GIOVANI E CORONAVIRUS: IRRESPONSABILI CHI?

L’82% ha fiducia nella Protezione Civile e il 22% ha iniziato a partecipare a iniziative di volontariato. Una ricerca dell'Osservatorio Giovani di MTV

Di Coronavirus su Reti Solidali ne stiamo parlando da mesi. Di come sta reagendo il mondo del volontariato, soprattutto, ma anche di come è stata gestita la comunicazione a riguardo. Ma qual è la reazione dei giovani, cioè degli Under 30, alla situazione causata dal Covid 19? Ce lo racconta una ricerca dell’Osservatorio Giovani e Futuro di MTV (promossa da ViacomCBS Networks Italia), che dipinge i ragazzi come rispettosi delle regole, analitici rispetto al futuro, facilitatori della trasformazione digitale dentro le famiglie, delusi dalle istituzioni lente a reagire ma fiduciosi nelle risorse solidali di una riscoperta comunità nazionale.

Giovani e coronavirus

È un discorso interessante, anche perché tocca temi a noi cari, come la fiducia nella Protezione Civile e nel volontariato. E ci parla di solidarietà. «I dati che abbiamo raccolto durante questa emergenza sanitaria puntano dritti ad una conclusione: dobbiamo ripartire dai giovani, ribaltando la cronica condizione di marginalità economica, sociale e culturale in cui si trovano», ha spiegato Andrea Castellari, EVP e Amministratore Delegato ViacomCBS Networks Italia, Medio Oriente e Turchia. «I ragazzi chiedono di essere riconosciuti come risorsa su cui investire, nel lungo percorso verso il rilancio della nostra economia, di non essere più considerati come “un onere di sistema”. Incentivare la condivisione di idee innovative, incubatori e start-up, valorizzare in sede di assunzione le esperienze di impegno sociale e volontariato, favorire il ricorso a e-learning e smart working anche in futuro: pensiamo che un segnale concreto di attenzione verso i ragazzi possa e debba partire da qui».

In chi hanno fiducia e in chi no

Cominciamo il nostro viaggio nel mondo dei giovani ai tempi del Coronavirus dalla parola fiducia. In chi e in che cosa hanno fiducia gli Under 30 in questo momento di grande incertezza? La fiducia è risposta soprattutto in quelle realtà che hanno saputo dimostrare una certa incisività. A spiccare è il dato che ci dice che l’82% del campione ha fiducia nella Protezione Civile e nel 66% dei casi afferma di confidare in questa istituzione più di prima, ma anche quel 79% che ha fiducia nelle aziende private che hanno fatto donazioni (il 76% dice di fidarsi più di prima). L’informazione, invece, non gode di grande reputazione: il 27% del campione ha fiducia nei media, e il livello di fiducia è diminuito rispetto a prima dell’emergenza per il 31% dei ragazzi. È bassa la fiducia nei partiti politici (il 19% del campione ha fiducia in questi ma il 32% ne ha meno rispetto al periodo pre-covid).

 

giovani in servizio civileMa i giovani dimostrano di non fidarsi di quelle istituzioni sovranazionali che hanno dimostrato di essere titubanti, ambigue e poco presenti in questa delicata fase. È infatti diminuita notevolmente la fiducia nell’Unione Europea: il 53% del campione sottolinea che, rispetto al periodo pre-covid, confida meno nelle istituzioni europee. Solo 1 intervistato su 4 pensa che l’Europa aiuterà l’Italia a uscire dalla crisi. Il 68% pensa che l’Italia sia stata lasciata sola dall’UE nella gestione dell’epidemia. Nel 2019, il 58% affermava che l’appartenenza all’UE fosse un bene per il proprio Paese. L’86% crede che servano misure comuni a tutti i paesi europei, per poter uscire dalla crisi. Si tratta di dati piuttosto significativi, che confermano un’impressione di abbandono da parte dell’Europa che tutti, in questo momento, percepiamo.

La preoccupazione e l’impegno

Quello che in tanti percepiamo, in questo momento, è che la pandemia ci stia cambiando. Sta cambiando le nostre abitudini, e forse le cambierà a lungo. Forse ci sta cambiando dentro, ci farà diventare migliori, ma questa è più che altro una speranza. Come dice quella canzone, lo scopriremo solo vivendo.

La ricerca ci dice che oggi i ragazzi vivono la situazione indotta dal Covid19 con preoccupazione e stress, ma anche fiducia e voglia di impegnarsi. È tornata in molti di loro la voglia di mettersi al servizio della comunità: il 51% ha trovato il modo di rendersi utile per parenti stretti e vicini di casa, il 22% ha iniziato a partecipare a iniziative di volontariato e il 35% ha promosso o ha partecipato a raccolte fondi o donazioni.

Insieme alla fiducia e alla solidarietà, come detto, convivono le preoccupazioni. L’86% è preoccupato per la situazione economica in Italia e nel mondo (81%) e l’80% teme un forte impatto psicologico per le persone. Ci si preoccupa soprattutto per la salute dei familiari (75%) e per la tenuta del sistema sanitario (83%), ma anche per la diffusione dell’epidemia nelle regioni del Sud (75%) e per il proprio benessere psicologico (47%). È anche da questo senso di preoccupazione che nasce la necessità di rispettare le regole imposte dai decreti, che la grande maggioranza degli intervistati (86%) afferma di condividere, così come la necessità di modificare le proprie abitudini (81%).

I dati smontano anche il luogo comune che i giovani preferiscano divertirsi piuttosto che seguire le regole (la pensa così 1 italiano su 3). Anche il 13% dei ragazzi che le ritiene ingiuste dichiara di rispettarle ugualmente.

Le relazioni e l’innovazione

Quello che è certo è che questa emergenza sanitaria ha cambiato le nostre relazioni e il modo di intenderle. A maggior ragione se parliamo di giovani sotto i trent’anni, per cui incontrarsi e condividere momenti di aggregazione è fondamentale. Quello che sta accadendo è che i ragazzi stanno cambiando le abitudini, relazionali e mediatiche, all’interno delle loro famiglie, svecchiando stili di vita, abitudini e convenzioni decennali.

 

Il 36% del campione dell’indagine su giovani e coronavirus sta riscoprendo relazioni importanti, che prima dava per scontate, e il 38% pensa che la propria famiglia sarà più unita, al termine dell’emergenza. Il 23% dei giovani però pensa che passare molto più tempo con i familiari sia un elemento di stress, soprattutto per i 16-19enni (il 32,5% risponde così).

Anche se in famiglia, i ragazzi si dedicano a informazione e intrattenimento, usano smartphone, tablet, PC. E in questo modo diventano acceleratori della trasformazione digitale dentro le proprie case. Il 66% del campione utilizza più di prima video on demand su abbonamento, il 63% legge più di prima i siti web dei quotidiani, il 57% guarda più di prima i canali TV tradizionali, mentre il 60% del campione naviga più spesso di prima su Youtube.

L’e-learning funziona?

A proposito di relazioni e di trasformazione digitale non possiamo dimenticare che in questi strani giorni è venuto a mancare il luogo di relazione, e di formazione, per eccellenza: la scuola. E proprio con le nuove tecnologie si sta provando ad ovviare a questa mancanza. I giovani riconoscono che le nuove modalità di studio sono un’opportunità, ma sono comunque strumenti compensatori: la scuola resta il luogo di crescita per eccellenza. Il 94% del campione fa e-learning: il 65% ne è soddisfatto, ma 8 ragazzi su 10 pensano che la relazione diretta con compagni e insegnanti sia insostituibile. Il 51% pensa sia giusto che i voti assegnati nelle classi virtuali vengano ritenuti validi. Il 66% pensa che la promozione debba essere garantita a tutti, prevedendo poi corsi successivi per colmare le lacune. C’è anche chi è preoccupato per il futuro. Il 67% degli studenti all’ultimo anno di scuola superiore è preoccupato che la situazione impatti negativamente sull’ingresso in università. I ragazzi non chiedono l’annullamento dell’esame di maturità, ma una revisione che lo semplifichi. Il 97% chiede una prova d’esame commisurata al programma svolto; il 91% vorrebbe una commissione interna, il 64% vorrebbe l’ammissione per tutti gli studenti, con esame solo orale per il 70% del campione.

Il mondo che verrà

I giovani immaginano un presente e un futuro di difficoltà economiche, e sanno che dopo la pandemia le cose non saranno come prima. Ma pensano che il senso di appartenenza ad una comunità nazionale solidale possa essere la risorsa decisiva. Per l’86%, PMI e partite IVA potranno trovarsi in difficoltà economiche serie. Ma l’86% e l’87% ritengono che le competenze scientifiche troveranno una nuova centralità e si dovrà riconoscere l’importanza della sanità pubblica, in cui tornare ad investire. Per il 74% la digitalizzazione sarà una risorsa più utilizzata per lavorare e studiare, anche se gli smart workers intervistati (224 unità) lamentano una dotazione domestica non adeguata al lavoro agile.

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