TERMINI TV: UN FLASH MOB PER LA LIBERTÀ DI RACCONTARE

La web tv che racconta Termini e le sue storie non può filmare in stazione e non ha più una sede. Anche per questo ci sarà un flashmob, “Un’ora di Termini”

La prima volta che ho incontrato Francesco Conte, creatore e direttore di Termini Tv, ci siamo trovati al binario 1 est di Stazione Termini, abbiamo attraversato un sottopassaggio in cui si sentivano i grilli cantare di giorno, e siamo arrivati dalla parte opposta. Oggi ci incontriamo fuori dalla stazione, a via Giolitti, all’altezza della Casa dei Diritti Sociali. Termini Tv, per questioni di sicurezza, di privacy, di autorizzazioni che non sono mai arrivate, non può più filmare, o quasi, all’interno della stazione, e ha anche dovuto lasciare la sede che si trovava presso la scuola di danza Termini Underground, ex dopolavoro ferroviario. Per questo motivo, e per molti altri, Termini Tv ha organizzato Un’ora di Termini, un flash mob che si terrà a Termini – ma in teoria in qualsiasi altra stazione – sabato 29 ottobre dalle 18 alle 19. Si tratta di raccontare la propria esperienza a Termini: un amore, un addio, un incontro speciale, un viaggio, un furto. E poi postarlo su Facebook con l’hashtag #terminitv. Termini Tv non chiede soldi, solo un benedetto permesso per filmare. Lo chiede da tempo e non arriva mai. Il motivo per cui io e Francesco ci troviamo in via Giolitti non è casuale. «In quello spazio è nato il primo nome di Termini Tv, “14 metri quadri tv”, perché è un locale di 14 metri quadri», racconta Francesco, indicandomi una stanza proprio accanto alla CDS. «Lo affittavano a 600 euro e pensavamo di prenderlo. Poi mi sono ricordato dello spazio della scuola di danza, Termini Underground, dove siamo stati fino a giugno».

Paghiamo lo scotto del clima politico mondiale

Termini Tv, che Retisolidali ha raccontato quasi un anno fa, da febbraio 2015 è un canale on line dedicato alla grande stazione, all’area circostante, ma soprattutto alle persone che ci vivono, o che si trovano a passare da lì.

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Un regalo dell’illustratore Enrico Natoli a Termini Tv per il flashmob di sabato. Ognuno racconterà una propria esperienza di Termini, da far girare sul web con l’hashtag #terminitv. I video comporranno una video installazione per Reaction Roma, al Macro a Novembre.

L’idea è di raccontare un territorio, e attraverso questo, tutta la società in modo inclusivo. Un progetto così bello, e – ricordiamolo – realizzato praticamente senza fondi, che ha fatto breccia nel cuore di molti. Così bello che non poteva non trovare ostacoli. «A giugno stavamo filmando una band di San Lorenzo, che si chiama Pane, e ha dedicato una canzone a Termini, “Termini House”» ci racconta Conte. «Dovevamo incontrare un’altra giornalista, e siamo andati in fondo a Termini, al binario 29. Lei non riusciva a trovarci, e ha chiesto a una guardia dove fosse Termini Tv, e dove fosse il binario 29, dove in effetti c’è un divieto di accesso. È arrivato da noi, mentre la band suonava, sotto un cielo bellissimo, alle sei del pomeriggio. Quel video non l’abbiamo mai finito. La guardia ha cominciato a seguirmi per Termini fino a che ha scoperto la nostra sede a Termini Underground, la scuola di danza: è partita una procedura a carico di chi gestisce quello spazio. E così lo abbiamo dovuto lasciare».
Da giugno quindi Termini Tv non ha più una sede – i giornalisti lavorano spesso da casa, o in giro per Roma – e non ha la possibilità di filmare in stazione. Termini Tv è costretto a scontrarsi con le norme in vigore e i permessi che non ci sono. E anche con il clima che è seguito agli attentati di Parigi, Nizza e altri. «È vero, sicuramente da quel momento ci sono state delle decisioni a livello esecutivo», ci conferma Francesco. «Se sei fuori la stazione e filmi non ti si fila nessuno. Ma se sei fuori e filmi una ragazza con il velo, o con il burqa, ti fermano. Non potresti filmare a causa del clima politico mondiale. A un nostro giornalista è successo: hanno interrotto l’intervista, forse hanno anche intimidito la ragazza intervistata. Il video è stato rifatto, ma sono situazioni inutili da creare». Tutto questo accade mentre Termini, il non luogo che Francesco e i suoi collaboratori raccontano ogni giorno, continua a cambiare profondamente. «Si stanno aprendo continuamente nuovi spazi commerciali, che sono intesi soltanto come creazione di profitto e non sono compensati in nessun modo con qualcosa di creativo, di spazio pubblico. È una sorta di aeroportualizzazione della stazione, che diventa ancora più terra di nulla», riflette Conte. «Più negozi ci sono, più persone ci sono e più un posto è vissuto. Il fatto che ci siano tanti negozi non significa che non sia un posto pieno di storie e pieno di interesse. Semplicemente, le persone sono più alienate: si va verso una stazione all’asiatica, dove metro, treno e gli “scassati” stessi orbitano. E in qualche modo può essere una cosa positiva. Ma dal punto di vista di uno che fa video alla stazione è triste constatare la fine della luce sui binari a causa del parcheggio sopraelevato, una cosa di cui nessuno si renderà conto fino a che non sarà realizzata».

Un quartiere di integrazioni, guardando ai binari oltre confine

Non ci sono solo problemi, ma anche molte situazioni positive nella storia di Termini Tv. «Sono ottimista su altre stazioni», ci spiega Conte.

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Termini Tv ha creato molto interesse presso i media. «Ora vorremmo lavorare a livello internazionale»

«Partendo da Termini, e usando Termini come laboratorio di giornalismo di strada, collaborando con le realtà del territorio», attorno a Termini Tv sta nascendo una rete. «Collaboriamo con il cineclub Detour, con il Bar Fondi a via Milazzo, con il Beehive, un ostello con un caffè gestito da due americani. Sto creando un quartiere di integrazioni: voglio legare l’Esquilino a San Lorenzo e ad altri luoghi vicini». Termini Tv poi ha creato molto interesse presso i media, e sta lavorando  a video per Internazionale, Il Fatto Quotidiano, The Post Internazionale. «Sono la mia fonte di sostentamento, e di chi lavora con me», ci racconta Francesco. «Sono video firmati da chi li realizza, con il marchio di Termini Tv. Per Internazionale abbiamo iniziato a lavorare dopo sei mesi di attività, e facciamo video solo da Roma. Il Fatto Quotidiano ci ha fatto una richiesta precisa, raccontare i giovani di seconda generazione, e in qualsiasi stazione: è una serie riconoscibile, con la nostra intro, il nostro logo. È importante perché il nostro marchio gira, viene riconosciuto». «Lanceremo un crowdfunding per dei video fatti all’estero. Conosco molti reporter che stanno andando a Calais, e anche lì ci sono dei binari», continua. «Vorremmo collaborare con una rivista libanese sui rifugiati. Vogliamo lavorare a livello internazionale: l’investimento di mettere i sottotitoli in inglese sui video è stato fatto proprio in questo senso».

Termini tv: non siamo nessuno, siamo tutti

Lavorare in questo modo però è difficile. E per dare un segnale è nato il flashmob di sabato 29 ottobre. «Mamma, sono stato a Roma, a Termini, e mi è successo… Quante persone hanno detto questa frase?» spiega Conte.

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I binari accolgono un’infinito di storie che merita di continuare ad essere raccontato

«Raccontare qualcosa che è successo a Termini è un classico. Sono storie che normalmente rimangono a casa. E invece sarebbe divertente se fossero esplicitate sotto forma di ricordi. È una specie di capsula di memorie di un momento a Termini. Faremo tutti insieme la stessa cosa, e lo manderemo nello spazio del web. È una grossa sfida, ma chi vede Termini Tv può farlo». «Voglio essere in una posizione di forza», continua. «Non puoi stare a mendicare Trenitalia per il permesso per una cosa che già esiste. Ci sono 300 video on line. La cosa dovrà essere risolta: si può filmare o no? Se abbiamo i soldi paghiamo. Ma se non li abbiamo come facciamo? Allora, sai cosa dico? Noi non siamo nessuno, siamo tutti, chiunque può fare questa cosa. Se ci pensiamo, tutti hanno filmato qualcosa in stazione. Noi lo facciamo sistematicamente. Ma cosa cambia? È una sorta di vulnus giuridico. Basterebbe un permesso scritto, magari per una persona. Stiamo parlando comunque di giornalisti professionisti. E comunque non stiamo parlando del Pentagono. Non si è mai visto un attentato con le telecamere. Gli attentati si fanno con le armi. E le nostre macchine fotografiche non mi sembrano tali».

Immagini gentilmente concesse dalla web tv Termini Tv

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