
A FLUMEN 2025 CSV LAZIO AVVIA UNA NUOVA STAGIONE DI ASCOLTO E PARTECIPAZIONE
Una riflessione dal Festival dell’ecologia, della nonviolenza e delle migrazioni, esempio di impegno culturale e tenacia sociale portato avanti da Associazione Io Noi, Movimento Nonviolento e Biblioteca per la Nonviolenza, che si è tenuto quest’anno a Fiumicino e che CSV Lazio ha scelto per il primo Direttivo programmatico di recente rinnovato, per un rafforzato investimento sui territori e una nuova capacità di ascolto e partecipazione
di Claudio Tosi
09 Settembre 2025
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Fine agosto è il periodo delle ricariche, in luoghi ancora festosi ci si riunisce per fare il punto, pensare, condividere intenti e affinare pratiche. Il CSV Lazio ha scelto la settima edizione di Flumen, il Festival dell’ecologia, della nonviolenza e delle migrazioni, a Fiumicino, per riaprire le sue attività, investendo l’intero Direttivo recentemente rinnovato in una presenza sul territorio che vuole essere la cifra del suo nuovo corso.
Il Festival: uno spazio di resistenza culturale e connessioni
Flumen Festival è un esempio di impegno culturale e tenacia sociale portato avanti dall’Associazione Io Noi, dal Movimento Nonviolento e dalla Biblioteca per la Nonviolenza per riflettere e rilanciare, ormai da sette anni, sulle tre tematiche richiamate nel nome, insieme alle associazioni dei territori di riferimento e con una speciale capacità di valorizzare il pensiero dei giovani, di offrire posizioni radicali espresse con rigore e passione da chi le testimonia con le proprie scelte concrete, di connettere politica e cultura, intrecciando dibattiti e concerti, presentazioni e azioni formative rivolte a volontari e giovani di servizio civile.
Un fiume di scelte, di incontri, di testimonianze, ma anche un “lumen” una fiammella, una fiaccola di valori, di proposte e posizionamenti, come la scelta radicale della nonviolenza e il coraggio di dare voce e spazio alle giovani generazioni.
Per CSV Lazio il via ad un nuovo percorso di costruzione partecipata della programmazione annuale
Per il CSV Lazio, che già da anni collabora e sostiene il festival, la scelta di quest’anno è stata ancora più concreta e simbolica, andando oltre il contributo al programma e gli interventi dal palco, ma scegliendo questa come occasione per avviare un rafforzato investimento sui territori che prelude a una nuova capacità di ascolto e di partecipazione. La convocazione del primo Direttivo programmatico fuori dalla sede centrale, ad esempio, ha avviato il percorso di costruzione partecipata della programmazione annuale, coinvolgendo in maniera attiva l’intero corpo degli operatori e sottolineando l’importanza del territorio e dell’ascolto e incontro con le associazioni locali. Chi conosce il Lazio sa quanto è difficile uscire dall’attrazione capitolina, è per questo che, se pur di poco, abbiamo voluto uscirne e siamo confluiti a Fiumicino per impostare da qui il piano di incontri e scambi con i soci, volontari e terzo settore dei territori regionali con un impianto ancor più partecipato e in ascolto del solito, perché sentiamo forte il disagio di chi ha fatto del conforto e della solidarietà la sua scelta civica e si trova ad agire in un mondo percorso da guerre, prevaricazioni, disprezzo per la verità e il diritto, parole d’odio e in cui le condizioni di attenzione e sostegno dei più fragili regrediscono invece che aumentare.
Siamo stati a Flumen Festival, dunque, non da semplici partecipanti. Oltre a tutto il lavoro di sostegno al programma, alla presenza delle associazioni con i loro stand e all’allestimento dello stand CSV Lazio, già in apertura, insieme alla Rete di servizio civile universale Le vie della nonviolenza, a cui partecipano Acque Correnti, Archivio Disarmo, Caritas Roma, CESC Project, CSV Lazio, Movimento Nonviolento e UILDM Lazio, abbiamo svolto un incontro di Formazione Generale per i giovani in servizio civile nello Spazio Langer, in Piazza Capitini, in cui oltre alle parole dei relatori, hanno potuto leggere e conoscere pensieri e storia di alcuni dei maggiori esponenti del pensiero Nonviolento, rappresentati dai luoghi del Festival. In serata abbiamo partecipato con passione civica alla consegna del premio Matumaini, ideato dall’Associazione IoNoi per celebrare chi dona speranza concreta al cambiamento, quest’anno assegnato a Alessandro Polinori per il suo impegno nella Lipu e a Titti Postiglione che da dentro le istituzioni ha sempre saputo tessere un dialogo orizzontale con il mondo della solidarietà, mettendosi “al servizio” piuttosto che al Centro, e questo per noi è un insegnamento di grande valore.

Un cambio di paradigma aperto alla complessità e alla relazione
Sabato 30, dal palco, abbiamo dialogato con Marco Cavedon, scienziato di formazione ma sociale nell’anima, a partire dal suo saggio Coltivare il sociale edito da CSVnet all’interno della collana Futuro Prossimo, in cui presenta le ragioni scientifiche per cui è opportuno e urgente un cambio di paradigma rispetto al modo in cui pensiamo e trattiamo gli organismi sociali, che non sono “oggetti” e non rispondono quindi alle leggi con cui trattiamo il “mondo delle cose”, ma appunto organismi e in quanto tali viventi, fatti di relazioni e quindi legati intrinsecamente alla sfera della collaborazione, del dialogo, del confronto e scambio. Con passione e rigore Cavedon nel saggio descrive le cinque metafore con cui abbiamo spiegato il mondo e le mette a confronto con le più recenti scoperte scientifiche dimostrando, fatti alla mano, che non abbiamo aggiornato i nostri presupposti e ci comportiamo come se fosse intrinseco alla natura umana il combattersi e competere, mentre è diffuso e più antico ancora il collaborare e scambiare, a partire dal funzionamento della natura stessa, che già a livello cellulare condivide tessuti, informazioni, canali di comunicazione, in una strabiliante ricchezza di scambi e supporti. Le riflessioni che propone Marco Cavedon sono rigeneranti sia per le prospettive che per i presupposti che ci offrono: se non è corretta l’interpretazione che abbiamo dato alla Teoria dell’evoluzione di Darwin e di conseguenza non è vero che l’uomo sia d’impianto costretto a lottare per la sopravvivenza, potremmo dare un nuovo corso alla nostra organizzazione sociale? E Cavedon, molto praticamente, individua nell’apparato dei Bandi l’esempio perfetto per descrivere gli effetti negativi di questo Darwinismo distorto: una struttura fatta per “selezionare i migliori” di cui sperimentiamo quotidianamente le storture e le falle, che porta con sé la necessità di controlli minuziosi sul mantenimento delle promesse e verifica dei risultati, che, nella logica dell’oggettività (che va intesa esattamente per quello che è: primazia dell’oggetto) non si fa con dei racconti, ma riducendo a numeri e dati tutti i processi sociali, caricando fino all’insostenibilità il mondo del volontariato e no profit di impegni e spese per “disseccare il vitale”.
Agganciandoci ai talk precedenti in cui Mao Valpiana aveva perorato l’abbandono della logica di morte della “macchina da guerra” che si sta attivando in tutta Europa, Cavedon ha sottolineato le ragioni e le sfide per attivare un cambiamento non meccanicistico, che abbandoni la metafora dalla macchina per scegliere quella della vita. La vita è caratterizzata dagli scambi, i sistemi viventi sono sistemi aperti, che si nutrono, prendono energia dall’ambiente, evolvono. Il sociale, come la vita, non risponde ai canoni del determinismo meccanicistico, che governa i corpi e ci permette di calcolare le traiettorie dei pianeti e dei proiettili. Nel sociale regna la complessità, l’equilibrio è dinamico, le reazioni derivano dalle reLazioni.
Dare fiducia
L’esempio che Marco ci dà è illuminante, lo ridico così: posso calcolare con sufficiente esattezza la traiettoria che farà una palla di biliardo, ma non so affatto dire cosa succederà se do una spallata a un’altra persona: si girerà di scatto protestando? Mi insulterà? Risponderà con gioia continuando a pogare con me? Il motivo per cui non lo so è che la reazione sarà determinata non dalle forze fisiche in gioco, ma dal contesto e dalle relazioni in gioco.
Purtroppo, anche grazie alla scuola, tendiamo a considerare la scienza come verità, ma l’essenza della scienza è la sua capacità di ricercare le ragioni, non di fissarle, e allora anche qui serve un cambiamento, la verità non è fissa una volta per tutte, la scienza evolve, i nostri presupposti no. Ma se ci affacciamo a questa realtà scopriamo che la coerenza non è rimanere della stessa idea tutta la vita, che le nostre idee non sono messe in pericolo quando sono messe in discussione, ma semplicemente rivitalizzate, perché la parola che guida i processi vitali non è “complicazione”, che è l’incubo dei semplificatori organizzativi, ma “complessità” che è quella che ci permette, come nota Marco Cavedon in chiusura di dibattito, di accostarci con fiducia e di agire con rispetto con le ragioni degli altri, perché non dobbiamo escludere le ragioni dell’altro, ma metterle insieme in una ragione più alta, che aumenta la complessità, salta di livello integrando linguaggi e sensibilità.
E abbiamo chiuso su questo concetto rivoluzionario, nonviolento, ecologico e migrante al tempo stesso, in piena relazione con il festival: dare fiducia. Perché di fronte ai problemi che ci attorniano a volte ci manca la speranza e il senso di quello che possiamo fare, ma darci fiducia, guardare all’altro con apertura, accoglierlo con favore è possibile qui e ora, nell’immediato del nostro sistema di relazioni.
Un impegno politico. E un imperativo vitale
Ma questa fiducia, ci dice Cavedon, va offerta con un’accortezza, che come CSV Lazio ci impegniamo a coltivare, cambiare lo sguardo infatti significa dare fiducia rendendosi vulnerabili, “aprirsi all’altro è come mettere la tua vita nelle mani dell’altro”, e quindi per farlo si deve mettere in conto di potersi ferire, a volte capita che la fiducia sia tradita. Ma il bello è che il modo per costruire Fiducia c’è e noi del sociale, che non siamo arroganti, lo conosciamo bene: si costruisce Fiducia costruendo le cose insieme. Facciamo insieme, sudiamo insieme, dissodiamo terreni insieme, arriveremo a sentire diversamente.
Per noi del CSV Lazio e chi si occupa di Sociale, giocare consapevolmente la carta dell’Umanità significa: Disarmarci, abbassare la corazza e lasciare la nostra vulnerabilità libera di incontrare l’altro. Il nostro Flumen si chiude così, subito prima della musica, con un insegnamento da coltivare e perseguire.
E tutto questo ragionare ci conforta in una antica consapevolezza: se è vero che il sociale è un sistema vivente e che è alle leggi del vivente che bisogna guardare per comprenderlo, non possiamo che prendere esempio dal Sistema cardiovascolare, dove le grandi strutture circolatorie venose e arteriose non sono che al servizio delle loro propaggini capillari, il solo livello dove avvengono tutti quegli scambi metabolici e respiratori tra il sangue e il liquido intercellulare che garantiscono ai tessuti il dovuto rifornimento di ossigeno e di sostanze nutritive (mediante i capillari derivanti dalle arterie) e, nel contempo, l’allontanamento delle sostanze di rifiuto (mediante i capillari derivanti dalle vene).
Eravamo partiti con il nostro rinnovato intento di valorizzare i territori e ascoltare le associazioni che li nutrono, nella nostra mente era un impegno politico, ora capiamo meglio di quanto sia un imperativo vitale.
