#chiamalaVIOLENZA: RELAZIONI TRA ADOLESCENTI E VIOLENZA DI GENERE

Per 1 adolescente su 5 uno schiaffo può succedere. Il 65% subisce controllo, per il 30% la gelosia è amore. È quanto emerge dall’indagine Save the Children e Ipsos Adolescenti e violenza di genere onlife, secondo cui le relazioni tra gli adolescenti si stanno conformando a modelli e stereotipi adulti

L’amore non è tutto rose e fiori, e vale la pena ricordarlo proprio nel giorno di San Valentino. Anzi, quando assume i connotati di rapporti tossici violenti, non è neppure opportuno chiamarlo amore. L’indagine Adolescenti e violenza di genere onlife: le ragazze stanno bene?, realizzata da Save the Children in collaborazione con Ipsos e pubblicata proprio in concomitanza della festa degli innamorati, fa suonare un campanello d’allarme: le relazioni tra gli adolescenti si stanno sempre di più conformando ai modelli e agli stereotipi tradizionali degli adulti, con tutte le conseguenze negative del caso. Negli anni, insomma, si è come persa quella che si riteneva essere una maggiore “purezza” legata alla giovane età e non vi è poi così tanta differenza nella cornice con la quale vengono inquadrate le relazioni: 1 adolescente su 5 pensa infatti possa succedere di darsi uno schiaffo ogni tanto e dichiara di essere stato spaventato o spaventata dal partner con atteggiamenti violenti tra cui spinte, pugni e lancio di oggetti.

#chiamalaVIOLENZA: riflettere sulla normalizzazione della violenza

#chiamalaVIOLENZAL’indagine lancia la campagna social #chiamalaVIOLENZA proprio con l’obiettivo di riflettere sulla normalizzazione di comportamenti oltre il limite, spesso giustificati come semplici e innocue manifestazioni di gelosia e possessività. In questo senso la dimensione relazionale, sociale e comunicativa è vista dagli adolescenti come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva: a differenza dei genitori, per loro non è mai esistita una differenza tra ciò che avviene sul web e la vita vissuta, e questi due mondi finiscono per mescolarsi nel quotidiano, portando a una maggiore conoscenza dei fatti teorici, ma con meno esperienza pratica. Per questo si parla di onlife, in un ambiente digitale che ha cambiato le modalità di socializzazione. «Su questo vedo una sorta di scollamento, cioè da un lato vedo che gli adolescenti su certe cose sono molto molto più preparati degli adulti, ad esempio su cosa significa subire una molestia in strada, sul catcalling, sul fatto che la violenza di genere possa essere anche la violenza contro le persone LGBTQIA+, poi però nella pratica fanno molti gesti quotidiani estremamente violenti soprattutto online», spiega Caterina Rapini, docente intervistata nell’indagine. «Non si rendono conto di quanto portato della violenza ci sia dietro questi comportamenti e che si iscrivono nella violenza di genere, in quanto replica di dinamiche di potere e di controllo che ne sono proprie».

Tra le coppie di adolescenti un’accettazione diffusa di controllo, violenza e stereotipi 

#chiamalaVIOLENZAAlcune considerazioni che spesso consideriamo retaggi del passato sono, in realtà, radicate pure nella mentalità degli adolescenti come l’accettazione passiva di forme di controllo (il 65% degli intervistati dichiara di subirle), la tolleranza di pratiche violente, la considerazione della gelosia come forma d’amore (30% dei casi), l’incolpazione della vittima di un abuso con riferimenti all’abbigliamento o comunque il tentativo di giustificare certi comportamenti (lo fa un intervistato su tre). E c’è di più: il 43% del campione ritiene che «se davvero una ragazza non vuole avere un rapporto sessuale, il modo di sottrarsi lo può sempre trovare». Una persona su quattro (e il 21% delle ragazze) pensa inoltre che se una donna non dice espressamente “no”, vuol dire che è consensuale. Queste, invece, le forme di controllo e le pressioni più diffuse in una relazione: non accettare contatti da qualcuno sui social (42%), la condivisione delle password di social e dispositivi (il 21% ritiene questa una prova di fedeltà), non uscire più con determinate persone (40%), controllare i profili social (39%), chiedere di non vestirsi in un determinato modo (32%), chiamare con insistenza e geolocalizzare (34%), gridare e insultare (29%), ricattare (23%), richiedere ripetutamente foto intime (20%) e condividere quest’ultime senza consenso del partner (15%), fino alla minaccia, a fronte di un momento di crisi di coppia, di compiere un gesto estremo facendosi del male (25%). Azioni di questo tipo riguardano una persona su due, sia tra chi le ha commesse sia tra coloro i quali le hanno subite. Secondo la responsabile ricerca e analisi di Save the Children, Antonella Inverno, «preoccupa, analizzando i dati, la accettazione diffusa di forme di controllo tra le coppie di adolescenti, la tolleranza nei confronti di pratiche violente e la persistenza di stereotipi di genere. È necessario un intervento sistematico e organico per accompagnare i ragazzi e le ragazze nella crescita affettiva e relazionale».

Consenso al sesso: per il 36% è scontato in una coppia stabile

#chiamalaVIOLENZAAltro tema determinante è il consenso in un rapporto sessuale. Nell’atto pratico, il 36% degli intervistati ritiene di poterlo dare sempre per scontato in una coppia stabile e, rovesciando la questione, anche chi non ha voglia di praticare sesso si sente in qualche modo in dovere di acconsentire visto il legame, come accade in una circostanza su due senza la consapevolezza che anche questa è, a suo modo, una forma di violenza. Alla domanda “con chi parleresti dopo aver subito un abuso?” la risposta più frequente è “mamma” (60%), seguita da “papà” (43%) e “le forze dell’ordine” (26%). A seguire gli amici e le amiche, le sorelle e fratelli, il personale scolastico e i numeri di aiuto. Non tutti però sarebbero disposti a denunciare: esiste infatti un 18% che non ne parlerebbe sicuramente o probabilmente ed è una fetta ancora enorme sulla quale intervenire facendo prevenzione. Collegati a questi aspetti ci sono i pregiudizi di genere, dicerie e luoghi comuni che non trovano riscontri scientifici: 7 adolescenti su 10 sono convinti che le ragazze sono predisposte a piangere più dei ragazzi, come se le lacrime fossero una questione di cromosomi, ed esiste pure la convinzione diffusa (64%) che una donna è maggiormente in grado di esprimere le proprie emozioni rispetto all’uomo.

#chiamalaVIOLENZA: il punto di vista dei ragazzi

I fatti di cronaca legati ai femminicidi e il risalto mediatico di alcuni momenti di riflessione come la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, comunque, hanno portato a una maggiore consapevolezza: il 58% degli adolescenti dice di essere diventato “più sensibile” a certi argomenti negli ultimi tempi e il 43% afferma che uno sportello psicologico permanente nella propria scuola sarebbe utile oltre che necessario. «In questo quadro, è molto importante cogliere l’attenzione e la voglia di approfondire queste tematiche che emerge dagli stessi ragazzi e ragazze» il pensiero di Raffaela Milano, direttrice ricerche e formazione di Save the Children. Dai teenager coinvolti nella statistica arrivano infatti diverse proposte come la necessità di una maggiore formazione dei docenti, la voglia di approfondire cause e conseguenze di certi fenomeni, la richiesta di introdurre l’educazione sessuale e affettiva nella scuola media e l’appello a diffondere la conoscenza dei percorsi di aiuto, a partire dal numero antiviolenza 1522.

 

#chiamalaVIOLENZA: RELAZIONI TRA ADOLESCENTI E VIOLENZA DI GENERE

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