
ARABƏ E QUEER. STORIE LGBTQ+ DAL MONDO ARABO
Le esperienze di diciotto artisti e artiste provenienti dall’universo queer dei paesi arabi e della diaspora in un racconto collettivo tra Oriente e Occidente. È Arabə e queer. Storie LGBTQ+ dal mondo arabo, curato dal giornalista e scrittore palestinese-libanese-australiano Elias Jahshan. «Se questo libro incoraggerà un dialogo più ampio con la scrittura araba queer, avrà compiuto la sua missione»
14 Luglio 2025
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Mentre a Roma si chiudeva la trentunesima edizione del Pride, che quest’anno ha attraversato le vie della città da Piazza della Repubblica a Caracalla con quaranta carri e migliaia di partecipanti, la libreria Griot, nel cuore di Trastevere, ospitava la presentazione di Arabə e queer. Storie LGBTQ+ dal mondo arabo: un volume tradotto alla fine dello scorso anno dalle edizioni Temu e curato dal giornalista e scrittore palestinese-libanese-australiano Elias Jahshan. Nel libro, diciotto artisti e artiste provenienti dall’universo queer dei paesi arabi e della diaspora (persone immigrate, di seconda generazione o arrivate più di recente come rifugiate) condividono la propria esperienza. «Qui chi legge troverà storie di amore e orgoglio, cuori infranti ed empatia, coraggio e ironia», si legge nell’introduzione. «Questo è uno spazio in cui il microfono è interamente in mano a chi scrive».
Jahshan: «La religione non ci definisce e non tutti gli arabi sono omofobi»
«Il libro dimostra che essere queer ed essere arabo sono due cose che possono assolutamente coesistere, non c’è alcun conflitto identitario: possiamo orgogliosamente essere entrambe le cose», ha spiegato durante la presentazione Jahshan, che in passato è stato editor di “Star Observer”, la più longeva pubblicazione Lgbtq+ australiana, e oggi vive a Londra dove scrive per diverse testate tra cui “The Guardian”, “SBS Voices”, “My Kali” e “The New Arab”. Le storie, scritte in prima persona e nella maggior parte dei casi autobiografiche, presentano esperienze vissute dalle persone arabe queer: dal coming out, alla sensazione di essere imprigionate in un’identità, fino al sentirsi invisibili o, al contrario, troppo esposte. «Il lettore medio scoprirà innanzitutto che non tutti gli arabi sono musulmani e che la religione può essere anche un fatto privato», ha proseguito Jahshan. «La religione non ci definisce come persone, può essere vissuta in maniera diversa. Allo stesso modo», ha aggiunto, «non tutti gli arabi sono omofobi, esistono anche movimenti progressisti, che in Occidente vengono quasi sempre ignorati».
Come i Paesi arabi trattano l’omosessualità e l’attenzione selettiva dei media occidentali
Tuttavia, è lo stesso Jahshan ad ammettere nell’introduzione del volume che la maggior parte dei Paesi arabi criminalizza l’omosessualità, sebbene a livelli diversi. In tempi recenti in Egitto si sono verificati arresti e torture nei confronti delle persone queer. In Libano, invece, le leggi contro l’omosessualità non vengono generalmente applicate, permettendo alla comunità queer di prosperare nella capitale Beirut. In alcuni Paesi, come la Giordania e la Palestina (Gaza esclusa) l’omosessualità non è un crimine, anche se non esistono leggi efficaci contro le discriminazioni. E poi ci sono Stati come l’Arabia Saudita e lo Yemen, e in alcuni casi anche gli Emirati Arabi e l’Iraq, dove l’omosessualità è punibile con la morte. «È interessante notare che molte di queste restrizioni derivano da leggi coloniali europee che abbiamo ereditato e che sono emanazione di una moralità di stampo cristiano», scrive Jahshan. Soprattutto, però, l’autore fa notare quanto spesso le testate occidentali si concentrino su notizie sensazionalistiche, come gli uomini gay lanciati dai tetti durante il regno di terrore di Daesh in Siria e in Iraq oppure gli attacchi omofobi in Marocco dopo l’invito dell’influencer Sofia Taloni a usare app di incontri gay per localizzare e fare outing delle persone queer. «Il problema non è che queste notizie siano pubblicate, ovviamente, ma che i media sembrano prestare attenzione soltanto alle storie negative, e di rado si confrontano direttamente con le voci arabe», commenta l’autore.
Un racconto collettivo che spazia tra Oriente e Occidente
A queste voci dà spazio il volume che accoglie storie di vita complesse, in grado di andare oltre la narrazione di discriminazione da parte dello Stato o di omofobia e transfobia della famiglia. Sono storie che parlano di amicizia, famiglia e di comunità, ma anche di sesso, di solitudine e di esilio in un racconto collettivo che spazia tra Oriente e Occidente, da Baghdad a Vancouver, Lisbona, Dubai, Belgrado, La Mecca, New York, «toccando ospedali, teatri dell’opera, case dei sobborghi di Sidney, arene da concerto del Cairo, librerie di Cipro, e camere da letto, balconi, festival letterari, vicoli in rovina intorno ai silos del porto di Beirut e scenari lussureggianti del Nilo Azzurro». A volte le testimonianze toccano le complesse dinamiche familiari e con i genitori, di cui a volte si cerca con tutta la forza l’approvazione. È il caso di Raja Farah che racconta di un figlio devoto investito del lavoro di cura nei confronti di un padre aggressivo e ipermascolino. Altre volte al centro della narrazione c’è l’intersezionalità. Amna Ali ripercorre gli anni della sua crescita nel golfo, analizzando la sfida di crescere queer, araba e nera in una società razzista e omofoba, mentre Tania Safi riflette sul proprio processo di interiorizzazione del razzismo della comunità lesbica australiana, che induce suo fratello a domandarle se, per caso, non sia anche lei una suprematista bianca.
Storie uniche che attendono solo di essere raccontate
«La pluralità delle esperienze mostra senza dubbio che non può esserci un’unica misura per tuttə – non esiste una formula di vita come persona araba queer. Eppure questa raccolta vuole essere d’ispirazione a immaginare un futuro luminoso per la comunità araba queer e per la possibilità di amare nonostante lo stigma che subiamo», scrive ancora l’autore nell’introduzione, concludendo in questo modo: «Se questo libro diventerà il primo di tanti altri a mettere al centro le esperienze arabe queer, e incoraggerà un dialogo più ampio con la scrittura araba queer, allora avrà compiuto la sua missione. Mi auguro di scoprire la miriade di storie uniche che aspettano solo di essere raccontate».
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Elias Jahshan
Arabə e queer. Storie LGBTQ+ dal mondo arabo
Traduzione di Giorgia Sallusti
Edizioni e/o 2025
pp. 261 € 16.15
