LIBERI NANTES, DAL CALCIO ALLA COMUNITÀ

La squadra di calcio di Pietralata è sempre più il cuore di una comunità: dallo sport per bambini e il doposcuola alla costruzione di una comunità educante, dai mercatini solidali a un festival della letteratura sportiva

Da mesi ormai si sono riaperte le porte del Campo XXV Aprile alle famiglie di Pietralata. Liberi Nantes, l’associazione sportiva dilettantistica nata a Roma nel 2007 per la promozione e la diffusione del gioco e della pratica sportiva come strumenti di inclusione sociale, ha deciso di offrire un’opportunità importante a decine di bambine e bambini del quartiere. Si parte dallo sport ma poi si crea comunità, senso di appartenenza, relazioni, aiuto reciproco, orientamento. Liberi Nantes ha dato vita a un centro sportivo e un doposcuola con aiuto compiti, un servizio importante per il quartiere di Pietralata. Ma è solo uno dei tanti modi in cui la società sportiva oggi è diventata un punto di riferimento importante per il proprio quartiere. Mercatini solidali, un ruolo chiave in un progetto che vuole creare una comunità educante, un festival della letteratura sportiva. Tutto questo è comunità. Ne abbiamo parlato con il presidente Alberto Urbinati.

L’essere comunità è qualcosa che parte da lontano

Liberi Nantes
Liberi Nantes ha dato vita a un centro sportivo e un doposcuola con aiuto compiti, un servizio importante per il quartiere di Pietralata.

Che cosa vuol dire oggi essere comunità? E come si diventa comunità? «L’essere comunità è qualcosa che parte da lontano» ci spiega Alberto Urbinati. «È il frutto di un lavoro che va avanti da anni, dal 2010, da quando ci siamo presi la responsabilità di portare vita in uno spazio che era abbandonato, il Campo XXV Aprile. L’innesco di tutto è stato quello. È vero che per tanto tempo non siamo stati in grado di fare un’offerta sportiva e comunitaria al quartiere». Il tempo è finalmente arrivato, ed è collegato alla capacità progettuale che in questi anni è cresciuta. «Durante la pandemia il fermo delle attività ci ha permesso di ripensarci, e di far avvicinare le persone giuste» ci spiega Urbinati. «Così si è creato un piccolo di team di progettazione che ha dato vita a progetti che poi sono stati finanziati. È cresciuta anche la capacità di fare rete e di essere attrattivi per un pool di finanziatori che è molto variegato e va da aziende private a fondazioni. Persone che hanno portato competenze e passione e la nascita di questi progetti ha consentito di fare una programmazione che non era possibile fare solo con i volontari. E questo ha scatenato tutta una serie di azioni».

Centri Sportivi di Comunità

Tra queste c’è il progetto Centri Sportivi di Comunità. «È un progetto triennale con il quale stiamo facendo il doposcuola e grazie al quale abbiamo potuto fare questa offerta di servizi gratuiti di aiuto allo studio e allo sport, che sono atletica e calcio rivolti a bambini dai 6 ai 15 anni» ci spiega il presidente. «In questo modo abbiamo cominciato a portare le famiglie al campo ed è proseguito tutto quello che già stavamo facendo. Il XXV Aprile è sempre stato un punto di riferimento per il quartiere, per la festa del 25 aprile e per tante altre occasioni. Questa parte di attività per bambini si è innescata su un riflesso comunitario che parte da lontano».

L’esigenza di avere spazi accessibili

Liberi Nantes
«Abbiamo una squadra Under 17, ragazzi che stanno facendo un torneo amatoriale: è la nostra prima rappresentativa giovanile, fatta da ragazzi che vivono nel quartiere, sia italiani che stranieri»

Non tutti i mali vengono per nuocere, e anche la pandemia ha fatto nascere qualcosa di buono. Ma in queste riunioni di progettazione che ragionamenti sono stati fatti, per arrivare a dei servizi che sono apparentemente semplici, ma efficaci, e, soprattutto, proprio quelli che servivano al territorio? «Sapevamo di essere in un quartiere che ha delle forme di marginalità» ci spiega Alberto Urbinati. «Non è un quartiere da frontiera, ma avevamo intercettato l’esigenza di avere degli spazi accessibili. Ci siamo messi lì e abbiamo fatto delle proposte progettuali. Tutto il lavoro di relazione di questi anni ci ha anche portato a ricevere delle proposte. Centri Sportivi di Comunità è un progetto cofinanziato da tre enti, Con I Bambini, Play For Change e Fondazione Laureus, con cui è iniziato un dialogo tanti anni fa e si è concretizzato anche adesso. È un progetto nazionale che prevede cinque centri in tutta Italia, quindi facciamo parte di un progetto nazionale più ampio. In nuce avevamo già portato avanti questa idea, provando ad accedere ai buoni di Asilo Savoia, buoni sportivi da 500 euro a nucleo familiare, tramite i quali avevamo fatto un’esperienza pilota di tre o quattro mesi. Quindi abbiamo richiamato le famiglie per dire loro che avremmo fatto un progetto insieme per tre anni. A oggi abbiamo 40-50 famiglie che stanno con noi. Insieme a questo progetto stanno gemmando altre iniziative. Abbiamo una squadra Under 17, ragazzi che stanno facendo un torneo amatoriale: è la nostra prima rappresentativa giovanile, fatta da ragazzi che vivono nel quartiere, sia italiani che stranieri».

Un’ora per i compiti e poi a giocare al campo

Come funziona il centro sportivo di comunità? «Noi mettiamo a disposizione spazi e personale, due volte a settimana» ci racconta Urbinati. «Si tratta di istruttori qualificati, o con patentino di allenatore o con laurea in scienza motorie, sia per il calcio e per l’atletica. La parte di doposcuola è curata da Maria Gallone, una maestra in pensione della scuola Perlasca, supportata da uno o due volontari che aiutano i bambini a fare i compiti. Questa parte, partita un po’ in sordina, ora sta crescendo. Evidentemente è una cosa che funziona, i genitori sono contenti dei risultati a scuola e il numero dei bambini che usufruisce del doposcuola è aumentato. C’è che fa solo sport e chi fa solo doposcuola, ma anche chi fa entrambe le cose. I genitori portano qui i bambini che per un’ora fanno i compiti e poi vanno a giocare al campo per due ore».

I ragazzi arrivano correndo, con la fame di giocare

Liberi Nantes
«Invece di parlare di inclusione, semplicemente la si mette in pratica e lo sport fa sì che accada tutto in maniera molto naturale»

Ma che atmosfera si respira al campo XXV Aprile? Come sono questi bambini che vengono al campo per fare i compiti e poi giocare a calcio? E quanto più volentieri fanno i compiti sapendo che poi possono giocare? «L’atmosfera è molto bella» ci spiega Urbinati. «Ho visto al campo bambini che tornavano dalle vacanze e magari il lunedì a scuola è stata una giornata un po’ brutta. Poi, il primo giorno al campo. Sono arrivati correndo, con la fame di giocare. Si vede che la risposta è positiva. Stiamo organizzando anche delle cose per i più piccoli. Abbiamo organizzato un torneo in onore di Romeo Baieri, nome storico dell’Alba Rossa, a cui hanno partecipato circa 100 bambini con le tribune gremite di genitori e nonni. Anche quella è stata un’iniziativa che va comunque a ricucire le trame storiche di quel posto. È una devozione che abbiamo nel mantenere la memoria storica del campo XXV Aprile. Una persona come Romeo è stata la figura simbolica più positiva per dire: cerchiamo di raccogliere quel testimone. Cerchiamo, con linguaggi diversi da quelli di 20 anni fa, di continuare nel solco di quella tradizione, di mantenere l’identità di quel posto. Dove i primi valori sono quelli dell’accoglienza e di dare l’opportunità a chi non ce l’ha. Ma cercando di dare opportunità vere, non raffazzonate. Cerchiamo di tenere alte sia la parte sportiva che quella dei compiti. È tutto gratuito per chi partecipa. Questi sono i concetti chiave intorno a cui cerchiamo di costruire una comunità».

Invece di parlare di inclusione la si mette in pratica

C’è un altro aspetto che è sorprendente in questo progetto, e che ci fa notare Alberto Urbinati. «Dei nostri istruttori sportivi, che sono tre, due sono di origine straniera e uno è italiano. Questa cosa non è semplicemente un argomento all’ordine del giorno» ci spiega. «Nessun genitore – io ignoro la loro visione del mondo, ma immagino che ci siano persone che la vedono in modo differente – ha avuto da ridire. Il fatto che, invece di parlare di inclusione, semplicemente la si mette in pratica, e il fatto che lo sport da questo punto di vista è un grandissimo socializzatore, fa sì che accada tutto in maniera molto naturale.  Così come girano mamme straniere in abiti tradizionali e neanche questo è un tema. Il nostro senso di comunità è questo. Rendere accessibili, facili le opportunità di inclusione».

Una scuola fuori dalla scuola

Liberi Nantes
«L’obiettivo è pensare a una comunità educante, in pratica alla scuola fuori dalla scuola»

In quest’ottica c’è qualche progetto futuro di cui si può già parlare? O qualcosa che a Liberi Nantes hanno sempre sognato e che vorrebbero realizzare? «Il sogno è di consolidare quello che è stato costruito» spiega Urbinati. «Siamo capofila di un bando di comunità educanti, finanziato da Con I Bambini che, nei prossimi due anni, proverà a costruire la comunità educante del quartiere, che si chiamerà Alata. Siamo capofila, e siamo insieme alla Scuola Perlasca, alla parrocchia di San Michele Arcangelo, all’Arci Ragazzi di Pietralata, Informadarte, i TiPiattIVi. L’obiettivo è pensare a una comunità educante, in pratica alla scuola fuori dalla scuola. In che modo i ragazzi possano, esprimersi facendo leva sui loro desideri, talenti, abilità nascoste, utilizzando strumenti diversi da quelli della scuola. Questa è la cosa più importante. Faremo anche un Festival della letteratura sportiva, che metta Pietralata e il Campo XXV Aprile al centro». «Tutto questo ha un sottofondo di sostegno da parte di Fondazione Charlemagne» ci racconta Alberto Urbinati. «Fanno un finanziamento diverso dal solito, non lo legano a obiettivi specifici, ma finanziano la struttura: capiscono chi sei e cosa stai facendo, e ti danno le risorse affinché tu possa farlo. È qualcosa di strutturale e sono tra i pochi che fanno questo tipo di operazione. Siamo entrati nel loro programma Periferia Capitale, al terzo anno di sostegno. È la parte, il cuore dello sviluppo che c’è stato. Senza questa possibilità non sarei riuscito a trovare un team di persone in grado di sviluppare queste professionalità».

LIBERI NANTES, DAL CALCIO ALLA COMUNITÀ

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