POVERTÀ: SIAMO SU UN CONFINE CHE SI ASSOTTIGLIA SEMPRE DI PIÙ

Mentre il livello istituzionale non riesce a dare risposte di lungo respiro e il terzo settore si rimbocca le maniche per rispondere ai bisogni nei territori, il limite tra una vita appena dignitosa e la povertà si fa sempre più a rischio. Lo dimostrano i numeri, tra il Rapporto ISTAT 2025 e il Rapporto Caritas 2025 sulla povertà in Italia

di Giorgio Marota

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Sotto la cenere di un Paese che continua ad autoalimentare il mito del suo benessere, raccontandosi migliore di come è realmente, arde la brace della povertà. È un fuoco lento che consuma e che trascina verso la miseria un numero sempre più alto di persone. Dopo l’allarme lanciato dal rapporto Istat 2025 sulla povertà, che è arrivata a coinvolgere circa 6 milioni di persone (l’8,4% delle famiglie) in Italia, e in merito alla perdita del potere d’acquisto delle famiglie a causa dell’incremento dei prezzi di prodotti alimentari, dell’istruzione, dei servizi legati al tempo libero e dell’energia, anche la Caritas ha voluto accendere i riflettori sull’emergenza legate alle disuguaglianze sociali ed economiche.

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Aumenta il numero delle persone aiutate dalla rete Caritas

Nel suo report, l’ente della CEI ha infatti registrato 277.775 persone accolte e sostenute dai centri di ascolto e dai servizi della rete. Un numero che non smette di crescere: erano 170.803 appena dieci anni fa. Dal 2014 a oggi, il numero delle persone accompagnate è aumentato complessivamente del 62,6%, più al Nord (+77%) che al Sud (+64,7%). È una dinamica viziosa che rispecchia proprio l’andamento della povertà assoluta rilevato dall’istituto di statistica nazionale, che nello stesso arco temporale decennale registrava un +42,8% di famiglie in condizione di povertà assoluta. Gli italiani comprano meno, rinunciano a più cose, percepiscono stipendi più bassi e tra inflazioni, crisi economiche, emergenza sanitaria e tensioni geopolitiche internazionali vedono peggiorare inesorabilmente la propria condizione. Va altresì evidenziato come il 56,2% di chi ha chiesto aiuto alla Caritas è di nazionalità straniera. Parliamo di 150 mila uomini e donne provenienti da 180 Paesi, la maggior parte dal continente africano. Sono per lo più marocchini, peruviani, romeni, ucraini, nigeriani, tunisini, albanesi, senegalesi, egiziani e pakistani, mentre spiccano le componenti femminili di Georgia (l’89,1% delle assistite è donna), Ecuador, Moldavia, Repubblica Dominicana e Filippine, i principali paesi esportatori di lavoratrici nel settore domestico.

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Su un confine che si assottiglia sempre più

Se è vero che un residente su dieci vive già in uno stato di povertà assoluta, con 2,2 milioni di famiglie sul lastrico, a preoccupare sono anche quei 13 milioni di cittadini che si trovano in una situazione in bilico tra la vita appena dignitosa e il baratro. Il confine si sta assottigliando sempre di più. In tal senso, l’Italia risulta il settimo stato d’Europa per incidenza delle condizioni di rischio, dietro solamente Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania. Le diocesi, una delle anime del volontariato nei territori, rappresentano ancora una rete di protezione affidabile. Ma anche la loro sta diventando una vera e propria azione di frontiera. «Abitare le soglie, stare sul limite dove spesso la vita si frantuma e il dolore cerca voce» è la missione di Caritas Italiana, esplicitata dal suo direttore, Don Marco Pagniello. Ed è proprio in questo “stare” «che si radica una profezia, dove il profeta non è colui che indovina il domani, ma colui che sa abitare il presente con profondità, che legge i segni dei tempi restando vicino alle ferite e attese delle persone. Solo così può rispondere alla domanda che attraversa le notti della storia: “Sentinella, quanto resta della notte?” (Is 21,11). E può rispondere con la forza mite della speranza: “il mattino viene, ma è ancora notte!” (21,12)».

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Risposte di un terzo settore che si rimbocca le maniche

Nel buio dell’indifferenza, dove le risposte istituzionali al fenomeno della povertà non solo scarseggiano ma spesso somigliano a specchietti per le allodole utili sono ai fini propagandistici, si inserisce quel terzo settore che agisce rimboccandosi le mani per rispondere ai bisogni più disparati. I dati che arrivano dai territori parlano in questi termini: più di una persona su quattro aiutata da Caritas, che conta 421 centri in Toscana, 410 nel Lazio e 402 in Lombardia (le regioni coi numeri più alti), con le incidenze più alte nelle Marche (13 famiglie su 1000), in Liguria (10,9) e in Sardegna (10,6), si trova in una condizione di “disagio stabile e prolungato”. Dalla pandemia il numero di persone assistite continua a mantenersi su livelli record. Dopotutto, all’erosione del potere d’acquisto si è aggiunto l’andamento con segno negativo delle retribuzioni: dal 2019 al 2024 i salari in Italia calati del 4,4%, a fronte del -2,6% della Francia e -1,3% della Germania. Se si estende l’analisi a un orizzonte più ampio, partendo dalla crisi del 2008, la perdita complessiva del potere d’acquisto salariale in questo Paese raggiunge l’8,7%: nessuno, tra i membri del G20, ha fatto peggio.

Quattro categorie di esclusione

Nel 2024 l’età media delle persone accompagnate nei percorsi Caritas raggiunge i 47,8 anni di media (54,6 gli italiani, 42,9 gli stranieri), confermando un trend: anche la popolazione fragile sta invecchiando. Tra gli assistiti, il livello di istruzione – uno degli strumenti fondamentali per promuovere l’inclusione e ridurre la disuguaglianza – risulta marcatamente basso: quasi uno su due è in possesso soltanto della licenza media inferiore. Caritas ha individuato nella sua analisi quattro categorie di grave esclusione: le persone senza tetto, quelle cioè con un domicilio di fortuna, che dormono ad esempio in macchina o nei dormitori, le persone prive di una casa che stanno in centri di accoglienza, in alloggi temporanei o sono in attesa di essere dimesse da strutture come carceri o ospedali, le persone che vivono in condizione di insicurezza abitativa, ospiti di qualcuno o in alloggi occupati e le persone che vivono in condizioni inadeguate, vedi le roulotte in campi non autorizzati o in edifici non corrispondenti alle norme edilizie. Più di una persona su cinque che ha ricevuto assistenza rientra in una di queste forme di esclusione abitativa. E tra loro, il 48% è senza tetto.

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Nel Lazio il numero più alto di uomini aiutati

Le misure che le istituzioni hanno previsto per sostenere la marginalizzazione economica, come detto, non sono sufficienti a garantire stili di vita dignitosi ai poveri. L’abolizione del reddito di cittadinanza, sostituito con l’assegno di inclusione (ADI) e il supporto per la formazione e il lavoro (SFL) si sta rivelando una mossa controproducente anche secondo gli esperti di Caritas. Numeri alla mano, l’ADI copre appena 760 mila nuclei familiari, per un totale di 1,8 milioni di persone, mentre l’SFL appena 68 mila. Solo 6 nuclei su 10 che percepivano il reddito ora sono rientrati in queste nuove forme di assistenza. E se i poveri aumentano, significa che non sono stati tagliati fuori dalla misura solo i furbetti. Agli atti del report resta un dato di fatto: chi si rivolge a Caritas lo fa perché vive soprattutto una condizione di povertà economica legata a un reddito insufficiente o all’assenza totale di entrate, come avviene nel 78,5% dei casi. Poi c’è chi ha problemi di occupazione (44,9%), abitativi (23,1%), di salute (14,6%), familiari (13,8%), legati all’immigrazione (10,4%), di istruzione (8,4%), di disabilità (3,3%), di giustizia (3,2%) o di dipendenze (3,1%). Sette persone su dieci chiedono l’accesso a beni e servizi essenziali, ed è un grido d’aiuto. Cibo, letti, acqua, medicine, parole di conforto: non cercano l’extra, ma il necessario. Nello specifico: 3,8 milioni di erogazioni di beni e servizi materiali, 447 mila accoglienze, 304 mila ascolti, 240 mila attività di sostegno socio-assistenziale, 75 mila interventi sanitari, e così via, per un totale di 5 milioni di prestazioni in un anno. In Campania c’è il numero più alto di donne aiutate (60,5%), nel Lazio quello di uomini (54,5%), in Lombardia quello di stranieri (66,8%) e in Sicilia di italiani (71,9%). È proprio vero che la povertà non conosce confini.

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