una determinata incombenza oraria.

scuola e volontariato
Un’esercitazione antincendio con i volontari della protezione civile

Questa implica una nuova organizzazione per le scuole stesse, che non sempre trovano con facilità i posti necessari all’interno delle imprese. Ecco perché inizia ad emergere, come soggetto utile a questo scopo, proprio il terzo settore». Ma cosa c’entra il volontariato con l’alternanza scuola-lavoro? «Apparentemente poco, perché lavoro e volontariato sono appunto due ambiti diversi. È vero che le realtà del volontariato sono ormai per lo più ben strutturate, offrono servizi e rispondono a bisogni: credo quindi che i ragazzi possano fare un’esperienza utile presso le associazioni. Mi viene in mente l’esempio del Codacons, dove abbiamo inviato alcuni studenti romani: qui i ragazzi hanno fatto esperienza di advocacy e tutela dei diritti del cittadino in quanto consumatore. Un’esperienza sicuramente formativa e interessante». Per l’immediato futuro ci si aspetta dunque un incremento di richieste dalle scuole alle associazioni, al fine appunto di inserire ragazzi in alternanza scuola-lavoro.

A scuola per formare alla cittadinanza

Non è però questo l’unico ambito in cui il rapporto tra scuola e volontariato si esaurisce. Molto sviluppato è infatti anche l’altro “movimento”, quello che le associazioni compiono verso la scuola, proponendo una ricca gamma di attività, lavoratori, incontri su svariati temi e settori.

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A lezione di sicurezza stradale

«Sono almeno 10 anni che le nostre associazioni di volontariato si rivolgono alle scuole. Come centri servizio, abbiamo attraversato varie fasi: a un certo punto, abbiamo anche pensato che fosse più opportuno rivolgerci agli studenti più grandi, con l’obiettivo – strumentale, ma lecito – di acquisire volontari. Ma le associazioni ci hanno smentito, continuando a rivolgere moltissime proposte anche alle scuole dell’infanzia e primarie: segno che il loro interesse non è tanto “reclutare”, quanto piuttosto educare e sensibilizzare». In altre parole, il volontariato non entra nelle scuole “a caccia” di nuove leve, ma per svolgere una funzione di formazione delle coscienze e della cittadinanza in modo del tutto disinteressato.
Ma come reagiscono le scuole, di fronte a questa intenzione delle associazioni? «Ancora fanno fatica ad aprirsi a questo tipo di collaborazione. Primo, perché dal punto di vista organizzativo, sono chiuse nella loro missione didattica. Secondo, perché temono di non riuscire a controllare il contenuto del messaggio che dalle associazioni viene trasmesso. Per esempio, un insegnante può scegliere di parlare lui stesso di immigrazione ai ragazzi, nel timore che l’associazione di volontariato sia, per così dire, “orientata” e non veicoli un contenuto neutrale. Per superare questa difficoltà e fondamentale organizzare momenti d’incontro, in cui si possano verificare insieme i contenuti delle proposte».

Scuola e volontariato: le difficoltà delle piccole realtà

L’impressione è, insomma, che si tratti di una risorsa non abbastanza valorizzata e utilizzata dalle scuole? «In parte sì: esiste certamente un margine di crescita dell’incontro tra scuola e volontariato. In particolare, le piccole associazioni hanno difficoltà a farsi conoscere: nonostante il loro prezioso potenziale, le scuole preferiscono di solito rivolgersi alle grandi organizzazioni».

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L’intercultura è uno dei temi su cui il volontariato è spesso chiamato ad intervenire a scuola

Per quanto riguarda le tematiche su cui più frequentemente il volontariato è chiamato dalle scuole a intervenire, «non è raro che il tentativo sia di quello di rispondere a bisogni in assenza di risorse. Penso ad alcuni progetti sull’intercultura, che vengono richiesti per avere un mediatore da impiegare con le famiglie straniere. Altro tema molto gettonato è il bullismo, per il quale però esistono oggi anche linee di finanziamento, per cui non sempre è il volontariato ad essere chiamato in causa. Decisamente inferiore l’attenzione verso la disabilità, su cui si attivano progetti quasi solo se c’è un caso di disabilità in classe. È invece uno dei settori più richiesti per l’esperienza di volontariato degli studenti».
Il volontariato, in definitiva, è un risorsa preziosa, ma che ancora deve essere valorizzata: «per questo», conclude Amadori, «rivolgiamo un appello alle istituzioni, affinché compiano un atto di riconoscimento di questa, non necessariamente economico ma anche sotto forma di comunicazioni e protocolli. Perché le associazioni si sentano chiamate ad essere facilitatori nella formazione dei giovani, sostenute appunto da un riconoscimento istituzionale di questo loro lavoro”. (da Redattore Sociale)

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