
PAESAGGI MUSICALI DALLA PALESTINA: RACCONTARE UN POPOLO CON LA MUSICA
La cultura del popolo palestinese in un libro con attività didattiche pensate per la scuola italiana. È Paesaggi Musicali dalla Palestina, un’opera di comunità realizzata da 12 insegnanti. Paola Anselmi: «Questo libro è fare la nostra parte».
23 Luglio 2025
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«Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri, non dimenticare il cibo delle colombe. Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri, non dimenticare coloro che chiedono la pace. Mentre paghi la bolletta dell’acqua pensa agli altri, coloro che mungono le nuvole. Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri, non dimenticare i popoli delle tende. Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri, coloro che non trovano un posto dove dormire. Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri, coloro che hanno perso il diritto di esprimersi. Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio». Sono le parole di Mahmud Darwish, poeta palestinese, che dicono molto, moltissimo, sulla cultura e la bellezza di questo popolo. Una bellezza che oggi si vuole provare a raccontare, perché non vada perduta, perché non vada distrutta come i territori della Striscia di Gaza, perché non venga interrotta bruscamente come le troppe vite dei palestinesi in questi mesi. Per portare avanti la cultura di un popolo è nato un libro, Paesaggi Musicali dalla Palestina, a cura di Francesco Saverio Galtieri (Gesualdo Edizioni). Fa parte della collana editoriale Fare Per Capire, del Polo di Formazione Continua ed è nato in collaborazione con la Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia. Il libro propone una serie di attività didattiche per bambini e ragazzi della scuola italiana, di tutte le età: si tratta di 7 canzoni curate da 12 professori di musica. È stato presentato nella sala consiliare del Municipio Roma XII, in via Fabiola, in un incontro emozionante, dal titolo Diritto alla bellezza. «Sono sette canti, o danze, rivolti a vari anni di età, scelti per far sì che queste forme di bellezza arrivino alla scuola italiana» ha spiegato Galtieri, «Nella scuola italiana c’è un vuoto enorme. Abbiamo acceso al repertorio di origine ebraica, e non abbiamo accesso alle fonti palestinesi o arabe». Il compenso degli autori dei materiali didattici verrà devoluto al Mosaic Center di Gerico che si occupa, attraverso la realizzazione e il recupero del mosaico, di salvaguardare un’altra parte importante di quella cultura.
Raccontare la Palestina ai bambini: un gesto politico
Scrivere un libro come Paesaggi Musicali dalla Palestina, proporlo affinché venga adottato nelle scuole, insegnare la cultura palestinese ai bambini, oggi è un atto politico. «È un progetto a cui teniamo moltissimo, che raccoglie tante delle nostre esperienze in quella terra» ci ha spiegato Paola Anselmi, coautrice del libro. «Vogliamo raccontare questa cultura in forma didattica. È la cultura di un popolo che soffre, ma che ha anche una grandissima forza. Un giorno, in un taxi, un uomo mi ha detto: “se fossimo un popolo libero saremmo un grande popolo, faremmo grandi cose”. Noi vogliamo far vedere attraverso la musica questa bellezza, che ha a che fare con lo stare insieme, con il condividere. Ritrovare la bellezza per rivendicare la propria esistenza e non solo la resistenza». «Questo libro ha un valore politico importante» ha ribadito nel suo intervento, in collegamento, Anna Foa, storica e vincitrice del Premio Strega Saggistica 2025. «Serve a sottolineare che è la Palestina è un mondo di esseri umani, non un mondo di terroristi. Che è un mondo che non è destinato alla distruzione, ma un mondo destinato ad essere ricostruito».
Paesaggi Musicali dalla Palestina: canzoni cariche di speranza
Abbiamo ascoltato una di queste canzoni in arrivo dalla Palestina. Nini Ya Moumou è una ninna nanna araba. Ha origini marocchine ma viene ripresa da tutti i paesi arabi. È un canto semplice, e ogni volta diverso, perché è sempre stato affidato all’improvvisazione delle mamme. Che è un concetto molto vicino a quello della didattica, cioè la capacità di personalizzare l’insegnamento, di adattarlo al bambino. Ma quella ninna nanna, come tante delle canzoni palestinesi, colpisce per un altro aspetto. «Ha un testo in cui si racconta la realtà. Ma, nonostante questo, le parole parlano di speranza» ci spiega Paola Anselmi. «Non dicono mai “mamma non c’è”, ma “mamma sta arrivando”. “E se non sarà pronto il nostro cibo sarà pronto il cibo dei vicini”. C’è sempre un elemento di speranza, di collettività, di insieme. Che per noi è la base dell’educazione».
La storia di questo libro parte da lontano. Una tale conoscenza e un tale amore per la musica della Palestina non può che partire da una lunga e profonda frequentazione. «Nel 2003, con la Scuola Popolare di Musica Donna Olimpia, insieme ad altre scuole di Roma, abbiamo portato avanti un progetto, Note di Pace, con il Comune di Roma e l’ufficio della Pace di Gerusalemme» ci racconta Galtieri. «Abbiamo fatto una serie di missioni in Israele e Palestina, dal 2003 al 2012. Ci sono stati viaggi, contatti, tanto studio: abbiamo portato dei musicisti lì, abbiamo aiutato delle scuole di musica». «Il nostro è un legame affettivo» aggiunge Paola Anselmi. «Quando conosci profondamente un luogo ti innamori anche di quella cultura. Il nostro linguaggio principale è la musica, ed è stata questa la maniera che per prima ci ha permesso di comunicare».
La musica della Palestina: il fascino della differenza
Innamorarsi di una terra vuol dire innamorarsi della cultura e della musica. E spesso innamorarsi vuol dire cogliere le differenze, capire quello che a noi manca. «Il fascino della musica della Palestina sta nella differenza rispetto alla nostra» ci racconta Paola Anselmi. «Ci sono delle note, degli intervalli che nella nostra musica occidentale non abbiamo. C’è un quarto di tono che nella nostra musica non esiste, un suono per cui sul nostro pianoforte non c’è un tasto. Anche gli strumenti sono profondamente diversi dai nostri». «Ma c’è anche un modo di intendere la musica, di fare musica profondamente lontano dalla nostra cultura, e che invece io sento vicino da educatore» continua. «Che è quello di vivere la propria musica come un elemento quotidiano, non un elemento performante. La musica tradizionale viene insegnata da subito nei conservatori, mentre qui in Italia i musicisti snobbano un po’ la musica di tradizione».
Dobbiamo fare la nostra parte. Come il colibrì
Paesaggi Musicali dalla Palestina è un libro di comunità, scritto da 12 insegnanti. Un libro per cui non è stato facile trovare un editore che si prendesse questa responsabilità. (Gesualdo Edizioni si occupa normalmente di libri d’arte e didattici). Ma il libro sarà adottato dagli insegnanti? Sicuramente c’è una parte della cultura italiana molto vicina alla Palestina. Probabilmente un’altra parte rifiuterà questa idea. E c’è un’aria che tira, nel mondo della scuola, un’impostazione che arriva dall’alto che vorrebbe portare la scuola verso tutt’altra direzione. «L’autonomia dell’insegnamento è prevista dalla Costituzione» ci risponde Galtieri. «Ma, al di là di questo: chi è che purò dire di no a cantare una ninna nanna?». «Le indicazioni nazionali sono spesso state disattese da molti insegnanti» aggiunge Paola Anselmi. «Io credo che molti possano agire secondo il proprio sentire. Il mondo della scuola sta insorgendo verso queste indicazioni. Per spiegare il senso del libro, possiamo citare la leggenda africana del colibrì. Nella foresta scoppia un incendio. Tutti gli animali scappano e solo il colibrì resta e va a prendere una goccia d’acqua da gettare sull’incendio. Il colibrì dice “io faccio la mia parte”. E fa da esempio. Tutti i cuccioli cominciano a fare la loro parte e alla fine l’incendio si spegne. Questo libro è fare la nostra parte».
AA.VV.
a cura di
Francesco Saverio Galtieri
Paesaggi Musicali dalla Palestina
Gesualdo Edizioni,
pp. 106, € 25
Il compenso degli autori dei materiali didattici verrà devoluto al Mosaic Centre di Gerico
