SCONFIGGERE LA POVERTÀ IN VENT’ANNI? SI PUÒ E SI DEVE

Dagli Obiettivi del Millennio all’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile: sconfiggere la povertà è l'obiettivo numero 1

Con l’arrivo del nuovo millennio, nel 2000, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la “Dichiarazione del Millennio” (United Nations Millenium Declaration) con la quale promuoveva la Strategia globale per sconfiggere la povertà, affinché «non si risparmiasse nessuno sforzo per liberare i nostri simili, donne e bambini dall’abiezione e disumanizzante condizione di estrema povertà». Questa importante volontà, approvata dagli Stati aderenti all’ONU, fu tradotta in 8 obiettivi e azioni concrete, che hanno permesso a milioni di persone di migliorare le proprie vite e il proprio futuro.

 

sconfiggere la povertàLA DICHIARAZIONE DEL MILLENNIO. Accanto ai valori fondativi alla base dei rapporti tra Stati: Libertà, Eguaglianza, Solidarietà, Tolleranza, Rispetto della Natura e Condivisione delle responsabilità, la Strategia aveva identificato 8 obiettivi da raggiungere entro il 2015 per tradurre questi principi in azioni. Tra questi obiettivi, il primo, era “Sradicare la povertà estrema e la fame”. Per sconfiggere la povertà l’intento era di dimezzare il numero di coloro che soffrivano la fame e che non avevano accesso all’acqua potabile.

Sempre entro il 2015, la Dichiarazione voleva assicurare la scolarizzazione primaria per tutti e tutte le bambine e bambini, nonché ragazzi e ragazze, con pari accesso a tutti i livelli di istruzione. La Strategia prevedeva anche la riduzione del 75% della mortalità da parto e del 66% della mortalità infantile entro i 5 anni di età; mentre entro il 2020 bisogna raggiungere un risultato importante, per far uscire dagli slum almeno 100 milioni di persone, da cui la campagna “Città senza slum”.

Nel 1990, il 47% della popolazione che viveva nei Paesi in via di sviluppo viveva con meno di 1,25 dollari al giorno; nel 2015, al termine di questa prima Strategia, la percentuale è scesa al 14%, con una differenza di 33 punti. In termini quantitativi significa che nel 1990 le persone in povertà estrema erano 1 miliardo e 900 milioni; nel 2015 erano arrivate a 836 milioni, anche se i maggiori progressi sono stati a partire dal 2.000[1]. Anche la malnutrizione è passata nel periodo 1990-1992 dal 23,3% al 12,9 nel periodo 2.014-2.016.

Se l’Obiettivo n. 1 nel 2000 era di dimezzare il numero di coloro che vivevano sotto la soglia di 1,25 dollari al giorno entro il 2015 si può dire che questo è stato raggiunto con un tasso di povertà assoluta passato dal 28% (1999) all’11% (2013).

Se l’obiettivo era sconfiggere la povertà, però, nessuno però può dirsi soddisfatto: nonostante i “miglioramenti” delle condizioni di chi vive in Asia, nell’Africa sub sahariana il 42% della popolazione continua a vivere in condizioni di povertà estrema. E di questo ne siamo “quasi” tutti consapevoli, visto l’esodo di migliaia di giovani uomini e donne che quotidianamente lasciano i propri Paesi per cercare vie di fuga e verso una vita più decente.

 

L’AGENDA PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE. Per questo, nonostante tutti gli altri obiettivi di questa prima Strategia globale siano positivi [1] è stato necessario, da parte delle Nazioni Unite, varare una nuova Strategia per i prossimi 15 anni, chiamata appunto “Agenda per lo Sviluppo Sostenibile”, che comprende 17 obiettivi (SDGs), molti dei quali ripresi dal precedente periodo.

L’obiettivo n. 1 dell’Agenda 2030 punta a sconfiggere la povertà e ha per finalità la «fine della povertà in tutte le sue forme ovunque» (No Poverty): nonostante la povertà estrema si sia dimezzata rispetto al 2000, il 10% delle persone che vivono nei Paesi in via di sviluppo vivono ancora con un reddito inferiore a 1,90 dollari al giorno e milioni di persone continuano ad averne di meno.

La povertà non è solo mancanza di reddito da lavoro, ma è conseguenza di guerre, del cambiamento climatico, di un limitato accesso alle cure, all’istruzione, alle discriminazioni che escludono milioni di persone, all’intolleranza religiosa. È conseguenza di una crescita economica che esclude perché non offre posti di lavoro sostenibili.

 

sconfiggere la povertà
La campagna lanciata nel 2013

LA CAMPAGNA. Per limitare i danni che causano povertà nel mondo, le Nazioni Unite, ma anche centinaia di organizzazioni non profit si stanno attivando, ciascuno con i propri mezzi, affinché nel 2030 si possa dire che nei Paesi in via di sviluppo non ci sarà la povertà che conosciamo oggi, che le condizioni di milioni di persone sono migliorate. Siamo però realisti: noi crediamo negli obiettivi Onu e nella possibilità di sconfiggere la povertà, ma temiamo che la sua voce, come la nostra, continuerà ad essere più flebile, rispetto ai poteri finanziari e politici che oggi, come ieri, governano il mondo e l’Europa non è esclusa.

Nel 2013, un gruppo di utopisti ha lanciato la Campagna “Dichiariamo Illegale la Povertà” (DIP- Banning Poverty), con la quale si chiedeva alle Nazioni Unite una dichiarazione per il 70° della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Quale era la richiesta principale: che venissero messe al bando tutte le “fabbriche” che producono povertà tra cui anche le centrali finanziarie mondiali. Come tutte le utopie, la Campagna non ha raggiunto lo scopo, ma gli utopisti continuano nella loro lotta contro la povertà e ciò che la produce, non contro i poveri.

 

LA RESPONSABILITÀ DI CHI VOTA. Le Strategie delle organizzazioni sovranazionali operano con programmi che hanno un arco temporale piuttosto lungo: 15 anni per l’ONU, 10 anni per l’Unione Europea, perché ci vogliono anni affinché obiettivi e azioni possano dare dei risultati quando sono coinvolte milioni di persone e centinaia di Stati membri a livello globale e comunitario.

I numeri, ancorché importanti non ci danno l’idea di come si possa veramente sconfiggere la povertà assoluta o estrema, se non li colleghiamo a quanto accade in questi anni nel Mediterraneo, nell’Oceano Atlantico o nell’Oceano Pacifico. Sono ormai migliaia le persone che cercano un approdo verso l’Europa, le Americhe, l’Oceania; sono anche migliaia coloro che non lo trovano perché muoiono durante il viaggio via terra o in mezzo al mare.

Il Deserto del Sahara, il Mar Mediterraneo, l’Atlantico per chi dall’Africa cerca di raggiungere le coste del Brasile e da lì il Nord America sono ormai cimiteri senza lapidi e ricordi.

Fino a che la maggioranza degli elettori, che votano per governi che non curano la vita di oggi e quella futura, non capovolgerà il proprio voto, le voci di chi si batte per un futuro migliore per tutti resteranno inascoltate come voci nel deserto.

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[1] Obiettivo n. 2, “Accesso universale all’educazione primaria”, passato da 100 milioni di bambini fuori dal sistema scolastico nel 2000 a 57 milioni nel 2015. Obiettivo n.3 “Promuovere le pari opportunità e le competenze delle donne”, la scolarizzazione femminile nel Sud Est asiatico è passato 74 alunne rispetto a 100 alunni nel 1990 a 103 ragazze ogni 100 ragazzi. Anche la rappresentanza politica femminile è aumentata anche se permane il rapporto di 1 donna ogni 5 uomini. Obiettivo n.4 “Ridurre la mortalità infantile” nei primi 5 anni di vita, questa è scesa da 90 decessi ogni 1000 nati a 43 nel periodo 1990-2015. Obiettivo n.5 “Migliorare la salute delle donne”, ossia la mortalità al momento del parto, è scesa da 380 ogni 100 mila nati vivi nel 1990 a 210 nel 2013. Anche se persiste una notevole differenza tra le donne nel Sud-Est asiatico e quelle che vivono nell’Africa Sub-Sahariana che hanno una mortalità superiore del 15%. Obiettivo n.6 “Combattere HIV, Malaria e altre malattie”. Il numero di persone infettate dal virus HIV nel periodo 2000-2013 si è ridotto ci circa 1 milione e mezzo; nel 2003 erano 800 mila nel mondo le persone che avevano accesso alle cure retrovirali (ART), nel 2013 sono arrivate ad essere oltre 13 milioni e mezzo. Il che significa che è stata scongiurata la morte di oltre 7 milioni di pazienti nel periodo 1995-2013. Obiettivo n. 7 “Assicurare la sostenibilità ambientale”, tra il 1990 e il 2015, 1 miliardo e 900 milioni di persone hanno avuto accesso all’acqua potabile; nel 2000 la popolazione urbana che viveva negli slum era quasi il 40%, nel 2014 era scesa di circa 10 punti.  Obiettivo n. 8 “Sviluppare un partenariato globale”, l’assistenza allo sviluppo dei Paesi poveri è aumentata del 66% tra il 2000 e il 2014, raggiungendo i 135 miliardi di dollari; nel 2014 Gran Bretagna, Svezia, Norvegia, Lussemburgo e Danimarca hanno superato 0,7% del PIL per l’assistenza allo sviluppo dei Paesi poveri. L’Italia è ferma allo 0,3%.

Questi dati non sono complessivi dei risultati ottenuti dai MDGs, sono solo alcuni che abbiamo ritenuto importante fossero conosciuti. Per approfondimenti si veda il Rapporto finale.

Se avete correzioni o suggerimenti da proporci, scrivete a comunicazionecsv@csvlazio.org

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