MULTI 2025. MIGRANTI: ANDARE OLTRE INCLUSIONE E INTEGRAZIONE, I DIRITTI SONO TRASVERSALI

Tra gli incontri di apertura dell’edizione 2025 di Multi, dal 25 al 28 settembre a Piazza Vittorio a Roma con oltre 80 appuntamenti e 50 piatti comunitari dal mondo, la presentazione della Consulta permanente interculturale di Roma Capitale. Biolghini: «Due anni di lavoro con le comunità straniere. «Continueremo, il razzismo si combatte costruendo processi interculturali»

di Maurizio Ermisino

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Sulle persone migranti di solito gli stereotipi sono quello dell’usurpatore o della vittima. «Non vediamo mai il migrante per quello che è, un protagonista dell’economia e della politica. E il migrante non è solo forza lavoro. È persona, è portatore di diritti e di doveri. Si tratta di far vedere il migrante per quello che è. E quello che rende reale tutto questo è la dimensione politica, la polis. Se vedi un migrante che partecipa al consiglio comunale, partecipa alla vita della comunità, si occupa dei tuoi problemi, lo vedi come persona». In queste parole di Livia Turco c’è tutto il senso della delibera che, lunedì scorso, ha istituito la Consulta permanente interculturale della Città Metropolitana di Roma Capitale. La Consulta sarà uno spazio di ascolto, di raccordo, di progettazione condivisa, un ponte tra l’Amministrazione e le realtà migranti, capace di incidere su temi fondamentali come l’accesso ai servizi, il lavoro, l’educazione, la tutela dei diritti. Si è parlato di questo ieri sera durante l’incontro La Consulta delle comunità migranti nella prima giornata di MULTI – Viaggio alla scoperta delle culture e cotture che ci uniscono. Il Festival, che per il terzo anno trasforma i Giardini di Piazza Vittorio in un laboratorio a cielo aperto di dialogo, partecipazione e convivenza è promosso da Slow Food Roma, Lucy e Polo Civico Esquilino Poleis, con il patrocinio e il contributo della Città Metropolitana di Roma Capitale, la collaborazione con Zètema Progetto Cultura, il patrocinio del Municipio Roma 1 e AMA e il supporto di CSV Lazio e CGIL Centro Ovest Litoranea (COL).

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Livia Turco, Fondazione Nilde Iotti: «Non ci sono le politiche per gli immigrati ma gli immigrati come cittadini italiani, che vanno compresi nelle politiche»

Biolghini: «Due anni di lavoro con le comunità straniere. Continueremo con questo processo»

Il perché sia necessaria oggi la Consulta delle comunità migranti è evidente. La delegata di Città Metropolitana di Roma Capitale Tiziana Biolghini ce lo ha spiegato. «Mi sono resa conto che le parole sono importanti. Siamo tutti cittadini italiani: alcuni hanno dei diritti, altri ne hanno di meno. Ci sono centinaia di migliaia di persone che sono cittadini italiani ma hanno meno diritti» ci ha detto all’inizio dell’incontro. La delibera che ha istituito la Consulta è il frutto di un lavoro lungo due anni in cui ognuno ha cercato di capire le ragioni dell’altro. «Questa delibera nasce in maniera orizzontale, partecipata e paritetica, in un dialogo in cui le istituzioni non abbiano un ruolo autoreferenziale e autoritario». «Due anni di lavoro con le comunità straniere che ci hanno fatto capire i diritti che ognuno deve avere al di là della provenienza» aggiunge. «Continueremo con questo processo. Pensiamo che il razzismo si combatta costruendo processi interculturali». Il prossimo passo è quello di eleggere le rappresentanze, in modo che i gruppi di lavoro possano proporre delibere ai comuni della Città Metropolitana.

La Consulta delle comunità migranti vive su un criterio diverso dalle politiche sui migranti degli anni passati, in cui si parlava di integrazione e inclusione. Oggi siamo a un passo successivo. «La Consulta ha la peculiarità e l’originalità di porre la questione dei diritti delle persone migranti come fatto trasversale delle politiche della città» ha spiegato Livia Turco, presidente della Fondazione Nilde Iotti, le donne, la cultura, la società. «Non ci sono le politiche per gli immigrati ma gli immigrati come cittadini italiani, che vanno compresi nelle politiche del lavoro, dell’ambiente e tutte le altre. Vediamo la persona migrante che attraversa la vita della Città Metropolitana di Roma». È un concetto che cambia completamente il paradigma. La co-progettazione oggi è una pratica diffusa. «Ma l’originalità dei tavoli è che vi era non solo la partecipazione delle associazioni degli italiani che si occupano di migranti, ma dalle associazioni dei migranti stessi» ha spiegato Livia Turco.

La speranza delle terze generazioni

Oggi le seconde e le terze generazioni crescono in Italia: non hanno senso luoghi separati, ma servono luoghi dove c’è una integrazione tra italiani e migranti. «La traduzione concreta della delibera deve essere quella di sollecitare il più possibile il protagonismo delle associazioni dei migranti: credo che una delle cose più importanti sia vedere tanti immigrati, cioè nuovi italiani, protagonisti» spiega Livia Turco. «Il diritto di voto a livello locale andrebbe riproposto perché credo nella partecipazione politica dei migranti. Questo incide molto nella cosiddetta dimensione simbolica». È quello che dicevamo all’inizio: tutto questo cambierebbe il modo in cui i cittadini italiani vedono i migranti.

Una Consulta per la Convivenza è fondamentale oggi. Perché è fondamentale, a Roma come in tutto il mondo, la convivenza. Ed è importante capire che cosa significa questa parola per alcuni nuovi italiani, e quanto serva conoscersi per adattarsi gli uni agli altri. Ahmad Ejaz, della comunità del Pakistan, ci ha spiegato quanto siano diverse le culture e non sia facile capirle, all’inizio. «Quando ho chiesto il permesso di soggiorno mi hanno chiesto il mio cognome» ricorda. Ma io non ho un cognome, non lo abbiamo nel nostro Paese. Così ho spezzato il nome in due, una parte il nome e una il cognome. I sikh di cognome si chiamano tutti Singh, che vuol dire leone, e le donne Kaur, che significa leonessa. Mia moglie mi ha chiesto quando fosse il mio compleanno: ma noi non lo abbiamo, il giorno e il mese di nascita non si segnano. Così ho dovuto chiedere a mia madre che mi ha chiesto: in che Paese sei capitato?». Come vedete, è tutto relativo. E fare il mediatore culturale, che è il lavoro di Ahmad, non è facile. «In Pakistan una bella giornata è quando piove, in Italia quando c’è il sole» ci spiega. «Ci sono tante cose che per me sono strane». Ma lo sono anche al contrario. «Quando mia moglie viene in Pakistan vede che il matrimonio dura sette giorni, o che l’autobus parte quando è pieno. E si chiede come sia possibile» racconta. «Una volta si trattava di trovare un lavoro e tornare a casa» spiega Silvia Gladys Sacchi, della comunità dalla Sierra Leone e delle Seychelles. «Oggi si fanno i figli e non si torna più a casa. I ragazzi di seconda generazione non sanno chi sono davvero, perché non hanno la cittadinanza. Le terze generazioni sono quelle che noi stavamo aspettando, la nostra speranza, quella che raccoglierà i frutti. I miei figli mi chiedono prima o poi vedranno in banca una persona di colore: in Francia e in Inghilterra la vedono, e per questo vogliono andare via. Invece dico loro di restare qui, perché sono loro che daranno lavoro ai loro parenti. Ma la convivenza esiste».

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MULTI cresce grazie a una rete di oltre 100 realtà tra associazioni, Comunità dal mondo, istituzioni. La rassegna è un luogo di sperimentazione civica, un ponte tra Roma e il mondo, tra tradizioni radicate e nuove forme di cittadinanza.

Viva Multi!

La prima giornata di Multi è iniziata con lo spettacolo delle percussioni giapponesi Taiko Drums e con una toccante lettura di poesie su Gaza. Poi è stato il momento dell’apertura ufficiale, con l’incontro Viva Multi! «Quella che sembrava una buona idea è diventata un’urgenza» ha spiegato Nicola Lagioia di Lucy sulla cultura. «Il mondo è cambiato. Questo progetto dà una speranza in un periodo tenebroso. È importante che le istituzioni sostengano questo progetto, nato come progetto laboratoriale, ma anche istituzionale». Le istituzioni erano rappresentate dall’assessore alla Cultura di Roma Capitale Massimiliano Smeriglio. «Per noi è importante essere qui; stiamo vivendo un momento terrificante nella storia dell’umanità.  Il mondo in tre anni è cambiato drammaticamente in peggio e anche noi viviamo un senso di impotenza e frustrazione molto forte» ha dichiarato. «Quello che bisogna fare è testimoniare che si può stare insieme. Che si può essere molti e Multi e rompere questa cappa delle guerre, della rottura del diritto internazionale, della preoccupazione per i cittadini italiani e internazionali che stanno in mezzo al Mediterraneo e per la popolazione di Gaza che sta vivendo un momento come mai prima». Ci si conosce, e ci si avvicina, anche attraverso la convivialità, il cibo. «La cosa più bella è stato vedere le comunità che si preparavano nel proprio stand, che hanno chiesto di essere vicini uno con l’altro. Si abbracciavano e si passavano il cibo» ci ha raccontato Francesca Rocchi di Slow Food Roma. «Quello che succede qui è quello che dovrebbe succedere: le comunità del Bangladesh, dell’India e del Pakistan nelle loro terre si fanno la guerra, mentre qui mangiano insieme».

 

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