IN BICI DA ROMA ALL’ARTICO PER RACCONTARE I CAMBIAMENTI CLIMATICI

L’avventura estrema del romano Omar Di Felice. Quattromila chilometri per vedere da vicino quanto il clima stia cambiando velocemente e raccontarne gli effetti

Omar Di Felice è un ultracyclist romano, è in sella alla sua bici dai primi di febbraio per un giro del mondo artico. In questi giorni è impegnato nell’ultima parte della sua impresa, dopo aver attraversato oltre 2600 chilometri. In questo viaggio non c’è solo la prestazione sportiva, ma l’idea di trasmettere un messaggio ambientalista attraverso la bici, che ha un impatto pari a zero ed è un simbolo fondamentale della lotta al cambiamento climatico. Ha risposto alle nostre domande mentre è alle prese con il lungo attraversamento del continente americano dalle regioni dello Yukon (Canada) alla linea del circolo polare in Alaska (Stati Uniti d’America).

 

Omar Di Felice
Quello di Omar Di Felice è un percorso di 4mila chilometri, che dovrebbe concludersi intorno al 15 aprile

Qual è lo scopo della tua impresa, l’ Artic World Tour?

« Il giro del mondo artico prende il nome dalla mia volontà di fare un giro del mondo all’interno della porzione artica: definite le tre linee di confine (il circolo polare artico, la linea delle isoterme +10°C e la linea artica degli alberi), ho elaborato questi percorsi che da est, nella penisola della Kamchatka in Russia, mi vedranno arrivare al circolo polare in Alaska, negli Stati Uniti, dopo aver percorso appunto la Kamchatka, tutta la penisola della Lapponia (Russia, Finlandia, Svezia, fino alla Norvegia), le isole Svalbard, la Groenlandia e l’Islanda. È un percorso di 4mila chilometri e, tra spostamenti e varie tappe, richiederà più di due mesi. Sono partito i primi di febbraio e dovrei concludere tra il 10 e il 15 aprile. Uso il condizionale in quanto, trattandosi di un’avventura molto lunga in territori estremi, dipenderà anche dalle condizioni metereologiche. È un’impresa che si svolge in un’ambientazione invernale, pur finendo l’inverno il 21 marzo, ma si parla di condizioni climatiche abbastanza estreme, in una parte del globo in cui il cambiamento climatico è, paradossalmente, più evidente che nel resto del mondo, a differenza di quello che si potrebbe pensare. Vedete le immagini di me che pedalo nel freddo, con la faccia congelata, ma poi bisogna anche analizzare i dati. Per questo, insieme a Italian Climate Network, stiamo organizzando una serie di appuntamenti per evidenziare quanto il clima stia cambiando all’artico e quanto questo stia accadendo più velocemente rispetto al resto del mondo, con impatti che hanno effetti anche lontano dalle nostre porte di casa. Sto tenendo una serie di dirette con esperti sul clima e sulle biodiversità, scienziati, politologi: tutte persone con cui approfondisco i temi legati ai cambiamenti climatici. L’obiettivo è cercare di dare al pubblico un quadro completo, attraverso le mie avventure, da una parte andando a toccare argomenti importanti e fornendo, attraverso le varie voci, pareri autorevoli e contenuti inconfutabili e, dall’altra, cercando di sensibilizzare un po’ gli animi».

Quando i tuoi obiettivi, da sportivi e personali, sono diventati anche umani e sociali?

« Nasco come atleta, ma ad un certo punto mi sono distaccato un po’ dallo sport tradizionale per privilegiare uno sport di avventura, con attività più estreme e una sensibilità verso l’ambiente circostante. Le mie avventure si svolgono nei luoghi considerati tra i più belli del mondo, remoti, che hanno sempre una motivazione valida per essere attraversati, che è la bellezza della natura. Andando avanti, con l’aggravarsi della crisi climatica e con la maturazione, quando si passa dall’essere atleti concentrati sulla pura performance ad atleti che a quella performance collegano un aspetto divulgativo, ho iniziato a pensare come poter svolgere le mie avventure con tematiche socialmente utili. Qui è nata l’idea del progetto Bike to 1.5°C, dove la bicicletta si fa veicolo del messaggio del contenimento dell’aumento delle temperature medie entro il famoso grado e mezzo».

Omar Di Felice
Con la sua bicicletta e il progetto Bike to 1.5°C, Omar Di Felice vuole fare sensibilizzazione sul contenimento dell’aumento delle temperature medie entro il grado e mezzo

Cos’è l’ultracyclism?

«L’ultracyclism è quella disciplina che trascende un po’ dal concetto di ciclismo tradizionale, con gare dai 300 chilometri in su, percorrenze di 8-12 ore fino alle lunghe traversate e, nel mio caso, anche avventure che realizzo ogni anno in alcuni ambienti estremi come, in questo caso, quello artico, oppure grandi deserti o catene montuose. È tutto quello che va oltre il concetto di viaggio e pedalata in bicicletta, a cui viene data la connotazione di estremo. Le mie ultime attività stanno rientrando in un concetto più ampio, come dicevo, il progetto Bike to 1.5°C per promuovere un modo di spostarsi ecologico e per riflettere insieme ad alcuni esperti. In collaborazione con Italian Climate Network sto cercando di veicolare dei messaggi legati ai cambiamenti climatici e alle tematiche scientifiche con le mie lunghe pedalate. La mia avventura insieme a quest’associazione è iniziata lo scorso ottobre alla Cop26 alle Nazioni Unite, sta proseguendo in questa mia impresa e anche i progetti dei prossimi mesi ci vedranno insieme».

Da romano, quante emozioni si provano passando dal caos della Capitale al silenzio della Kamchatka e dell’Alaska?

« La città da cui vengo è un contesto abbastanza inusuale. Tutti gli atleti, gli alpinisti, gli avventurieri estremi, in bicicletta o meno, di solito provengono da località di montagna e zone più rurali, non proprio realtà cittadine. Io sono romano, ho abitato fino a poco tempo fa nel cuore del centro di Roma, da sempre ho avuto quest’ambivalenza: da una parte le mie origini, alle quali sono molto legato, dall’altra questo mio andare verso un orizzonte lontano che inizialmente non capivo quale fosse, ma che mi attirava. Forse è stato il mio vivere a Roma che ha acceso in me questa motivazione in più per andare a cercare qualcosa di molto diverso dal contesto in cui abitavo. Sento sempre forte questo contrasto tra i luoghi di allenamento e quelli in cui voglio andare a fare le mie imprese: c’è un abisso di differenza. A volte è difficile immaginare quale possa essere la vita all’artico quando sei abituato a vivere a Roma: sono passato dal caos della Capitale al silenzio più totale. È un forte contrasto che genera quelle emozioni che fanno sì che poi, in continuazione, cerchi questo tipo di avventure».

Per seguire tutte le dirette di Omar Di Felice è possibile visitare il suo canale Youtube

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