
VILLAGGIO SPORTIVO DELL’ESERCITO AL QUARTICCIOLO, POLO CIVICO: «LO SPORT IN PERIFERIA È UN IMPEGNO QUOTIDIANO»
Palestra Popolare Quarticciolo ha risposto con una petizione ancora attiva su change.org e un allenamento collettivo all’iniziativa dell’Esercito italiano nella parrocchia di via Manfredonia. Vicari (Polo civico): «Solo uno spot, mentre il quartiere attende le opere annunciate da Comune e governo». Baglivi (Cemea): «Reprimere non è mai la soluzione»
25 Ottobre 2025
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Un allenamento collettivo a cielo aperto nella struttura della piscina comunale abbandonata esattamente dieci anni fa. Così, martedì 22 ottobre, gli attivisti della Palestra Popolare del Quarticciolo hanno voluto rispondere al Villaggio sportivo allestito dall’Esercito italiano nell’oratorio della parrocchia Ascensione di Nostro Signore di Via Manfredonia per promuovere l’incontro tra i ragazzi delle scuole primarie e medie con lo sport. Un’iniziativa di cui gli attivisti e i volontari del quartiere sono venuti a conoscenza più o meno per caso dai genitori degli istituti comprensivi “Sesami” e “Ghini” coinvolti nell’iniziativa. E che, alla vigilia della manifestazione, hanno deciso di lanciare una petizione promossa dalla Palestra Popolare Quarticciolo e che ha tra i primi firmatari oltre 50 realtà sociali tra cui varie sezioni locali dell’Anpi a dell’Arci, Fillea Cgil Roma e Lazio, Cemea del Mezzogiorno, Nonna Roma e Polo civico Esquilino. Si educa senza le armi, si fa sport senza fare spot, non c’è riqualificazione dove si sfratta, questo il nome della petizione ancora in corso su change.org, che ha registrato finora oltre 500 adesioni e nella quale si parla di «un’iniziativa grave e preoccupante, legata all’applicazione del decreto emergenze, estensione del modello Caivano»: il piano, aspramente contestato dalla locale società civile, redatto alla fine dello scorso anno dal commissario Fabio Ciciliano per promuovere legalità e sicurezza all’interno di cinque aree italiane considerate particolarmente a rischio, tra cui appunto il Quarticciolo.

Fare sport in periferia non vuol dire allestire una struttura che dura un solo giorno
«L’allenamento di pugilato organizzato dalla Palestra popolare Quarticciolo si è svolto a pochi metri dal Villaggio sportivo, mettendo in evidenza il forte contrasto tra le attrezzatture allestite dall’esercito e i luoghi dove effettivamente i ragazzi e le ragazze del territorio potrebbero fare sport ogni giorno, e invece sono completamente abbandonati dall’amministrazione», commenta Pietro Vicari, attivista del Polo Civico Quarticciolo. «Perché un Villaggio dello sport montato la mattina e smontato la sera rappresenta solo un grande spot, un momento mediatico per dimostrare che, grazie all’impegno del governo, i bambini di un quartiere disagiato come il Quarticciolo possono fare attività sportiva». A sentire gli attivisti, inoltre, l’iniziativa sarebbe stata comunicata alle scuole e alle famiglie con una settimana scarsa di preavviso, «con un meccanismo di “precettazione” alla partecipazione», senza coinvolgere le realtà sociali del territorio. «Fare sport in periferia», si legge nella petizione, «per noi è un impegno quotidiano che portiamo avanti con passione e sacrificio da 10 anni. Allestire un Villaggio sportivo che scomparirà il giorno successivo e che costerà decine di migliaia di euro, mentre il quartiere è ancora in attesa delle opere annunciate dal Comune e dal governo, fra cui la riapertura della piscina di via Trani e del campo da calcio di via Prenestina, non è altro che uno spot».
Finita la festa, torna la realtà difficile dell’abbandono e degli sfratti
«Sono stati spese decine di migliaia di euro per montare gazebi, portare generatori e montare materassi gonfiabili, ma a sera la borgata è tornata a essere il luogo abbandonato dalle istituzioni che purtroppo è da molto tempo», prosegue Vicari. «Al di là di questi eventi mediatici, la quotidianità di quel quartiere è fatta dagli sfratti: proprio la settimana scorsa sono state lasciate sulla strada persone disabili o con gravi fragilità sociali». A pochi metri dalla parrocchia Ascensione di Nostro Signore dove è stato allestito il Villaggio, hanno denunciato le associazioni, due donne sono state sfrattate alla presenza delle forze dell’ordine: una aveva dei minori a carico, l’altra conviveva con una disabilità, ma a nessuna delle due è stata prospettata una qualche soluzione abitativa.
Cemea del Mezzogiorno, interazione sì, non azioni che cadono dall’alto
Di interventi di militarizzazione e repressione parla invece Sara Baglivi del Cemea del Mezzogiorno, realtà che opera nel campo dell’educazione attiva, da sempre impegnata nella zona del V Municipio, all’interno del quale si colloca anche il Quarticciolo. «Nei tempi che stiamo vivendo – con il genocidio in corso in Medio Oriente e la guerra in Ucraina – è chiaro che si tratti anche di una propaganda militarista», spiega. «La scelta di un quartiere come il Quarticciolo rende tutto ancora più complesso: ripropone l’approccio che il governo sta attuando, usando la repressione per risolvere i problemi dei territori più fragili e complessi. E per chi si occupa di educazione come noi, la repressione non è mai una strada apprezzabile, percorribile o auspicabile». Sarebbero, invece, di tutt’altro tipo gli interventi utili per un quartiere come il Quarticciolo, dove esistono sì problemi di marginalizzazione ed esclusione sociale, ma anche un reticolato di organizzazioni più o meno formalizzate della società civile, che presidiano quotidianamente il territorio. «Dal punto di vista di chi vive la comunità educante», prosegue Baglivi, «sarebbe necessario interagire con le persone che vivono nel quartiere, costruendo dei percorsi educativi pensati non solo in un’ottica di sostegno, ma che siano in grado di valorizzare effettivamente la comunità. Perché noi del Cemea non ci sentiamo chiamati a ripulire il cosiddetto “degrado”, definizione dalla quale prendo apertamente le distanze, ma ci muoviamo all’interno delle dinamiche del quartiere, attivando processi positivi insieme a tutte le persone, le associazioni e gli enti del territorio. Non è una questione di inclusione», conclude, «ma di condivisione di buone pratiche e di co-costruzione di processi positivi».
Immagini Quarticciolo Ribelle






