LA PAZZA GIOIA, COMMOVENTE FILM TERAPIA
Dopo aver conquistato Cannes, l'ultimo film di Virzì arriva oggi nelle sale. Per raccontare tutto l'umano che c'è dietro le gocce di Valium
- Maurizio Ermisino
- 17-05-2016
- Cultura
Dopo “Il capitale umano”, che era un thriller antropologico, ci si chiedeva che strada avrebbe preso il cinema di Paolo Virzì. La pazza gioia, che ha presentato a Cannes, alla Quinzane des Réalisateurs, e ora è nelle nostre sale, è in parte un ritorno alla commedia, ma è anche un film drammatico. Racconta la storia di due donne, Beatrice e Donatella (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti), che si ritrovano in una comunità terapeutica per donne con disturbi mentali. Diversissime eppure affini, quasi complementari, le due donne diventano amiche, si sostengono fino a tentare una fuga per le strade della Toscana. Per darsi “alla pazza gioia”, come dice Beatrice. In realtà per ritrovare se stesse, e provare a rimettere insieme la propria vita.
Virzì dà vita a un “Thelma e Louise” personalissimo, un film al femminile dove, davvero, si ride e si piange contemporaneamente. Le battute di Beatrice sono come le agognate gocce di Valium, e servono a sollevare da una storia che in realtà è durissima. Virzì, regista che ama le donne come pochi altri, punta sul contrasto tra le due – l’euforica e la depressa, l’elegante e la tatuata, la ricca e la spiantata – per mostrarci come tutti possiamo poi essere uniti dal bisogno e dal dolore. Che, come possiamo immaginare, arriva sempre da lontano, e dalle rispettive situazioni familiari. L’autore livornese riesce a far brillare Valeria Bruni Tedeschi, con una prestazione di eccessi e sensibilità, la sua miglior prova finora, e Micaela Ramazzotti, la sua compagna, capace come poche di essere vulnerabile e dolcissima.
Ambientato in una comunità tanto idilliaca quanto immaginaria, dalle parti di Pistoia, “La pazza gioia” è stato girato circa un anno fa, proprio quando è entrata in vigore la legge che dovrebbe chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari. Che, tuttavia, nel film come nella realtà, incombono ancora sulle vite di chi, da qualcuno, a un certo punto è stato definito inadeguato. Il film di Virzì va visto anche pensando a questo. E al fatto che, dietro ai casi clinici, alle cure, ai farmaci, ci sono sempre delle persone, e dietro alle persone ci sono sempre delle storie. È a questo che punta Virzì, che dice di non aver paura dei “matti”, ma piuttosto di chi ha paura di loro. E “La pazza gioia” è un bellissimo, commovente, film terapia.
Immagine di copertina: 01 Distribution