COMUNITÀ EDUCANTI. PUNTARE A UN RAGIONAMENTO COMUNE PER COSTRUIRE INSIEME

Voci, esperienze, approcci diversi e un obiettivo comune. I limiti da superare, le risorse da mettere a sistema, le buone pratiche da condividere tra istituzioni, scuole ed enti nell’incontro di ieri promosso da venti comunità educanti attive a Roma e realizzato da CSV Lazio con Roma Tre. Lorenzoni: «Una comunità educante può funzionare solo se impariamo a ragionare insieme»

di Antonella Patete

7 MINUTI di lettura

È una tappa e un momento di confronto pubblico importante il convegno promosso da venti comunità educanti attive a Roma e organizzato da CSV Lazio in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre. In un percorso che nell’arco di un anno ha visto le comunità educanti, più o meno formalizzate, insieme per confrontarsi e condividere caratteristiche, nodi e questioni aperte per rinforzare i percorsi educativi realizzati dai cittadini in rete con istituti scolastici, istituzioni e partner territoriali.  In questo CSV Lazio sta svolgendo la sua funzione di supporto e facilitazione, sostenendo lo sforzo di oltre trenta Enti del Terzo settore che rappresentano la voce di circa venti comunità educanti, solo tra quelle più strutturate. «Mai come oggi le comunità educanti assumono un ruolo così rilevante. Assistiamo, infatti, a un crescente disagio giovanile, a una fatica diffusa tra i più giovani, ed è proprio in questo contesto che il loro contributo diventa essenziale. La sfida è quella di accompagnare, di essere un sostegno lungo il percorso di crescita. Oggi più che mai, i ragazzi hanno bisogno di veder interpretati i loro bisogni, di contesti che aprano loro orizzonti mostrando, con l’esperienza pratica, l’impegno quale possibilità concreta». Così la presidente di CSV Lazio, Cristina De Luca nel  convegno  “Le comunità educanti (si) interrogano. In dialogo con istituzioni, scuole ed enti partner”. Un’iniziativa ricca di voci provenienti da mondi e settori diversi: esperti, istituzioni, scuola e università, società civile. Dal dibattito sono emersi punti di vista differenti, ma tutti convergenti verso un unico obiettivo: la necessità di coltivare un dialogo costante, aperto e costruttivo tra tutte le diverse realtà che compongono una comunità educante. «La sfida è duplice», ha aggiunto De Luca. «Da un lato c’è la necessità di adattare il ruolo delle comunità educanti alle esigenze di oggi, trovando un rinnovato modo di relazionarsi con i giovani. Dall’altro, l’obiettivo di superare la difficoltà che spesso i diversi mondi incontrano nel dialogare tra loro. Dobbiamo tessere reti sempre più solide, e in questo il Centro di Servizio svolge un ruolo cruciale, catalizzando l’interesse dei giovani verso il volontariato, l’impegno sociale e la partecipazione civile».

comunità educanti
Catarci: «Il fondamento di una comunità competente sta nell’idea di una scuola aperta a tutti e al centro del territorio: solo così può essere uno strumento di eguaglianza e libertà»

Lorenzoni: «Bisogna imparare a pensare insieme»

Sulla fragilità delle comunità educanti si è soffermato Franco Lorenzoni, maestro e fondatore della Casa Laboratorio Cenci. «Le comunità educanti hanno il ruolo fondamentale di provare a intaccare il feudalesimo ancora esistente nel nostro Paese», ha detto, «per cui se sei figlio di qualcuno che ha studiato studi anche tu, e se sei figlio di qualcuno che non ha studiato non studi neppure tu». Lorenzoni ha sottolineato anche la difficoltà di portare avanti il dialogo tra scuola, terzo settore e istituzioni: «Ho sempre sognato un mondo dove scuola e operatori si contaminassero a vicenda», ha chiarito. «A volte la scuola fa fatica ad aprirsi perché troppo presa dalle difficoltà interne, mentre gli operatori hanno maggiore libertà di azione, ma devono sempre fare i conti con il fatto che prima o poi quel progetto arriverà a termine. Una precarietà di fondo che inficia la possibilità di dare seguito al lavoro intrapreso». Un rischio delle comunità educanti – secondo Lorenzoni – è poi quello di burocratizzarsi («nascono per rispondere a un bando o a un progetto»), mentre avrebbero bisogno di tempo e di un percorso da portare avanti tutti insieme: «La fretta è nemica delle comunità educanti», ha spiegato. «La coprogettazione ha bisogno di tempi lunghi e ragionamento comune. Una comunità educante può funzionare solo se impariamo a ragionare insieme, un ragionamento condiviso fa bene sia a chi costruisce una comunità educante che a chi ne usufruisce».

Catarci: «La scuola deve avere a che fare con le associazioni, i movimenti, il territorio»

Della necessità di ampliare l’idea di educazione a tutte quelle forme di attività esistenti su un territorio per la costruzione di cultura e di senso critico ha parlato, invece, Marco Catarci, prorettore dell’Università degli Studi Roma Tre, che ha ospitato e collaborato all’organizzazione dell’iniziativa. «C’è una nozione molto bella in uso nella pedagogia speciale, che è quella di “comunità competente”. Una comunità competente conosce i propri bisogni, le proprie risorse e le proprie potenzialità. Ma soprattutto è in grado di impiegare le risorse di cui dispone per soddisfare i suoi bisogni». E il fondamento di una comunità competente – secondo Catarci – sta nell’idea di una scuola aperta a tutti. E questa idea vive oggi nell’articolo 34 della Costituzione, che Piero Calamandrei definiva «un programma culturale», e non solo un principio giuridico. «Perché ha a che fare con le associazioni, i movimenti, il territorio. Ha a che fare con l’idea che la scuola sia al centro del territorio: solo così può essere uno strumento di eguaglianza e libertà, come sosteneva Calamandrei», ha rimarcato Catarci. Ma quale può essere il ruolo delle comunità educanti oggi? Per il prorettore sono soprattutto tre i contributi principali: «Bisogna restituire valore alla conoscenza, ribadendone la valenza umana piuttosto che il valore economico, perché le ragioni dell’istruzione e dell’educazione non devono fare leva su paradigmi aziendalistici. Bisogna dare una risposta a una delle emergenze principali del nostro tempo, quella di una società divisa tra chi ha strumenti critici per l’interpretazione della realtà e chi non li ha. E, infine, è necessario dotare la società di anticorpi contro il razzismo e il nazionalismo, offrendo le condizioni indispensabili per costruire una convivenza caratterizzata da maggiore pluralismo e giustizia sociale».

L’interesse delle istituzioni per le comunità educanti

L’incontro di ieri ha visto anche una folta partecipazione delle istituzioni, presenti con numerosi presidenti e assessori alle Politiche educative, alle Politiche sociali, alla Scuola dei vari Municipi romani. Realtà differenti tra loro, ma unite dalla convinzione dell’importanza di far crescere le comunità educative nate in tutti i quartieri della Capitale. Tra i punti messi in luce nel corso dei vari interventi c’è il ruolo delle comunità educanti nella lotta all’abbandono scolastico, la necessità di azioni e interventi continuativi, la difficoltà di portare avanti le iniziative anche quando cambiano i punti di riferimento, come dirigenti scolastici e rappresentanti delle istituzioni, la carenza di risorse da parte dei Municipi, la necessità di investire sulle diseguaglianze, l’importanza del dialogo tra scuola e istituzioni e, qualche volta, la difficoltà di interloquire con una scuola troppo chiusa in se stessa. Numerosi, però, anche i punti di forza emersi dal convegno, tra cui la realizzazione dei patti educativi, le scuole aperte al territorio, le cosiddette strade scolastiche, i fondi gestiti dalle associazioni di genitori per piccoli interventi di manutenzione, gli accordi con i musei civici e le istituzioni culturali. Una partecipazione corale, un contributo di voci, esperienze, punti di partenza diversi e per certi versi comuni, che attesta un’attenzione particolare delle istituzioni per il tema delle comunità educanti.

comunità educanti
Buongiorno: L’apertura delle scuole incontra problemi reali che dobbiamo risolvere»

Mantelli: «L’insegnamento è un atto politico»

«Oggi le comunità educanti devono interrogarsi su una questione fondamentale: l’insegnamento e l’educazione sono atti politici». A parlare è Edoardo Mantelli del Movimento di Cooperazione Educativa, che riflette su quale possa essere il ruolo di una comunità educante oggi. «Questa consapevolezza, nel tempo, si è un po’ persa, dando spazio a una progressiva mercantilizzazione, un fenomeno che oggi appare più forte che mai. Tuttavia, a seguito delle ultime Indicazioni nazionali in materia scolastica di netto stampo reazionario emanate dall’attuale governo, che sembrano avere come solo obiettivo l’affermazione della propria egemonia ideologica e identitaria sul sistema educativo nazionale, sta emergendo con forza la consapevolezza della necessità di condurre una lotta contro-egemonica a partire dalla realizzazione di una comunità educante che sia palestra di democrazia e di responsabilità diffusa per l’educazione e la scuola. Fare comunità significa emancipazione, aprirsi al collettivo piuttosto che all’individuale, promuovere relazioni e solidarietà invece di logiche di mercato basate sull’utilitarismo». Tra i problemi principali delle nuove Indicazioni, secondo Mantelli, spicca la cancellazione dell’individualizzazione dell’apprendimento, i riferimenti alla cosiddetta ideologia “gender”, un’impostazione fortemente “occidentocentrica”, con l’indicazione dello studio della Bibbia fin dalle scuole elementari. «La scuola sta vivendo una mobilitazione significativa», sottolinea. «A Roma il gruppo territoriale romano di MCE ha organizzato, insieme a molte realtà del terzo settore, associazioni di categoria, sindacati, associazioni di genitori, collettivi, un’assemblea cittadina che ha riunito 300 persone, in rappresentanza di una moltitudine di realtà, tra cui associazioni, comitati di genitori, sindacati, collettivi e amministratori. L’assemblea ha generato un grande movimento che ha superato i confini romani. E ora grazie alla collaborazione con il Movimento di Cooperazione Educativa, il Cemea, Non Una di Meno questa iniziativa si sta diffondendo in altre città italiane come Genova, Napoli, Piacenza, Milano e Bologna, dove si stanno organizzando incontri per discutere le problematiche della scuola a partire dalle nuove indicazioni nazionali e non solo. Il prossimo incontro si terrà il 31 maggio alla scuola Di Donato, con la partecipazione di realtà educative provenienti da tutta Italia».

Buongiorno: «Le comunità educanti devono interagire di più con gli istituti scolastici»

«Il problema che le comunità educanti si devono porre è quello di dialogare, interagire e cercare di organizzarsi al meglio con le istituzioni scolastiche», sottolinea Daniela Buongiorno del Coordinamento presidenti Consiglio d’Istituto di Roma e del Lazio. «L’istituzione scolastica è tra le comunità educanti per eccellenza da sempre», spiega Buongiorno. «Tutto quello che è nato in questi anni a supporto dell’educazione collettiva deve poter dialogare meglio con le scuole, che rimangono i centri di aggregazione più importanti». L’apertura però incontra difficoltà concrete: «Accogliere organismi e associazioni esterne comporta anche difficoltà di organizzazione per il personale Ata, che deve prolungare l’orario del personale fino alle 19:30-20:00. Questi sono problemi reali che dobbiamo risolvere» ha concluso Buongiorno. «Non tutti i dirigenti sono aperti all’accoglienza. Per tenere aperta una scuola fino a sera tardi bisogna avere dentro di sé questo concetto, bisogna crederci davvero. Tuttavia sono convinta per i ragazzi più tempo trascorrono a scuola e meglio è».

COMUNITÀ EDUCANTI. PUNTARE A UN RAGIONAMENTO COMUNE PER COSTRUIRE INSIEME

COMUNITÀ EDUCANTI. PUNTARE A UN RAGIONAMENTO COMUNE PER COSTRUIRE INSIEME