MOVI. IL RICAMBIO È MOVIMENTO

I temi e le linee di impegno futuro al centro della Conferenza nazionale MOVI 2025. Cantisani: «Le singole reti devono impegnarsi nel ricambio perché solo questo porta ad avere più giovani, più donne e il ricambio del nazionale. È una catena che parte dal basso»

di Ilaria Dioguardi

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«In un mondo in cui crescono le divisioni, aumentano le discriminazioni, avanzano le violenze come strumenti per risolvere i problemi, si riducono le libertà in nome di una falsa sicurezza, noi siamo per la vita degli uomini e delle donne e la difendiamo ogni giorno, lavoriamo quotidianamente per garantire la libertà che spetta a ogni essere umano, promuoviamo il diritto alla felicità per le persone e gli esseri viventi che abitano la terra». Questo il testo del lancio della Conferenza Nazionale del MOVI 2025.

Leggere i segni dei tempi e definire le linee su cui proseguire il cammino

Un momento triennale di incontro per leggere i segni dei tempi e definire le linee su cui proseguire il cammino, «un’occasione per riflettere insieme sul complesso momento che stiamo attraversando e dare nuova forza al nostro impegno per una società più giusta, più solidale, più rispettosa del pianeta», dice il presidente nazionale, Gianluca Cantisani. Hanno partecipato tutti gruppi che aderiscono alla reteo che le sono vicini. «I gruppi di lavoro che hanno lavorato sul documento programmatico e lo hanno confermato aprendo a delle piccole modifiche. Si è passati già ad un piano operativo su come realizzarle concretamente». Nel documento di programma del MOVI si va dal diritto alla vita e alla salute al diritto di vivere in pace, dal diritto all’educazione a quello alla cittadinanza, dal diritto di vivere in territori accoglienti e relazionali a quello alla libertà di espressione, dal diritto all’accesso all’innovazione per tutti alla dimensione interna del movimento. La conferenza arriva l’anno precedente l’assemblea del Movi, «ora si comincia a discutere del documento di base, che verrà approvato l’anno prossimo durante l’assemblea. Il primo risultato della conferenza è stato che il documento è stato valutato e ora verrà sottoposto alla discussione in tutti i territori».

MOVI
Cantisani: «Abbiamo individuato una ventina di temi (quali case della comunità e scuole aperte) intorno ai quali stiamo costruendo cantieri con momenti di confronto tra territori diversi per costruire un sapere che parte dalle esperienze»

Il ricambio delle reti

Il MOVI ha modificato lo Statuto due anni fa, «in questo momento la ricostruzione, il cammino delle reti sono alcune delle cose più importanti. Un altro grande risultato è che le singole reti devono impegnarsi nel ricambio perché solo questo porta ad avere più giovani, più donne e il ricambio del nazionale. È una catena che parte dal basso. Questa riorganizzazione non è un elemento banale», precisa Cantisani. «Il MOVI è un movimento, se non si rinnovano le reti dal basso non abbiamo neanche il ricambio nazionale. Per altre organizzazioni potrebbe essere un “evviva” per noi è un gran disastro. I presidenti non possono essere presidenti a vita, è una contraddizione in termini di un movimento, se no non sarebbe un movimento. Da un punto di vista organizzativo noi siamo un po’ un esperimento, in questo momento, nel Terzo settore perché abbiamo intrapreso un cammino che non sono in tanti ad aver avuto il coraggio di intraprendere. È chiaro che tutti si confrontano con il cambiamento», prosegue Cantisani. «Ma un’organizzazione che è appiattita sul fatto che ha 30 lavoratori a cui dare uno stipendio a fine mese, è un’organizzazione che deve pensare a quello e non ha la libertà che ha il Movi di guardare quello che succede, in questo momento, senza avere troppi vincoli».

La conferenza ha visto il contributo del Volontariato alla Difesa Popolare Nonviolenta (DPN), con un laboratorio animato da Mercedes Mas (Casapace Milano), per comprendere il senso di una strategia di azione per la pace che può valorizzare l’impegno quotidiano dei volontari e avviare una riflessione su cosa può fare il MOVI come movimento. «L’obiettivo è capire cosa significa il lavoro di tutti i giorni e in che modo è connesso con un lavoro contro la guerra». Durante il laboratorio si è ragionato su come la non violenza affronta il tema dell’ingiustizia: «molte ingiustizie stanno in piedi perché le persone non sanno di esserne in qualche modo complici. Da qui nascono tutte le azioni non violente. Una volta scoppiata la guerra, ormai si è andati su una strada senza ritorno che non permette recuperi su quello che è accaduto, mentre la prevenzione è l’unica azione che può permettere di evitare la guerra. In questo pomeriggio abbiamo dato gli elementi metodologici per diventare efficaci contro le ingiustizie e le violenze, sia nel micro sia nel macro. La non violenza ci può insegnare tante cose per agire sui territori», prosegue Cantisani. Le conclusioni del primo giorno di conferenza sono state a cura di Marianella Sclavi (MEAN-Movimento di Azione Nonviolenta), che ha anche fatto un appello ad andare a Kiev in occasione del Giubileo della Pace.

La sfida: costruire comunità coese

La prima sfida del MOVI «è quella di costruire comunità coese che si aiutano, solidali, responsabili. Il tema che ci ha portato Silvia Nanni, pedagogista dell’Università de L’Aquila, è strategico: avere una visione di quello che dobbiamo andare a fare nelle nostre comunità è fondamentale». Un altro tema approfondito è stato l’Europa, con Pier Virgilio Dastoli, presidente in Italia del Movimento Europeo, che ha parlato degli spazi di responsabilità dei cittadini per un’Europa solidale e ci ha aiutato a capire come il nostro continente può tornare a contare. Sara Segantin, attivista e narratrice, tra le fondatrici di Fridays For Future, ha collegato il volontariato alla lotta contro l’emergenza climatica, «parlando di tutti i problemi del mondo, che sono tutti connessi. Ci ha permesso di capire che, anche nel nostro piccolo, dobbiamo provare a tenere il cambiamento climatico dentro la quotidianità di ogni giorno del volontariato», prosegue il presidente. «Abbiamo individuato una ventina di temi (quali case della comunità e scuole aperte) intorno ai quali stiamo costruendo dei cantieri con dei momenti di confronto tra territori diversi per costruire un sapere che parte dalle esperienze. I territori devono crescere in modo da portare dei contributi sul piano dei contenuti e sul piano del rinnovo del movimento».

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