LA VOCE DI HIND RAJAB È LA VOCE DI GAZA

La voce di Hind Rajab di Kaouther Ben Ania, dopo il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria a Venezia, è al cinema. È la storia vera di una bambina uccisa dagli israeliani: la voce che sentiamo è la sua, ed è struggente

di Maurizio Ermisino

6 MINUTI di lettura

ASCOLTA L'ARTICOLO

«Questo film non è un’opinione, ma ha salde radici nella realtà. La sua voce è quella di 10.000 bambini uccisi in due anni a Gaza, la voce di ogni figlio o figlia che ha diritto di esistere e di sognare. Dietro ogni numero c’è una storia che non ha avuto l’opportunità di essere raccontata. Questa è la storia di una bambina che chiede “salvatemi”. Nessuno può essere in pace quando i bambini ci chiedono di essere salvati. Dobbiamo ricordarci che non ne possiamo più, adesso dobbiamo chiedere giustizia per l’umanità intera, per il futuro di ogni bambino. Adesso basta». Sono le parole ferme, decise di Saja Kilani, l’attrice protagonista de La voce di Hind Rajab di Kaouther Ben Ania, che hanno aperto l’incontro con la stampa a Venezia, tra la commozione generale. La voce di Hind Rajab è stato il caso della Mostra del Cinema di Venezia e sarà un film di cui sentiremo parlare a lungo, anche in vista degli Oscar. Dopo il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria al festival, arriva finalmente al cinema da oggi, 24 settembre. Ed è uno di quei film da non perdere.

La voce di Hind Rajab
Dopo il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria al festival, arriva finalmente al cinema da oggi, 24 settembre

Hind Rajab, 6 anni, uccisa nel gennaio 2024 da 355 proiettili

La regista tunisina ha voluto raccontare la storia di Hind Rajab, una bambina palestinese di cinque anni, uccisa nel gennaio 2024 dall’esercito israeliano mentre fuggiva da Gaza con gli zii. È un terribile fatto di cronaca che già allora aveva fatto parlare, una di quelle storie che purtroppo non hanno un lieto fine. Hind è morta intrappolata nella macchina, insieme ai corpi senza vita di zii e cugini, crivellata di colpi dall’esercito israeliano: 355 proiettili. Mentre era ancora viva, unica ancora sopravvissuta in quella macchina, era riuscita a parlare al telefono con gli operatori della Mezzaluna Rossa. I volontari cercano di rassicurarla, e allo stesso tempo di superare quegli incredibili ostacoli burocratici per mandare un’ambulanza. L’ambulanza è vicina, a otto minuti dal luogo del soccorso. Dopo ore riesce ad avere l’ok per partire. Ma non ce la fa Anche l’ambulanza è stata attaccata dall’esercito israeliano.

Quella che ascoltiamo è la vera voce della piccola Hind Rajab

La voce di Hind Rajab è una storia di cui conosciamo il finale. Eppure per tutti i novanta minuti di durata del film la seguiamo con un’angoscia e un’ansia altissima. Kaouther Ben Ania fa una scelta di regia potentissima. Utilizza la vera voce della bambina, registrata durante le telefonate ai volontari della Mezzaluna Rossa. Una scelta che fa irrompere la realtà del film, che ci mette davanti ai fatti in un modo che non possiamo negarli né rimuoverli. Sentiamo la sua voce, le urla di paura, di dolore, i pianti. La richiesta disperata di aiuto. È qualcosa di struggente.

La voce di Gaza che chiede aiuto

È importante sentire la voce di Hind. Perché le voci di Gaza non ce le fanno sentire. Le oscurano, le rimuovono. Dalla Striscia le testimonianze dirette sono sempre più rare. E poi le vittime sono tante, troppe, infinite. E alla fine diventano numeri. E così si perdono in un mare infinito e indistinguibile. Ma sentire una voce, una voce reale, netta, distinta, sentire la voce più innocente, è qualcosa di dirompente, qualcosa a cui non possiamo sottrarci. È una voce precisa che ci chiede aiuto, è la voce di tutta Gaza. E noi che stiamo assistendo proviamo un senso di impotenza proprio come chi si trova a organizzare i soccorsi quel giorno. «Questo film è stato molto importante per me» ha spiegato la regista. «Perché, quando per la prima volta ho sentito la voce di Hind Rajab, ho sentito qualcosa di più della sua voce. Era la voce di Gaza che chiedeva aiuto. E nessuno poteva risponderle. Mi sentivo impotente. E ho sentito questa necessità impellente di realizzare questo film».

La voce di Hind Rajab
Nel film la storia di Hind Rajab, bambina palestinese di cinque anni, uccisa nel gennaio 2024 dall’esercito israeliano mentre fuggiva da Gaza con gli zii e che, prima di morire,  era riuscita a parlare al telefono con gli operatori della Mezzaluna Rossa

Una richiesta d’aiuto alla quale non siamo in grado di rispondere

Come quei volontari della Mezzaluna Rossa, noi siamo lì insieme a lei. Come loro la ascoltiamo, e vorremmo tanto cercare di rassicurarla, di farla parlare di sé, di farla distrarre. Anche di farla pregare. Di dirle che andrà tutto bene, che i soccorsi arriveranno in tempo, anche se non ne siamo sicuri. Cosa rispondi a una bambina che ti implora «vienimi a prendere, ho paura»? La voce di Hind Rajab è il racconto di quello che è accaduto in quel gennaio del 2024. Ma è anche una metafora di tutto quello che stiamo vivendo noi oggi: una richiesta d’aiuto alla quale non siamo in grado di rispondere. «Non ero sicura di voler usare la voce della bambina» ha confessato la regista. «Ma ho sentito che parlava a me, che diceva “salvami, salvami”. È stata una scelta irrazionale di fronte a un sentimento di impotenza. Volevo onorare la sua voce. È una dei tanti, troppi che non ne hanno. È Gaza che non ha voce».

Sono lacrime vere

Davanti a quella voce si resta letteralmente disarmati. Lo sono stati i volontari quel giorno, lo siamo noi che guardiamo il film. Ma lo sono stati anche gli attori una volta sul set. Attori sì, ma fidatevi: in quei momenti non hanno recitato. È stato chiesto loro se c’è stato un momento in cui avessero pianto? «Solo un momento? In realtà è stato così per tutto il film» spiega Amer Hlelel. «Quando ascolti la voce di Hind ti getta nella realtà. Erano lacrime vere. Assolutamente». «Abbiamo pianto in ogni momento» aggiunge Saja Kilani, svelando un particolare importante. «Khaouter ci ha fatto sentire la voce solo una volta arrivati sul set. Ascoltare la sua voce per la prima volta, anche se tutto quello che era accaduto era già denso di emozioni, mi ha dato l’opportunità di reagire nel modo più personale possibile. Nella sceneggiatura si legge quello che ha detto, ma ascoltare la sua voce ha fatto la differenza». «Nel momento in cui ho sentito la voce di Hind, ho capito che era la realtà» ha spiegato Motaz Malhees. «Ho pensato i momenti in cui, da bambino, chiedevo sicurezza. Ho vissuto questa esperienza. Non ho recitato. È vita. È qualcosa di reale».

Quando sarà fatta giustizia?

Un film come questo può portare, a livello simbolico, un po’ di giustizia a Hind Rajab, e alle decine di migliaia di bambini che sono stati uccisi? «Credo che un giorno la giustizia non sarà solo simbolica» spiega la regista. «Ma purtroppo non ci siamo ancora arrivati. Ne abbiamo abbastanza di questo genocidio, questa parola continua a risuonare. Anche se tutto si fermasse oggi sarebbe comunque troppo. In un mondo ideale vorrei una giustizia non soltanto per Hind ma per tutte le vittime. Ma siamo ancora molto lontani da tutto questo. È assurdo».

In che mondo viviamo?

La voce di Hind Rajab si chiude con le immagini di una spiaggia, con la bambina che gioca spensierata. «Alla fine del film io mostro la spiaggia, il mare» ha spiegato la regista. «Hind amava il mare. Me lo ha detto sua madre, e per me questo è stato molto importante. Sappiamo c’è un progetto per trasformare questa spiaggia in una sorta di riviera. È il progetto di Trump. Quando penso a Hind che gioca sulla spiaggia e poi penso a questo progetto mi chiedo in che mondo viviamo». È la domanda che ci si stiamo ponendo tutti in questi ultimi due anni. E ogni giorno risuona più forte. In che mondo viviamo?

LA VOCE DI HIND RAJAB È LA VOCE DI GAZA

LA VOCE DI HIND RAJAB È LA VOCE DI GAZA