PACE. LA CITTADINANZA ATTIVA COME CURA CONTRO L’INDIFFERENZA

Il 10 ottobre si terrà la sessantesima marcia per la pace Perugia Assisi. Per ricordarci che la pace la costruiamo (anche) noi

di Federica Carlini

Il 10 ottobre si terrà la Marcia della Pace Perugia Assisi (ne abbiamo parlato qui) Il richiamo a combattere l’indifferenza e a promuovere la partecipazione e la cittadinanza attiva riecheggia dal 1961.

Il 1 Gennaio 1948 è la data che segna l’entrata in vigore della Costituzione Italiana. Dal ventennio fascista, l’Italia uscì distrutta, ma furono le donne e gli uomini della Resistenza a fissare la pietra miliare su cui si fonda il nostro ordinamento attuale: la Costituzione. I Costituenti si interrogarono a lungo sulle questioni di tipo linguistico per renderla facilmente comprensibile, affinché tutti i cittadini la sentissero propria. Era una precisa scelta di civiltà, che poneva la persona al centro di ogni dibattito dottrinale. La persona intesa nella sua singolarità, irripetibilità, unicità e dunque titolare di diritti inviolabili.

Centrale, peraltro, è la dimensione sociale dell’individuo nei rapporti civili, etico-sociali, economici e politici. La tutela della personalità umana passa anche attraverso la sua dimensione relazionale che si esplica nell’ambito dei gruppi organizzati operanti nel contesto sociale di riferimento. In tale direzione, si orienta il dettato costituzionale all’art. 2, dove è richiesto l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. In questo contesto si colloca la recente sentenza n.131/2020 della Corte Costituzionale che evidenzia la connotazione relazionale del sistema solidaristico in Italia, essendo all’origine di «una fitta rete di libera e autonoma mutualità che ha inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese, tanto da assicurare e garantire forme di inclusione sin da prima che si delineassero i sistemi pubblici di welfare».

volontariato e partecipazioneLa nostra parte di responsabilità

 A seguito della riforma del Terzo Settore, numerosi dibattiti hanno animato il mondo politico e accademico. Particolare attenzione merita il contributo offerto da Stefano Zamagni, economista e accademico, il quale nel corso della scorsa edizione delle Giornate di Bertinoro 2020 ha sottolineato il ruolo emergenziale e non additivo del Terzo Settore, ciò ad indicare come il coinvolgimento attivo dei gruppi sociali organizzati possa modificare le relazioni tra gli attori già esistenti, veicolando il passaggio da una logica del progresso regressiva ad una dinamica evolutiva di sviluppo sostenibile.

Fondamentale è la distinzione tra sfera pubblica e sfera politica, in quanto la prima viene spesso identificata con la seconda. Al contrario, nel corso del convegno è stata rilevata l’incongruità tra soggetto statale e sfera pubblica. Il pubblico si compone di una molteplicità più ampia di persone, le cui volontà si incontrano a metà strada nell’interesse esclusivo della collettività. Sono le donne e gli uomini, i giovani e gli anziani, gli italiani e gli stranieri, che ogni giorno scelgono di essere cittadini attraverso l’azione volontaria. Perché cittadini si impara ad esserlo ed è una scelta, quella dei padri costituenti e di tutti coloro che hanno a cuore il bene comune, che richiede impegno e deve essere rinnovata costantemente. Si tratta di una scelta di civiltà, volta a combattere l’indifferenza e la disaffezione verso i problemi che attanagliano il nostro tempo presente e futuro.

«[…]Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti» La testimonianza di Antonio Gramsci è emblematica della necessità di partecipazione attiva. Occorre una visione del futuro che tenga ben presenti i bisogni della società attuale. Non basta delegare alle istituzioni il compito di decidere la linea d’azione, ma occorre percorrerla insieme. Noi siamo le Istituzioni e abbiamo la nostra parte di responsabilità nella Storia.

Di ciò fu testimone Don Milani, fondatore della “Scuola di Barbiana”, dove l’insegnamento era basato sulla libertà di coscienza. Egli fu chiamato a rispondere alle accuse di laici e cattolici che si opponevano al suo operato attraverso degli scritti. «Dovevo ben insegnare come un cittadino reagisce all’ingiustizia. Come ha libertà di parola e di stampa. Come il cristiano reagisce anche al sacerdote e perfino al vescovo che erra. Come ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande: I CARE. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori. “Me ne importa, mi sta a cuore”. E’ il contrario esatto del motto fascista “Me ne frego.»

La Pace nell’Agenda 2030

La libertà non è concessa, ma connaturata alla natura umana. Dinanzi alle ingiustizie è, però, necessario attivarsi e ciò presuppone la conoscenza dei nostri diritti, dei nostri doveri e delle nostre responsabilità. Occorre domandarsi cosa possiamo fare noi in questo preciso istante, piuttosto che interrogarci su cosa poteva essere fatto diversamente dalle Istituzioni. L’altro da noi incide ben poco, se siamo noi a riempire di contenuti le scelte della politica.

Aprendo lo sguardo all’orizzonte, non basta la collaborazione dei pochi, ma è necessaria la partecipazione dei più. Pace, giustizia, istituzioni forti: questo è anche il sedicesimo obiettivo promosso dall’ONU attraverso l’Agenda 2030. L’auspicio per il futuro è, dunque, quello di impegnare in concreto ben 193 Paesi membri dell’ONU nel costruire la Pace. Affinché ciò avvenga, è necessario agire reciprocamente su più fronti, a partire dalla giustizia quale Bene comune, passando per le Istituzioni che governano i singoli Paesi membri. Non possiamo, allora, non ricordare le parole di Gino Strada, medico, volontario e fondatore di Emergency che tanto si è adoperato in soccorso delle popolazioni sotto attacco, lasciando traccia del suo operato in Italia e nel mondo: «Una promessa è un impegno, è il mettersi ancora in corsa, è il non sedersi su quel che si è fatto. Dà nuove responsabilità, obbliga a cercare, a trovare nuove energie».

Ed è proprio “Giovani Energie di Cittadinanza” il nome della rete promossa dal CSV Lazio che vede coinvolti una parte di noi giovani volontari del Servizio Civile Universale in questo anno segnato dall’incertezza dell’andamento pandemico. Vi è un punto fermo: la presa di coscienza che muove noi giovani a marciare il prossimo 10 Ottobre in occasione della Marcia Perugia-Assisi, in ricordo di Gino Strada e nell’intento di promuovere i valori di una società più pacifica, giusta e inclusiva.

PACE. LA CITTADINANZA ATTIVA COME CURA CONTRO L’INDIFFERENZA

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