SGOMBERO MAGLIANA, 21 LUGLIO: «FAMIGLIE INSERITE NEL TESSUTO SOCIALE»

A pochi giorni dallo sgombero alla Magliana di un'area del parco abitata da famiglie rom, il punto con Associazione 21 Luglio: «Chiediamo il reperimento immediato di soluzione abitative per le famiglie rimaste senza casa, tra cui segnaliamo la presenza di neonati, persone con patologie anche gravi, donne in stato di gravidanza»

di Laura Badaracchi

5 MINUTI di lettura

ASCOLTA L'ARTICOLO

«Disumano»: così l’Associazione 21 Luglio ha definito l’inizio dello sgombero forzato con ruspe di un’area nel Parco della Magliana abitata dal 2018 da una decina di famiglie rom, composte da 39 persone tra cui 19 minori, «pienamente inserite nel tessuto sociale e sostenute in un percorso di inclusione» dalla parrocchia di San Gregorio Magno e dal Nuovo Comitato di Quartiere Magliana. Il 25 luglio scorso sono state abbattute 5 abitazioni dove vivevano 14 persone, di cui 6 bambini: «Senza poter neanche mettere in sicurezza i loro beni, sono stati costretti ad allontanarsi dall’area. Altre abitazioni sono in procinto di essere abbattute nei prossimi giorni. L’intervento è collocato all’interno del progetto, finanziato con 2 milioni di euro dal fondo giubilare, denominato “Manutenzione e rifunzionalizzazione del sistema di paratoie in zona Magliana – Marconi” e che vede come soggetto attuatore la Regione Lazio», riferisce Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio che da tempo segue la comunità per scongiurare lo sgombero. «La Regione Lazio ha il dovere di arrestare immediatamente questa azione di forza disumana, lesiva della dignità umana, profondamente ipocrita. Chiediamo il reperimento immediato di soluzione abitative per le cinque famiglie rimaste senza casa e che ora sono costrette a vagare prive di mezzi. Avvieremo procedure straordinarie, senza escludere di rivolgerci a corti internazionali, per denunciare l’accaduto e porre fine a ulteriori azioni che possano mettere a repentaglio l’incolumità delle famiglie rimaste, tra cui segnaliamo la presenza di neonati, persone con patologie anche gravi, donne in stato di gravidanza».

associazione 21 luglio
Sotto la lente è frutto di un’indagine che ha messo a confronto le metodologie utilizzate in Europa per raccogliere ed elaborare i dati statistici relativi alle comunità rom e sinte

Sotto la lente: i dati sulla scuola

Che i diritti delle popolazioni rom e sinte siano ancora appannati, a dir poco, lo aveva evidenziato il report Sotto la lente dell’Associazione 21 luglio, frutto di un’indagine che ha messo a confronto le metodologie utilizzate in Europa per raccogliere ed elaborare i dati statistici relativi alle comunità rom e sinte. Per quanto riguarda l’Italia, sono state effettuate meno di 600 interviste; Federazione Rom e Sinti insieme e Federazione Romaní – che dovrebbero rappresentare il 90% delle associazioni locali di rom e sinti in Italia – hanno contribuito a raccogliere informazioni, identificando circa 5.500 famiglie residenti in circa 233 comuni, in particolare gli insediamenti rom a Milano, Torino, Roma e nell’area di Firenze. Opera Nomadi ha contribuito a preparare l’indagine «nella sua progettazione e nella formazione degli intervistatori, e per svolgere il lavoro sul campo». Fra i risultati, è emerso che tra i rom i piccoli di età compresa tra i 4 anni e l’inizio dell’istruzione obbligatoria che frequentano la scuola materna o l’asilo nido sono il 54% contro il 90% tra i non rom, mentre i bambini di età compresa tra 7 e 15 anni che non frequentano la scuola risultano pari all’11% tra i rom e al 4% tra i non rom. I membri della famiglia tra i 20 e i 24 anni che hanno almeno completato l’istruzione secondaria superiore generale o professionale sono il 15% tra i rom e il 90% tra i non rom.

Associazione 21 Luglio: «il 63% over 16 in cerca di lavoro ha subito discriminazioni»

Ancora, i rom di età compresa tra i 20 e i 64 anni con un lavoro retribuito (escluso il lavoro autonomo) sono il 10% e il 62% tra i non rom; il 29% dei rom e il 7% dei non rom intervistati tra i 20 e i 64 anni si considerano disoccupati. L’8% dei minori rom tra i 7 e i 15 anni lavora fuori casa. Ben il 63% degli intervistati rom con più di 16 anni in cerca di lavoro negli ultimi 5 anni «dichiara di aver subito discriminazioni a causa della sua origine rom» e il 63% degli intervistati rom con oltre 16 anni «dichiara di aver subito discriminazioni a causa della origine rom negli ultimi 12 mesi». Rispetto alla fiducia nelle istituzioni preposte all’ordine pubblico, «il 27% degli intervistati tende a fidarsi delle forze dell’ordine, rispetto al 68% rilevato tra la popolazione generale, mentre il 23% del campione dichiara fiducia nel sistema giudiziario in confronto al 44% della popolazione generale». Ben il 30% degli intervistati rom fra 35 e 54 anni dichiara problemi di salute che limitano le attività quotidiane, tra i non rom la percentuale si attesta al 9%.

«La stima della speranza di vita – per le nascite nel 2017 – è di 69,9 anni per le donne e di 68,1 per gli uomini, rispetto agli 84,9 anni per le donne e di 80,5 anni per gli uomini per la popolazione generale». Il 98% delle famiglie rom risulta a rischio di povertà (i minori tutti), il 20% tra i non rom; «la metà dei rom intervistati dichiara di vivere in famiglie in cui qualcuno è andato a letto affamato almeno una volta nell’ultimo mese, tra i non rom lo dichiara il 21%. «Le persone che vivono in condizioni di grave deprivazione materiale rappresentano il 44% rispetto al 7% della popolazione generale, mentre i minori costituiscono il 48% del campione contro il 7% della popolazione generale». Infine, nel 2021 il 54% degli intervistati risulta vivere in condizioni di disagio abitativo, rispetto al 16% della popolazione generale; il 15% sostiene di vivere in famiglie senza acqua corrente all’interno dell’abitazione e «il 6% degli intervistati si è sentito discriminato per il fatto di essere rom nella ricerca di un alloggio negli ultimi cinque anni».

associazione 21 luglio
Secondo Bagliori di Speranza sono ancora 106 gli insediamenti monoetnici formali (di cui 89 aperti e 17 in superamento) abitati da persone rom e sinti in Italia

Stasolla: «Avere una casa è un diritto. Vivere in un campo significa affrontare ogni giorno difficoltà enormi»

Affronta questi temi anche Bagliori di speranza, il rapporto annuale 2024 sulla condizione delle comunità rom e sinte in Italia curato sempre dall’Associazione 21 Luglio. «Avere una casa non è un privilegio, è un diritto. Vivere in un campo significa affrontare ogni giorno difficoltà enormi: isolamento, precarietà, ostacoli all’istruzione e al lavoro», ha puntualizzato Stasolla. Sono ancora 106 gli insediamenti monoetnici formali (di cui 89 aperti e 17 in superamento) abitati da persone rom e sinti in Italia; la mappa aggiornata si trova sul sito ilpaesedeicampi. «In Italia si registrano 41 insediamenti abitati da 6.160 rom; 62 insediamenti abitati da 4.559 sinti; 3 insediamenti abitati in forma mista da 207 rom e sinti, per un totale di 106 insediamenti abitati da 10.926 rom e sinti (di cui circa 6 mila minori)», pari allo 0,02% della popolazione italiana. Mentre nel 2010 si contavano circa 40 mila persone rom e sinte concentrate in questi insediamenti. Si registra comunque una diminuzione complessiva del 53% delle persone di etnia rom presenti in Italia, corrispondente a una riduzione di circa 14.900 presenze rispetto al 2016.

Immagine di copertina: Associazione 21 Luglio

SGOMBERO MAGLIANA, 21 LUGLIO: «FAMIGLIE INSERITE NEL TESSUTO SOCIALE»

SGOMBERO MAGLIANA, 21 LUGLIO: «FAMIGLIE INSERITE NEL TESSUTO SOCIALE»