
MULTI 2025. DALLE NUOVE FRONTIERE DEL RAZZISMO AUTORITARIO ALLA CASA DELLE CULTURE
Dalla pubblicazione di “Cronache di ordinario razzismo. Sesto libro bianco sul razzismo in Italia” a cura di Lunaria al percorso verso una Casa delle Culture, spazio di incontro e ponte di coesione sociale, da Multi 2025 una riflessione su come costruire una risposta democratica al razzismo autoritario a partire dai luoghi in cui siamo
29 Settembre 2025
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«Il razzismo autoritario domina alle diverse latitudini, a causa del successo delle destre più radicali, dagli Stati Uniti alla Germania, all’Austria, alla Francia, all’Italia. Come costruire una risposta democratica e antirazzista, a partire dai luoghi in cui siamo?». Intorno a quest’interrogativo posto dalla moderatrice Sara Nunzi (Polo Civico Esquilino) è ruotata la discussione, prendendo spunto dalla pubblicazione di Cronache di ordinario razzismo. Sesto libro bianco sul razzismo in Italia, a cura di Lunaria. «Il razzismo riguarda tutta la società, non solo le persone razzializzate», ha continuato Nunzi, nella seconda giornata di MULTI – Viaggio alla scoperta delle culture e cotture che ci uniscono, il Festival promosso da Slow Food Roma, Lucy e Polo Civico Esquilino Poleis, con il patrocinio e il contributo della Città Metropolitana di Roma Capitale, la collaborazione con Zètema Progetto Cultura, il patrocinio del Municipio Roma 1 e AMA e il supporto di CSV Lazio e CGIL Centro Ovest Litoranea (COL) che si è appena concluso ai Giardini di Piazza Vittorio a Roma.

L’importanza delle storie e della diversificazione delle voci del giornalismo
«I libri bianchi non sono saggi accademici, ma frutto di un lavoro collettivo. All’ultima edizione hanno lavorato 20 persone, tra contestualizzazione delle azioni di razzismo quotidiano e racconti di storie», ha detto Grazia Naletto, Lunaria. «Bisogna partire dal racconto delle storie per evidenziare meccanismi che legano in modo molto stretto razzismo istituzionale, mediatico e sociale. Nel 2008-2009 abbiamo iniziato a dire che c’era un rischio di legittimazione del razzismo a partire dal governo Berlusconi 4 e dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Successivamente, questo rischio si è espresso trasformandosi nell’ostentazione della legittimità di rifiutare persone provenienti da altrove». Sul sito www.cronachediordinariorazzismo.it c’è una selezione di storie, con le quali è possibile dimostrare che si tratta di razzismo strutturale. «Perché oggi abbiamo un razzismo autoritario? Perché una delle forme che è il razzismo istituzionale, da una parte, si è caricato sempre più come processo che tende ad un uso illegale del potere, dall’altra tende a concentrarlo sempre di più», ha proseguito Naletto. «In un contesto in cui c’è uno sbilanciamento enorme di potere tra chi è discriminato e chi ha il potere di orientare il dibattito pubblico, questo sbilanciamento non è stato ridotto dall’uso indiscriminato dei social media. Queste piattaforme possono contribuire a produrre anche forme violente di razzismo. Cosa fare? Cambiare, diversificare le voci del giornalismo italiano e degli interlocutori delle testate».
Cpr: luoghi patogeni
Durante l’incontro, un focus è stato dedicato ai Cpr, i Centri di permanenza per il rimpatrio. «Quello di Ponte Galeria, a Roma, è uno dei Cpr più grandi in Italia, il più longevo come storia in Italia, l’unico con uno spazio di detenzione femminile», ha affermato Sara Marilungo (Rete Stop Cpr). «Questo Cpr è ubicato in una zona molto periferica, vicino alla Fiera di Roma, con un maggiore isolamento della popolazione detenuta e una difficoltà ad aiutare da parte delle associazioni. Alle persone detenute vengono dati psicofarmaci per cercare di controllarle, togliendo di mezzo qualsiasi supporto sanitario. I Cpr sono considerati luoghi patogeni. Se una persona entra fisicamente sana, è impossibile che ne esca sana. Ieri abbiamo chiuso i manicomi, oggi dobbiamo chiudere i Cpr», ha concluso Marilungo.
Cambiare linguaggio e guardare al di là dei confini
«Quando parliamo di razzismo autoritario, dobbiamo ricordarci che questo ha avuto esperienze coloniali a tutte le latitudini», ha detto Stefania Josè N’Kombo Teresa (Lunaria). Ad esempio, la toponomastica. C’è via dell’Amba Aradam, che si chiama così ricordando una strage coloniale che ebbe luogo nell’altopiano dell’Etiopia. Chiediamoci, perché non diciamo “è stata una Caporetto”, invece di “amba aradam”? A livello linguistico e di toponomastica, stiamo cercando di cambiare linguaggio. Il razzismo autoritario va a colpire le persone povere e razzializzate. Credo sia essenziale», ha proseguito, «guardare al di là dei nostri confini. Tra le iniziative in programma che voglio sottolineare, Refugees in Libya organizza per il prossimo 18 ottobre un presidio per mettere in discussione l’accordo Italia-Libia». «Il razzismo uccide». A parlare così è stata Enrica Rigo (Legal Clinic), all’inizio del suo intervento. «Nel mar Mediterraneo in 10 anni sono morte 32mila persone: come la popolazione di Città di Castello o un comune medio-grande in Italia. In Italia si nega il razzismo. Tra i Paesi Ocse, il nostro ha la più grande concentrazione di ricchezza familiare. L’Italia è un Paese razzista e classista».

Casa delle Culture: opportuna e necessaria
«La società civile chiede da anni uno spazio di incontro e dialogo, un “ponte” che superi le barriere linguistiche e culturali, promuovendo la conoscenza reciproca e la coesione sociale», ha detto Lorenzo Teodosio (Polo Civico Esquilino), che ha moderato il panel Per una casa delle culture: tra opportunità e necessità. «Crediamo che la cultura sia relazione e tutela del patrimonio. Pensiamo che la Casa delle Culture sia relazione tra noi e i libri che scriviamo». «Dieci anni fa riuscivamo ad organizzare degli incontri e ad essere tante persone, di un numero altissimo di nazioni diverse», ha spiegato Parisa Nazari, mediatrice culturale e attivista. Riuscivamo, senza uno spazio fisico, a fare intercultura. C’era la speranza di una Casa delle Culture, sul modello bolognese, nel quartiere Esquilino. Voglio sottolineare che l’intercultura tra la cultura del Paese che ospita e quella del Paese ospitato è fondamentale perché l’interculturalità è l’influenza reciproca che porta alla ricchezza, mentre l’integrazione è l’inserimento di un individuo all’interno di una collettività», ha concluso Nazari.
L’esigenza di regalare spazio e tempo alle giovani generazioni
«Oggi è prioritario regalare spazio e tempo alle giovani generazioni», ha detto Graziano Graziani, scrittore e conduttore Radio 3 Rai. «Se i ragazzi passano un’ora sui social, vuol dire che trascorrono un’ora a produrre reddito a qualcun altro, invece di andare in uno spazio fisico e stare insieme. Senza lo spazio non si libera il tempo. Liberare spazio è l’inizio di una cultura interclassista. Bisogna ridare vita a un circuito di possibilità culturali. Sarebbe importante tornare ad aprire spazi pubblici. Alcune delle migliori connessioni tra persone di cui sono a conoscenza sono avvenute nella caffetteria di una biblioteca. Trastevere, ad esempio, è diventato un luogo omologato, come altri quartieri: non ci sono più spazi pubblici».
«È importante parlare di Resistenza e di Resistenze, per capire cosa stiamo perdendo. Uno spazio in cui poter parlare di un periodo così importante come la Resistenza non c’è», ha detto Leda di Paolo (Anpi Esquilino Monti Celio). «Senza cultura, conoscenza, memoria non si va da nessuna parte. Sosterremo l’apertura della Casa della Memoria all’Esquilino. Recuperare relazioni, cultura, memoria, Resistenza deve essere patrimonio di tutti».
Biolghini: «La cultura è uno strumento di prevenzione contro ogni patologia sociale o di altro tipo»
«Dobbiamo pensare agli investimenti culturali come strumenti di prevenzione. La cultura è uno strumento di prevenzione contro ogni patologia sociale o di altro tipo», ha detto Tiziana Biolghini, delegata di Città Metropolitana. «È emersa con forza la necessità di una Casa interculturale. Vogliamo fare cose concrete, per questo dobbiamo portare proposte concrete e atti amministrativi. A Roma sono oltre 564mila i cittadini italiani provenienti da altri Paesi». Biolghini ha concluso annunciando: «Stiamo lavorando per aprire a Roma il 1° Centro antirazzista». «I posti fisici, anche piccoli, sono importanti: sono piccoli polmoni che generano vita a cerchi concentrici», ha detto lo scrittore Nicola Lagioia. L’importante è che si faccia, che sia una Casa delle culture o interculturale è uguale. Se a Bari, quando ero piccolo, non avessi avuto un circolo Arci non so cosa avrei fatto. Questo Festival, se non ci fossero dei luoghi fisici come il Polo Civico Esquilino, non ci sarebbe stato», ha concluso Lagioia.
