
RIFORMA DEL TERZO SETTORE, I RUOLI E LE PROSPETTIVE DI CSV E RETI ASSOCIATIVE
Il volontariato cambia e cambiano anche i Centri di Servizio. Lo sottolinea la ricerca Terzjus e Unioncamere su CSV e reti associative. Tommasini, CSVnet: «Nel percorso di trasformazione dei CSV uno spostamento dal servizio a promozione e animazione territoriale. I servizi restano, ma in progettualità ampie, in sinergia con le reti territoriali».
09 Maggio 2025
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Il ruolo e le prospettive dei Centri di Servizio per il Volontariato e delle Reti Associative dopo la Riforma del Terzo Settore i temi al centro della ricerca Advocacy, identità e servizio di Fondazione Terzjus con Unioncamere presentata ieri a Roma. «Un seminario», ha spiegato Luigi Bobba, Presidente di Fondazione Terzjus, «parte di un lavoro più consistente svolto su incarico di Unioncamere e che prevede un’attività di formazione prolungata dedicata ai funzionari responsabili degli uffici RUNTS, ai funzionari camerali e ai responsabili delle imprese sociali e ai quadri del Terzo Settore che si è svolta nel 2024». Uno dei cicli formativi era dedicato alle Reti Associative e ai CSV, a cui «è destinata anche un’attività di ricognizione e ricerca sia come novità regolativa nel Codice del Terzo Settore, sia rispetto alle funzioni che vanno svolgendo, pur in forme differenziate, con caratterizzazioni, compiti e modalità ben distinte».
I CSV e la promozione del volontariato
Cristiano Caltabiano, ricercatore di Terzjus e curatore del report, ha presentato i risultati del lavoro che ha coinvolto 15 grandi Reti Associative e esaminato i cambiamenti avvenuti nel mondo dei CSV dopo la Riforma, anche attraverso lo studio di quattro CSV territoriali. I Centri di Servizio per il Volontariato, dopo la Riforma del Terzo Settore, hanno visto un accorpamento, da 65 a 49: i CSV provinciali sono passati da 48 a 22, con un aumento dei Centri regionali da 8 a 10. Lo studio rileva che il 30% dei CSV è presente dove la proporzione degli ETS per numero di abitanti è più alta e ha una strutturazione con una mediana tra volontari e lavoratori di 17 su 12 (con un rapporto di 1,4) e dà evidenza ad una sempre crescente centralità nell’azione dei CSV della promozione del volontariato sul territorio, che, secondo i dati 2022, pesa per il 37,1% sull’impiego di risorse dei Centri: quasi 4 euro su 10 vanno a finanziare attività di promozione, senza – ovviamente – il venir meno delle attività di servizio e supporto.
La costruzione sui territori
La riforma ha portato ad accorpamenti e fusioni tra Centri di Servizio. Tra i quattro CSV territoriali analizzati, nel caso di VOL.TO, Volontariato Torino ETS, c’è una fusione tra due culture del volontariato: una legato al cattolicesimo sociale e l’altra di matrice laica e progressista. Il CESVOT, in Toscana, opera come una struttura di coordinamento aperto, che cerca di fare da cinghia di trasmissione tra le sue diverse componenti (territoriali e associative). Il CSV Emilia (attivo a Piacenza, Parma e Reggio Emilia) ha lavorato per integrare in una struttura unitaria tre delegazioni territoriali, dove operano dipendenti e consulenti, affiancati da un numero cospicuo di volontari. Il CSV San Nicola di Bari è passato da un modello accentrato attorno alla figura di un direttore autorevole ad una configurazione a “porte aperte” dove lo staff e la dirigenza si confrontano costantemente nella gestione delle attività e nella loro programmazione.
Quattro strategie comuni
Dai Centri di Servizio analizzati emergono quattro strategie comuni. La prima, un forte sviluppo di piattaforme digitali, ha tre obiettivi: rendere più efficienti i servizi di supporto agli ETS; intercettare un bacino più ampio di potenziali volontari dai tempi di vita e lavoro sempre più congestionati e spostati sull’online; offrire uno spazio di archiviazione dati agli ETS. La seconda riguarda l’elaborazione di percorsi formativi e di aggiornamento per i responsabili di OdV e APS, mentre la terza è un lavoro diversificato sul territorio per il coinvolgimento di nuovi volontari. Infine la quarta strategia: i CSV fanno attività di progettazione sociale per favorire l’innovazione sociale di OdV, APS ed ETS.
Le Reti Associative
Le Reti Associative, nate in tempi e secondo processi di aggregazione della società civile diversi, un quarto dopo il Duemila, il 18% prima degli anni Sessanta e un quarto negli anni Ottanta, svolgono funzioni di: servizio – il sostegno alle persone, le attività conviviali, l’assistenza tecnica – a soggetti che vanno inclusi; partecipazione, attraverso l’attivazione della propria base e la formazione dei volontari; sensibilizzazione e advocacy. Nelle Reti Associative lavora una media di 6 persone retribuite e 31 volontari, con una grande differenza nelle entrate economiche: dai 587mila euro dichiarate dalle reti non nazionali ai 6 milioni di quelle nazionali. Dalla ricerca emerge inoltre come l’attività delle reti più tematiche abbia una propensione più politica.
Chiara Tommasini, CSVnet: «Il volontario è anche chi sta fuori dagli enti»
Alla presentazione della ricerca Fondazione Terzjus e Unioncamere hanno portato il loro contributo e il loro punto di vista CSVnet e Forum Terzo Settore. «In questo percorso di trasformazione dei CSV vediamo uno spostamento interessante dalle funzioni storiche di servizio, cioè informazione, consulenza, formazione e comunicazione – che comunque rimangono – alla funzione di promozione e animazione territoriale. Che altro non è che un modo per mettere insieme dei servizi – in questi progetti ci sono la formazione la consulenza – ma gestiti all’interno di progettualità molto ampie, sviluppate in sinergia con le reti territoriali» ha spiegato Chiara Tommasini, Presidente CSVnet. Ma le nuove strategie dei CSV fanno emergere un punto importante. «Non sono più i Centri di Servizio per gli enti, ma i Centri di Servizio per il Volontariato» spiega la Presidente di CSVnet. «Che sono due cose diverse. Il Codice dice che il volontario è quello che sta all’interno degli enti, ma è volontario anche chi è fuori dagli Enti. Come, allora, va intercettato? Da qui le progettualità all’interno delle scuole e le altre iniziative volte a far conoscere questo mondo e a trovare l’esperienza più giusta, nel momento migliore e con l’ente più corretto in modo che il tempo e l’esperienza del volontario non vada sprecata». Così Tommasini, che ha concluso sottolineando come «tra i CSV, oltre alle fusioni a caldo, ci sono state anche fusioni a freddo, non volute ma subite. Una moltitudine di esperienze diverse su cui sarebbe interessante investigare».
Vanessa Pallucchi, Forum Terzo Settore: «Le reti, una grande testa con gambe gracili»
«Le reti di Terzo Settore le vedo come una grande testa con delle gambe ancora gracili» è la riflessione di Vanessa Pallucchi, Portavoce di Forum Terzo Settore. «C’è un grande apporto di valori e di competenze, ma il tema delle risorse pone sempre una forbice molto ampia tra l’impatto del Terzo Settore in Italia e gli strumenti che ha in mano per dare il suo apporto ed evolversi. Perché il codice ci chiede di evolverci». Vanessa Pallucchi è intervenuta anche sul tema advocacy. «Se oggi parliamo di temi come povertà educativa, disabilità ed autonomia di vita, questioni ambientali, di innovazione in campo sociale, molto di questo si deve al Terzo Settore. Abbiamo imparato a lavorare nel merito delle questioni, abbandonato posizioni di carattere più ideale e messo in primo piano i meriti di ciò di cui parliamo. E questa rimane una spinta fondamentale per dare voce agli ultimi, ma anche a un diverso equilibrio di relazioni che propone il Terzo Settore».
