
PIUSCUOLA AIUTA STUDENTI E FAMIGLIE STRANIERE NELL’INSERIMENTO SCOLASTICO
Lo sportello Piuscuola, gestito da CSV Lazio nell’ambito del progetto triennale Lumen/FAMI, aiuta alunni stranieri neo arrivati a iscriversi a scuola. Tutte le informazioni per ricevere supporto, in un progetto nato su un’esperienza di volontariato concreta che si è fatta struttura
15 Settembre 2025
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La pausa intervista non è propriamente una delle attività di uno sportello che in questi giorni di settembre, con l’inizio delle scuole, somiglia sempre di più a un centralino. Eppure, raccontare ciò che si fa in questo piccolo angolo di mondo che guarda con speranza all’accoglienza dei minori stranieri nelle classi resta l’unico modo per arrivare a un numero sempre maggiore di persone. Allo sportello Piuscuola, che tutte le mattine dalle 9 alle 13 risponde al numero 3275395103, arrivano richieste di continuo. E quando il telefono squilla, dall’altra parte risponde sempre Mirielle, una giovane donna libanese che vive in Italia da 12 anni. Il suo tempo è prezioso, ogni mancata risposta a una richiesta di aiuto rischia di trasformarsi in un appello caduto nel vuoto. Le mamme straniere che si rivolgono a questo servizio – gestito da CSV Lazio nell’ambito del progetto triennale Lumen/FAMI, la conoscono come “la signora che permette ai nostri bambini di andare a scuola”. Lei parla fluentemente italiano, inglese e ovviamente arabo e francese e mette a disposizione gli anni di studio in cooperazione e sviluppo, affiancati da un dottorato in scienze sociali applicate alle migrazioni.
L’inserimento degli alunni stranieri a scuola è ancora un percorso a ostacoli
Nel nostro Paese sono quasi un milione gli alunni con cittadinanza non italiana – 914.860 secondo i dati, che sono in aumento, riferiti all’anno scolastico 2022-23 –, con un incremento di ben 42.500 unità (+4,9%) rispetto all’anno precedente. La regolarità del percorso è una delle analisi tramite la quale viene valutata l’integrazione formativa e sociale degli studenti di origine migratoria. Non a caso, le distanze con gli italiani restano notevoli: gli studenti con cittadinanza in ritardo sono infatti il 7,9%, quelli stranieri in media il 26,4%, con un picco del 48% (quasi uno su due) alle superiori. Parlando di vera accoglienza, non si può che partire dunque dall’idea di rimuovere gli ostacoli, a partire da un’autentica barriera posizionata all’accesso, come ci racconta Mirielle. «Ci sono tante famiglie che vogliono inserire i propri figli e non trovano posto nelle scuole e ce ne sono tante altre che invece non sanno a chi rivolgersi né da dove partire».
Dal volontariato un’esperienza che diventa servizio strutturato
Questo progetto nasce su un’esperienza di volontariato concreta che si è fatta struttura. In tre anni, tramite la rete, 630 alunni figli di immigrati hanno trovato una classe; quando questo avviene, il bambino, nella migliore delle ipotesi, viene considerato un elemento di possibile disturbo per l’equilibrio scolastico, un freno in grado di rallentare il programma delle lezioni o una sorta di problema da risolvere in termini di integrazione. Rendere ordinario ciò che ancora viene visto come emergenziale e straordinario è uno degli obiettivi del progetto, del quale è capofila l’IC Gianni Rodari e a cui hanno aderito fin qui altri istituti comprensivi come Parco di Veio, Via Poseidone, Pio La Torre, Mozart, Francesca Morvillo, Corradini e Piero Terracina a Roma, più il Lido del Faro di Fiumicino, il Leonardo da Vinci di Labico, il Sulpicio di Veroli, l’IC Anzio III e il Leone Caetani di Cisterna di Latina. L’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale sta curando invece i seminari tecnici e la formazione dei docenti e del personale non docente.
Sportello Piuscuola: nel percorso di inserimento tante esigenze diverse
L’esperienza ha potuto mappare le principali criticità, culturali e organizzative, che ostacolano l’iscrizione tempestiva. Il punto di partenza è quasi sempre geografico: la scuola più vicina all’abitazione dell’alunno è in genere quella più adatta. A questa attività viene affiancata una campagna informativa multilingue sul diritto allo studio, con diffusione capillare sui social. «In genere si proviene da un sistema completamente diverso rispetto a quello italiano», spiega Mirielle. «Gli studenti stranieri fanno un primo ciclo di studi in patria che poi non corrisponde a quello che si svolge qui, per cui esiste una divergenza tra i titoli. I più piccoli si inseriscono più facilmente, mentre con gli adolescenti dai 14 anni in su troviamo maggiori difficoltà, soprattutto se loro non parlano italiano. E poi l’offerta alla secondaria è vastissima. L’obbligo c’è fino a 16 anni, ma a 14 o 15 potrebbero non accettarti perché sei troppo grande. Proviamo di solito con gli istituti tecnici, molti però chiedono almeno la terza media». Non può esistere, insomma, un percorso unico di inserimento: le esigenze sono molteplici, le richieste variegate e bisogna valutare caso per caso, storia per storia. «Per questo ci rivolgiamo all’ufficio territoriale, che interviene nei casi di diniego, rifiuto o incapienza. Prima, senza questo supporto, la procedura poteva durare anche mesi. Il partner istituzionale ci ha dato autorevolezza».
Il referente per gli alunni stranieri
L’operatrice definisce la sua «una missione nobile, perché ciascuno ha diritto allo studio». È bene ricordare, infatti, che le leggi italiane tutelano gli studenti anche se i genitori non hanno un regolare permesso di soggiorno. Dai 6 ai 16 anni, in qualsiasi caso, ogni bambino, bambina, ragazzo o ragazza che vive in Italia ha l’obbligo di andare a scuola. Ecco perché si rende sempre più necessaria la figura del referente per gli alunni stranieri. «Questa persona, che non sempre esiste negli istituti, è fondamentale perché comprende le esigenze del minore ed è la garanzia che la scuola si mette a disposizione per accogliere, oltre a velocizzare gli iter», è il pensiero di Mirielle. È una questione di abitudine, di struttura e anche di sensibilità. Se una scuola ha già avuto studenti stranieri, sa come gestire le singole situazioni e in che modo avviare percorsi virtuosi. In contesti nei quali questo non è mai avvenuto, o è accaduto solo sporadicamente, il rischio è quello di trovarsi davanti a un muro di indifferenza e silenzi. «Noi però continuiamo a mandare mail, a chiamare, a chiedere all’ufficio scolastico territoriale di intercedere». È una partita lunga e complessa, nella quale devono scendere in campo necessariamente pure i genitori. Una mamma e un papà che non capiscono o non parlano la lingua, non potranno far valere i diritti dei propri figli e non comprenderanno neppure le informazioni basilari per partecipare consapevolmente all’inserimento scolastico. Anche per loro sono attivi dei corsi di italiano.
