A ROMA LA TENDA RISCHIA LO SFRATTO

40 anni contro la tossicodipendenza, lavorando su prevenzione, riduzione del danno e reinserimento. Ora la Comunità terapeutica rischia lo sfratto. Bruci: «Spero si trovi una soluzione affinchè il territorio guadagni qualcosa, invece di perderlo».

A Roma, al Tiburtino III, la storica comunità terapeutica per il recupero delle tossicodipendenze La Tenda rischia lo sfratto. La Tenda compie quarant’anni a settembre, nata dall’emergenza sociale della diffusione delle sostanze – e dell’eroina in particolare – dall’urgenza di accogliere i consumatori, dall’incapacità dei servizi di offrire risposte adeguate. Lì, in via del Frantoio 58, la ASL Roma 2, intende aprire un SERD. Ma cominciamo dal principio: ne abbiamo parlato con Marco Bruci, responsabile della Comunità, per capire cosa sta succedendo e, soprattutto, cosa vorrebbe dire, per il territorio, perdere un punto di riferimento così importante.

La Tenda ha quarant’anni di storia nella lotta alle tossicodipendenze e all’esclusione sociale…

«È vero. La Tenda nasce da una protesta popolare. Era il 1983 ed era emerso il fenomeno della dipendenza, della grande diffusione dell’eroina. Era un momento di disperazione e un gruppo di mamme si organizzarono in protesta. A loro venne data una tenda, dove iniziarono ad accogliere i loro figli e le persone tossicodipendenti, in un gesto di solidarietà. La Tenda viene da lì, da quella tenda data a quelle mamme. Dapprima come associazione di volontari, poi, negli anni, ci siamo professionalizzati e abbiamo iniziato a lavorare nei vari ambiti della tossicodipendenza, dalla prevenzione alla riduzione del danno, alla cura e alla riabilitazione in comunità, al reinserimento socio lavorativo. Ce ne occupiamo da quarant’anni, a livello territoriale, comunale e ora anche nazionale. Nel 1998 siamo stati riconosciuti ente ausiliario della Regione Lazio, siamo convenzionati con il sistema sanitario regionale, nel 2014 è arrivato l’accreditamento».

Ora La Tenda rischia lo sfratto. Cosa sta succedendo?

La Tenda
«Sebbene sia un servizio necessario, il SERD viene però posto in un luogo poco indicato, in cui si creeranno situazioni di incompatibilità. Inoltre si rischia di mettere due servizi che si occupano di dipendenze in antagonismo, togliendo risorse sulle dipendenze ad un territorio che ne ha molto bisogno».

«Il SERD della ASL Roma 2, vicino alla Stazione Tiburtina, dopo dieci anni di contrattazione tra ASL Roma 1 e ASL Roma 2, è sotto sfratto e, a inizio settembre, dovrà lasciare i locali che ha occupato per vent’anni. Purtroppo la ASL ha individuato come locali alternativi quelli posti sotto la Comunità. Siamo in una palazzina di due piani: al primo piano c’è l’Ufficio Invalidi della ASL Roma 2 e al secondo ci siamo noi, da sempre. Ora l’Ufficio Invalidi verrà spostato al nono piano, tra l’altro con un ascensore che risulta non idoneo per alcuni tipi di carrozzelle. Una situazione anche per loro assurda. Quindi, a quanto sappiamo, ad ora si sta sistemando il SERD sotto la Comunità. Il punto è che siamo al Tiburtino III, un quartiere fragile che sta cercando di riqualificarsi, sul quale c’è ora un investimento importante. Siamo vicini ad un asilo nido e ad una scuola materna e, grazie ad un bando di 4 milioni di euro, si sta lavorando ad un polo educativo all’avanguardia per le periferie. Davanti alla Comunità c’è poi un piccolo parco rimasto in disuso per anni, nel quale un’associazione che si occupa di arte e cultura inaugurerà il 16 settembre uno spazio culturale e artistico per gli adolescenti del quartiere. Insomma, si stanno operando scelte che sollevano dubbi importanti: sebbene il SERD sia un servizio necessario per il quartiere, viene però posto in un luogo – come ha sostenuto più volte il Municipio, contrario a queste scelte – poco indicato, in cui si creeranno situazioni di poca compatibilità con l’asilo o la scuola materna. E ancora, si rischia di mettere due servizi che si occupano di dipendenze – il SERD e la Comunità – in antagonismo, togliendo risorse sulle dipendenze ad un territorio che invece ne ha molto bisogno. In una lettera si chiedeva a La Tenda di regolarizzare 26 anni di affitto non pagato e di lasciare lo stabile tra i 90 e i 180 giorni. Noi abbiamo comunicato la nostra disponibilità a pagare l’affitto, ad attualizzare un contratto ormai datato e a pagare il pregresso per quanto previsto per legge. Ora siamo in attesa di risposta dalla ASL, ma l’unica che abbiamo avuto è un iban, il primo in 26 anni, che abbiamo usato per pagare i mesi di luglio e agosto. Il punto è che, in questi 26 anni, l’affitto non è stato pagato per un fraintendimento all’origine tra noi e la ASL, per cui i bollettini da pagare o non arrivavano o sono stati mal interpretati. Dal 2013, anno in cui la ASL ci chiese di sanare la situazione e La Tenda rinnovò la disponibilità a farlo, di fatto non siamo mai stati messi nelle condizioni per farlo, fino ad oggi».

Cosa vorrebbe dire uno sfratto per La Tenda e per i servizi che garantisce?

La Tenda
«Con lo sfratto rischierebbe di chiudere anche l’unità di strada, servizio di riduzione del danno che lavora soprattutto alla Stazione Tiburtina, seguendo circa 1400 persone l’anno»

«La Comunità terapeutica è accreditata nella nostra sede attuale e abbiamo il servizio di unità di strada in fase di accreditamento. Si tratta di una comunità piccola, per un massimo di 8 persone, la maggior parte delle quali sono in pena alternativa al carcere. Sono persone che stanno seguendo un programma, che stanno affrontando un cambiamento, che con il nostro sfratto tornerebbero in carcere. In più rischierebbe di non essere accreditata e di chiudere anche l’unità di strada, servizio di riduzione del danno che lavora soprattutto alla Stazione Tiburtina, seguendo circa 1400 persone l’anno: una grossa perdita per gli utenti e per le risorse di un territorio in cui c’è effettivamente bisogno di un’unità di strada. Tutto questo non viene considerato dalla ASL: non siamo contrari al SERD, siamo contrari a che, per il SERD, si eliminino altri due servizi altrettanto importanti e necessari. È assurdo che, invece di implementare le risorse di un territorio, se ne vadano a togliere e che non si trovi – tra ASL, Municipio, Comune – il modo per trovare una sede che permetta a tutti di esserci e di convivere. Perché, oltretutto, mettere in discussione il polo educativo che sta nascendo è un peccato per il quartiere. Si tratta di una decisione cieca, che non tiene conto del territorio e dei suoi bisogni. Lavoriamo con l’arrampicata terapeutica per fare prevenzione e abbiamo appena vinto un bando nazionale che prevede, per due anni, di aprire le porte della Comunità ai ragazzi del quartiere che possono arrampicare gratuitamente presso la Comunità. Grazie all’arrampicata lavoriamo sull’intelligenza emotiva, alla base della capacità di non dipendere da sostanze. È un progetto mirato al territorio per lavorare sulla prevenzione: siamo nati nel quartiere e lavoriamo per il quartiere. Anche questo andrebbe perso».

Ora siete in attesa di risposta dalla ASL. Come intendete muovervi?

«Il 22 agosto saremo in audizione in Commissione capitolina per risolvere questa situazione. Perché poi il tutto è avvenuto ad agosto, durante la pausa estiva, e questo complica non poco le cose: il nostro timore è trovarci invasi dalla ASL. Mi auguro che si trovi una soluzione che premetta la convivenza di tutte le risorse, affinchè il territorio guadagni qualcosa, invece di perderlo».

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