VACCINARE I VOLONTARI PRIMA POSSIBILE: LA PRESSIONE DELLE ASSOCIAZIONI

Chi è coinvolto nelle attività di solidarietà non sempre può mantenere il distanziamento. I volontari tengono duro, ma hanno paura

Vaccinare prima possibile tutti i volontari, non solo quelli impegnati nel settore socio-sanitario d’urgenza, sulle ambulanze, a diretto contatto con i malati, ma anche chi è coinvolto in attività di solidarietà più trasversali e sta facendo da mesi la propria parte per contrastare gli effetti della pandemia.

La richiesta è stata avanzata da Francesco Riondino, presidente del coordinamento dei centri di servizio per il volontariato pugliesi – Bari, Foggia, Taranto e Brindisi-Lecce – che insieme a Davide Giove, portavoce del Forum terzo settore regionale, hanno scritto al presidente Michele Emiliano e all’assessore regionale alla sanità Luigi Lopalco, per far inserire «tra le categorie che devono ricevere il vaccino dopo il personale sanitario, parasanitario e le categorie a rischio anche i volontari degli enti di terzo settore».

Secondo le organizzazioni si tratta di una possibilità già prevista a livello nazionale nel “Piano strategico Vaccinazione anti-Sars-CoV-2/Covid-19”, che prevede di inserire «altre categorie di popolazioni, fra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali… qualora venissero identificate particolari categorie a rischio». «Naturalmente», spiegano i due rappresentanti regionali, «tale misura di profilassi dovrebbe essere adottata in via prioritaria ai volontari che svolgono attività che li espongono al contagio e, inoltre, nelle quali possono diventare loro stessi, se positivi asintomatici, portatori del Covid-19».

La questione sollevata dalla Puglia è solo l’ultimo tassello di un confronto acceso in diverse regioni tra organizzazioni ed enti locali per accelerare le vaccinazioni dei volontari.

Ad esempio, in occasione della presentazione del nuovo Csv Belluno Treviso, il neo presidente Alberto Franceschini ha rilanciato l’appello che aveva fatto i primi di gennaio per dare priorità nel piano vaccinale veneto «alle associazioni che si dedicano non solo ai trasporti sociali o alla consegna di generi di prima necessità, ma a chi si prende cura degli anziani e delle persone con disabilità, e sostiene le persone affette da patologie». In Lombardia il coordinamento regionale dei Csv e il Forum terzo settore stanno facendo ugualmente pressioni sulla Regione per inserire gli enti di terzo settore nelle vaccinazioni: una riunione in merito è prevista per venerdì prossimo.

Anche il Csv di Venezia ha affrontato la questione, chiedendo all’assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin di vaccinare i volontari in maniera prioritaria insieme al personale sanitario. Quotidianamente queste persone si occupano di «trasportare i nostri concittadini a fare una visita o aiutarli nelle tante incombenze quotidiane legate all’erogazione delle prestazioni sanitarie», sottolinea nell’appello il presidente del Csv Mario Morandi, «svolgendo, con abnegazione e coraggio, un servizio particolarmente rischioso in termini di contagio».

L’emergenza sanitaria non ha fermato nemmeno i volontari del Molise, dove il Csv regionale si è recentemente adoperato per continuare a supportare il loro impegno fornendo kit igienizzanti, mascherine e 3mila test sierologici (in collaborazione con Avis) per i centri trasfusionali e 6 comuni del territorio. «I volontari non si fermano, ma hanno paura», commenta la direttrice del Csv Lorena Minotti. «Temono il contagio e “sperano” nel vaccino, che permetta loro di operare con maggiore serenità e sicurezza», spiega la direttrice, specificando che al momento i volontari della regione non rientrano nelle liste per le vaccinazioni e non hanno ricevuto comunicazioni in merito.

L’appello a vaccinare i volontari è stato rilanciano anche in Campania dal Csv Irpinia Sannio: «Vogliamo che venga riconosciuto e tutelato il ruolo ed il lavoro di quei volontari che in questi mesi di pandemia non hanno mai fatto mancare il loro contributo», commenta nella nota il presidente Raffaele Amore.

Come detto, se molti volontari attivi in organizzazioni come la Croce Rossa, Misericordie e Anpas sono stati già vaccinati, tutti gli altri sono esclusi dalle prime fasi del piano. Si tratta di una “zona grigia” di attività che, pur non essendo prettamente socio sanitarie, sconfinano in questo ambito, come spiega in Fabrizio Pregliasco, virologo e presidente Anpas.

 

Articolo tratto dal sito www.csvnet.it

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