ECOMAFIA 2025. NEL LAZIO 2.654 REATI IN DODICI MESI

In Italia sfondata la a soglia dei 40 mila reati legati alle ecomafie contro i 28 mila del 2009 con il Lazio che registra il più alto numero di persone denunciate per corruzione ambientale. I numeri del report annuale di Legambiente, Ecomafia 2025. Le proposte di Legambiente

di Giorgio Marota

5 MINUTI di lettura

ASCOLTA L'ARTICOLO

In Italia vengono commessi ogni ora 4,6 reati contro l’ambiente, una vittima innocente che non può difendersi dall’arroganza e dalla meschinità dell’uomo. A compierli sono soprattutto le ecomafie, cioè quelle organizzazioni criminali che sfruttano la natura e il pianeta con l’obiettivo di trarre profitto dalle loro attività illegali, come lo smaltimento dei rifiuti, l’abusivismo edilizio su larga scala, gli incendi boschivi dolosi, i fenomeni corruttivi di vario genere, i delitti contro la fauna selvatica e i traffici nei mercati agroalimentari. È un’aggressione costante, che manda in fumo non soltanto montagne di immondizia e intere aree verdi, ma spesso anche gli sforzi degli attivisti che continuano a lanciare un grido d’allarme sui disastri ambientali ai quali si sta andando incontro, con evidenti ripercussioni per la salute pubblica. Questo insieme di crimini ha prodotto, solo nel 2024, un giro d’affari di 9,3 miliardi, mezzo in più rispetto all’anno precedente, come evidenziato da Legambiente in Ecomafia 2025, report annuale realizzato sulla base degli interventi delle forze dell’ordine, delle capitanerie di porto e dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Il numero dei reati ambientali è così salito a 40.590, con un incremento del 14,4%. Sono aumentate anche le persone denunciate, 37.186. Le inchieste dell’associazione (88) si sono concentrate in particolare su fenomeni come la realizzazione di opere, la gestione dei rifiuti urbani e la concessione di autorizzazioni ambientali alle imprese.

ecomafia 2025
Dodici le proposte di Legambiente alla politica sul tema ecomafie e reati ambientali. Tra queste la necessità di garantire l’accesso gratuito alla giustizia per le realtà impegnate sul tema e di destinare maggiori risorse per il potenziamento delle attività di controllo

Ecomafia: i numeri nel nostro Paese 

Se una volta erano le attività nel Sud Italia a preoccupare maggiormente, oggi il fenomeno sta contagiando e risalendo la penisola. Ne è un esempio il Lazio, dove sono stati accertati 2.654 reati in dodici mesi con una crescita del 20,6% dei casi, 30 arresti e 593 sequestri. In nessun altro territorio italiano sono aumentati in proporzione così evidente gli illeciti. Dimenticate per un attimo le guerriglie urbane e le faide per il controllo dei territori nelle regioni tradizionalmente coinvolte dagli affari mafiosi: da anni, ormai, i clan si muovono sotto la superficie del visibile, in Italia e pure all’estero, facendo soldi a palate con i traffici di rifiuti e trovando nel settore “green” nuove forme di entrate non regolari. Anche in Toscana e in Sardegna c’è stato un incremento sostanzioso di reati, rispettivamente dell’11,6% e del 13,9%. Al nord continua a dominare la Lombardia, ottava nella classifica nazionale con 2.324 reati, seguita dal Veneto con 1.823. Questa diffusione a macchia d’olio dei crimini contro l’ambiente, in qualsiasi caso, vede nel Mezzogiorno un baluardo. A primeggiare nella triste graduatoria è la Campania, da anni alla ribalta delle cronache per le vicende della terra dei fuochi, dove si concentrano il 15% degli illeciti penali dell’intero Paese (6.104). La Puglia (4.146) ha sorpassato la Sicilia al secondo posto. Quarta la Calabria con 3.215, non troppo distante dal L, ben 154. Anche su base provinciale la regione che ha per capoluogo la capitale fa parlare di sé in chiave negativa: la città metropolitana di Roma è stabile in quarta posizione dietro Napoli, Bari e Salerno come numero di illeciti penali – più di mille – mentre sale addirittura al terzo nel numero di quelli amministrativi. Significative, a proposito di uniformità territoriale, l’entrata nella top ten del malcostume di Genova e Ancona e la risalita tra le prime venti posizioni di Perugia e Brescia.

Fontana: «Una distribuzione capillare dell’illegalità ambientale lungo tutto lo stivale»

Dalle prime rilevazioni, l’opera del terzo settore è stata costante e ha prodotto, ad esempio, la legge numero 68 del 2015, fondamentale per l’introduzione di nuovi delitti a salvaguardia dell’ambiente all’interno del codice penale, modificando il quadro previgente che affidava la tutela dell’ambiente a contravvenzioni e sanzioni amministrative. Qualche effetto positivo c’è stato, anche se il numero di infrazioni è progressivamente cresciuto al netto del calo registrato durante la pandemia. Nel 2009 in Italia venivano segnalati poco più di 28 mila reati, oggi è stata sfondata la soglia dei 40 mila. «Assistiamo a una distribuzione capillare dell’illegalità ambientale lungo tutto lo stivale», il commento di Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, «A tutto questo bisogna aggiungere la crescente pervasività delle mafie e quella della corruzione negli appalti pubblici, che rappresentano sempre più una minaccia significativa non solo per l’economia, ma anche per il tessuto sociale e democratico del Paese».

Le proposte di Legambiente

La necessità di nuovi strumenti che integrino la legge del 2015, a partire dal riconoscimento degli euroreati visto che il tema si è inserito in un contesto internazionale di ampio respiro criminale, risulta essenziale per far sì che l’azione di contrasto non perda di efficacia. La proliferazione del mercato dei pesticidi illegali, per la quale Legambiente chiede l’introduzione di un reato specifico, così come l’abuso edilizio galoppante, sul quale servirebbe secondo l’associazione un piano nazionale che preveda l’aumento delle risorse per gli abbattimenti degli immobili costruiti illegalmente e un’indagine della commissione parlamentare antimafia, rientrano tra le 12 proposte destinate alla politica. Le altre riguardano il recepimento della direttiva europea per la tutela penale dell’ambiente, l’inserimento nel codice penale dei delitti contro fauna e specie protette, la revisione del cosiddetto subappalto “a cascata”, l’innalzamento delle pene reclusive previste per il delitto di traffico organizzato di rifiuti da 3 a 8 anni, l’inserimento dell’omessa bonifica tra i cosiddetti “reati presupposto” per cui scattano le responsabilità amministrative e penali e l’estensione delle pene previste per il reato di incendio boschivo a qualunque vegetazione, come parchi e riserve. Secondo Legambiente, inoltre, è necessario garantire l’accesso gratuito alla giustizia per le realtà impegnate sul tema, destinare maggiori risorse per il potenziamento delle attività di controllo e inserire i delitti ambientali – considerata la loro gravità – tra quelli per cui non scatta alcun automatismo in materia di improcedibilità. «Da 30 anni chiediamo una riforma di civiltà», l’appello di Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.

Immagini Legambiente

ECOMAFIA 2025. NEL LAZIO 2.654 REATI IN DODICI MESI

ECOMAFIA 2025. NEL LAZIO 2.654 REATI IN DODICI MESI