CASTLE: COSA LASCIA IL PROGETTO SUL TERRITORIO

Dalla mappatura dei servizi per i cittadini vulnerabili, il progetto Castle ha costruito un modello di presa in carico delle persone, semplificando approcci e linguaggi negli strumenti già in uso presso gli enti pubblici e privati

Il 10 giugno 2022, in un incontro online, il gruppo di lavoro del progetto Castle: social care ed empowerment di rete (Finanziato nell’ambito del fondo FAMI 2014 – 2020) ha restituito il percorso fatto, alla presenza del Sindaco di Albano Laziale Massimiliano Borelli, comune capofila, della Vice Prefetto Maria Assunta Rosa, oltre che di tutti i rappresentanti degli enti coinvolti: ASL RM6, Associazione Tuscolana Solidarietà, Istituto per la Famiglia, Confraternita delle Misericordie di Ariccia, il CSV Lazio e degli altri intervenuti.

Da dove è partito e cosa ha prodotto il progetto?

Lo ha ben esposto la Vice Prefetta Maria Assunta Rosa, che, nel suo intervento, ha sottolineato: «La vulnerabilità: voi nella vostra esposizione del contesto nel progetto, mettevate ben in evidenza le criticità del raccordo tra le strutture di accoglienza e il socio sanitario per avere un’alfabetizzazione comune, per avere una formazione comune e dare, pure agli operatori dell’accoglienza, la possibilità di rilevarne precocemente i segni, perché non è facilissimo neanche questo. Quindi questa interazione per condividere e contaminarsi in una sorta di patrimonio conoscitivo comune, che però poi rimette a tutti, nell’ambito delle proprie reciproche competenze, la responsabilità e la consapevolezza del fare e del fare insieme». Partendo dalla mappatura dei servizi attivi in favore dei cittadini in condizione di vulnerabilità psico socio sanitaria, il gruppo di lavoro Castle ha puntato a costruire e sperimentare un modello di presa in carico delle persone che, tenendo conto degli strumenti già in uso presso gli enti, pubblici o privati che siano, ne ha semplificato approccio e linguaggio. Ne ha definito i contenuti, le Linee Guida del processo e ha condiviso attraverso diversi percorsi formativi, dapprima con gli operatori e le operatrici degli Enti del terzo settore impegnati nella sperimentazione, poi con altri operatori e operatrici che si possono trovare nella condizione di intercettare persone che vivono questa situazione di vulnerabilità. La sperimentazione fatta del modello di presa in carico sotto la supervisione della ASL RM6 ha permesso una continua crescita delle operatrici e degli operatori impegnati negli Sportelli di Accoglienza e le Unità mobili attivate per 12 mesi su questo servizio.

I punti di forza

Punto di forza di questo lavoro di empowerment degli operatori è stata la necessità di condividere approcci e linguaggi, per “superare le scarse conoscenze nell’individuazione precoce del disagio e le difficoltà linguistiche”. «Si è puntato molto alla formazione degli operatori e degli Enti del Terzo settore», ha detto il Sindaco di Albano Laziale Massimiliano Borelli. «perché c’è un approccio completamente diverso da quello che si è abituati a seguire, ci sono approcci culturali, linguistici necessari a creare una rete sempre più intensa sempre più articolata del Terzo settore specializzato nella rete di protezione per creare le condizioni affinché queste persone si sentano in qualche modo coccolate, perché poi alla fine come amministrazione abbiamo sempre l’obbligo di dare delle risposte ma anche, laddove ci sono delle difficoltà dei disagi, delle fragilità, di coccolare chi si sente appunto in difficoltà e vive un momento di enorme disagio. (….) Dobbiamo fare in modo che questo tipo di servizio diventi un patrimonio sempre più consolidato del nostro territorio e questo può avvenire attraverso la definizione di un protocollo operativo che permetta a tutti gli Enti, a tutte le strutture, a tutte le amministrazioni, di rispondere allo stesso modo e in egual misura a sostegno di coloro che in questo momento sono stati “targettizzati” e rientrano in questa fascia di fragilità che abbiamo deciso con questo progetto di sostenere, di proteggere, di coccolare».
È anche di questa grande esperienza che la nuova programmazione del FAMI deve tener conto come pure la Regione Lazio, «perché se questa esperienza ha avuto esito positivo è perché c’è questo disegno che ha connesso il servizio a quanto fanno gli Enti pubblici e il Terzo settore, una strategia che deve essere portata avanti».
Le Linee Guida e il modello di Scheda di accoglienza saranno presto diffusi, sia in formato cartaceo che online.

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