
POVERTÀ, SIT-IN A ROMA: «IN ARRIVO UNA FINANZIARIA DI SANGUE»
Rete dei numeri pari, Stop ReArm e altre organizzazioni insieme in piazza il 17 ottobre per denunciare la risposta inadeguata del governo di fronte all’aumento della povertà. Mazzoni: «Questa è solo la prima manifestazione»
20 Ottobre 2025
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Si sono dati appuntamento il 17 ottobre in Piazza Capranica, vicino ai palazzi della politica, per ricordare lo scandalo della povertà proprio nella Giornata mondiale istituita 32 anni fa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per combatterla. Un obiettivo lungi dall’essere raggiunto, secondo la Rete dei numeri pari che, come ogni anno, ha organizzato un sit-in di protesta in questa data. E che ci tiene a sottolineare che la situazione in Italia è fortemente peggiorata. «Da più di 15 anni non sembra esserci alternativa all’attuale stato di cose», rimarca la Rete dei numeri pari, organizzazione inizialmente promossa dal Gruppo Abele che oggi riunisce al proprio interno centinaia di realtà sociali diffuse in tutta Italia e accomunate dall’obiettivo di garantire i diritti sociali e civili delle persone più vulnerabili.

Dalle fonti ufficiali una fotografia della povertà mai vista prima
«I dati Istat, Censis, Eurostat e Svimez denunciano un peggioramento mai visto prima nelle serie storiche del nostro Paese», segnalano i promotori dell’iniziativa, affiancati da Rete Stop ReArm, Rete No Ddl Sicurezza e Rete No Bavaglio. I numeri parlano chiaro: in Italia sono 5 milioni e 750mila le persone in povertà assoluta, di cui più di 1,2 milioni minorenni. La precarietà lavorativa colpisce 7 persone su 10, mentre i lavoratori poveri sono 4 milioni, la maggior parte dei quali donne e giovani. Dei 2 milioni e 500mila famiglie in precarietà abitativa, ogni giorno 150 vengono sfrattate per morosità incolpevole. Le famiglie che non si possono più curare sono, invece, 2 milioni e 100mila, mentre 4 milioni e 500mila nuclei familiari devono decidere se indebitarsi per farlo. Non va meglio per la dispersione scolastica che colpisce un giovane su cinque, con punte di 1 su 3 al Sud. E l’analfabetismo di ritorno è a quota 33%. «In assenza di politiche sociali adeguate, continua ovunque a crescere il welfare sostitutivo mafioso, così come aumentano i reati spia», ovvero quei reati che, come gli atti persecutori, i maltrattamenti contro i familiari e i conviventi e le violenze sessuali, sono ascrivibili alle violenze di genere. «Crescono anche le disuguaglianze di genere a causa dei tagli del governo che hanno portato alle chiusure dei consultori e dei centri antiviolenza, nonostante in Italia una donna su tre subisce violenza e si verifica un femminicidio ogni tre giorni», proseguono gli esponenti della Rete.
Elena Mazzoni: «Ci attende una finanziaria di sangue»
«Questa mobilitazione è solo la prima», dice a Reti Solidali Elena Mazzoni di Stop ReArm Roma e Rete dei numeri pari. «Ci attende una finanziaria di sangue sia in termini economici che in termini bellicisti, perché le armi una volta prodotte verranno anche utilizzate». Nonostante l’aumento della povertà e le sollecitazioni delle Nazioni Unite – sottolinea ancora la Rete dei numeri pari – la legge di bilancio attualmente in discussione riduce i fondi per sanità e welfare, abolisce il reddito di cittadinanza, che pur con tutti i suoi difetti rappresentava l’unica misura di sostegno per centinaia di migliaia di persone, cancella gli aiuti per la casa, introduce una riforma del lavoro che peggiora precarietà e sfruttamento, incrementa le spese militari, non stanzia le risorse necessarie per affrontare la crisi climatica, continua a destinare i fondi del PNRR a grandi opere inutili e insostenibili, che non garantiscono né giustizia sociale né tutela ambientale. «Una legge di bilancio pessima, ingiusta e inadeguata, condizionata dalla necessità di coprire gli interventi del 2024, che promuove misure che favoriscono la concentrazione della ricchezza in poche mani, aumentando disuguaglianze e precarietà. Lo fa senza aver ascoltato i punti di vista, i bisogni e le proposte dei soggetti sociali che da anni sono impegnati nel Paese per i diritti di milioni di persone che vivono sulla loro pelle gli effetti della crisi amplificata da politiche inadeguate».

Povertà e riarmo: il nesso c’è e si vede
«In Italia, tra assoluta e relativa, la povertà colpisce già oltre 14 milioni di persone: anche per questo l’investimento sull’economia di guerra viene respinto dalle reti che promuovono il sit-in», prosegue Mazzoni, sottolineando il nesso che intercorre tra due fattori solo apparentemente distanti e indipendenti: riarmo e povertà. «Dopo l’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle, l’Europa ha iniziato una politica di riarmo. Negli stessi anni la povertà è aumentata e oggi le persone sulla soglia della povertà estrema in Europa sono quasi 24 milioni». Il piano di riarmo europeo si articola in tre fasi, racconta l’attivista. «La prima prevede un fondo denominato Safe da 150 miliardi di euro, le cui modalità di finanziamento non sono ancora chiare», spiega Mazzoni. «Questo fondo ricade sotto la gestione esclusiva della Commissione, senza il controllo del Parlamento Europeo. La seconda componente, che ammonta a 650 miliardi sui complessivi 800 previsti, viene finanziata attraverso manovre fiscali presentate fino a oggi come impraticabili. Questo significa che gli spostamenti di bilancio necessari per investire in sanità, scuola, sicurezza sul lavoro e mobilità sostenibile non saranno più possibili. La terza componente attinge, infine, a fondi già esistenti ma non ancora utilizzati, compresi quelli destinati alla coesione e allo sviluppo territoriale, e a parte delle risorse del Next Generation EU. Questi fondi possono essere dirottati verso il riarmo, quindi anche le misure di sostegno che offrivano un minimo di sollievo alla situazione attuale rischiano di essere riconvertite, sia pure indirettamente, in spesa militare».
L’Agenda Sociale come strumento per combattere povertà e diseguaglianze
Un’alternativa possibile per combattere povertà e diseguaglianze è l’applicazione dell’Agenda Sociale, promossa dalla Rete dei numeri pari e sottoscritta da centinaia di realtà sociali. L’Agenda indica come urgente cambiare il modello di sviluppo, abbandonando l’idea di una crescita economica infinita, per promuovere lavoro di qualità, giustizia sociale e tutela ambientale. Divisa in sette punti, l’Agenda abbraccia molti temi diversi, tra cui l’utilizzo e il rafforzamento del reddito di cittadinanza e la riforma del welfare, l’istituzione del salario minimo, la riconversione ecologica inclusiva, equa e partecipata, l’uso della co-programmazione e della co-progettazione, l’istituzione delle consulte sui beni confiscati, lo stop dell’autonomia differenziata, politiche sulle migrazioni e l’accoglienza improntate a una maggiore solidarietà.
