REFERENDUM CITTADINANZA. IDOS: A RISCHIO ESCLUSIONE FINO A 700MILA PERSONE

Se vincesse il SI, potrebbero diventare italiani più di 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti, ma altri 700mila rischierebbero l’esclusione tra burocrazia e reddito. Di Sciullo: «Mentre il Paese inanella record negativi, oltre 1 milione di minori stranieri, quasi tutti in Italia dalla nascita, ancora non accedono alla cittadinanza».

di Laura Badaracchi

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Nel Lazio si stimano oltre 168mila cittadini non comunitari, di cui 26.200 minorenni, potenziali beneficiari della riforma referendaria sulla cittadinanza che porterà alle urne i prossimi 8 e 9 giugno 2025. Lo calcola il Centro studi e ricerche IDOS, che ha studiato i possibili effetti del quesito: se vincesse il SI, potrebbero diventare italiani più di 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia – tutti titolari di un permesso di soggiorno di lunga durata – e un quinto sarebbe under 18, ma altri 700mila migranti rischierebbero di restare esclusi solo perché “troppo poveri”. Infatti i potenziali beneficiari risultano complessivamente 1 milione e 420mila cittadini non comunitari: 1 milione e 136mila adulti e 284 mila minori, «dei quali 229mila soggiornanti di lunga durata e 55mila che, pur non avendo maturato in proprio il requisito minimo previsto dalla riforma, diventerebbero italiani per automatica trasmissione della cittadinanza da parte dei genitori che si saranno naturalizzati grazie alla modifica referendaria».

Referendum cittadinanza: i potenziali beneficiari

 Ricorda Luca Sciullo, presidente dell’IDOS, sul referendum cittadinanza: «il quesito referendario chiede che sia abrogata la disposizione contenuta nella legge 91/1992 (art. 9) in base alla quale un cittadino straniero può acquisire la cittadinanza italiana per naturalizzazione dopo 10 anni di residenza continuativa nel Paese, riportando così il limite a 5 anni, come era già previsto nella legge precedente (varata nel 1912 e rimasta in vigore per 80 anni)». Rispetto alle prime proiezioni dei promotori del referendum, riguardanti «una platea generica di potenziali beneficiari, la stima di IDOS ne quantifica la quota più probabile, partendo dagli immigrati con permesso di soggiorno di lunga durata, che a fine 2023 erano 2.139.000, di cui 347mila minori». Escludendo i cittadini di Paesi Ue, «non toccati dalla riforma perché possono già richiedere la cittadinanza italiana dopo soli 4 anni di residenza, la stima dei potenziali beneficiari effettivi decurta dal computo anche una consistente quota di cittadini dei 50 Paesi non Ue la cui legislazione non consente la doppia nazionalità, tra i quali figurano Stati come la Cina, l’Ucraina e l’India, che contano collettività piuttosto numerose in Italia. Molto presumibilmente, infatti, costoro saranno meno propensi ad acquistare la cittadinanza italiana, sapendo che ciò comporta l’automatica rinuncia a quella della propria patria». Calcolando che si tratta di 509mila soggiornanti, di cui 72mila minori, «e ipotizzando che solo il 15% di essi sia disposto a rinunciare alla cittadinanza del proprio Paese d’origine per acquisire quella italiana, il numero di quanti non cambierebbero nazionalità sarebbe di circa 433mila, inclusi 61mila minorenni. Al netto di costoro, i potenziali beneficiari della riforma della cittadinanza scendono così a 1.706.000, di cui 286mila minori: un numero che costituisce l’ipotesi massima della stima».

referendum cittadinanza
Secondo lo studio IDOS se vincesse il SI, potrebbero diventare italiani più di 1 ogni 4 stranieri regolarmente residenti in Italia

Un diritto limitato da reddito e burocrazia

Tuttavia «una delle più importanti barriere che limitano l’accesso alla cittadinanza italiana resta la debole situazione economica della popolazione straniera. Il referendum, infatti, non modifica gli altri requisiti necessari per la naturalizzazione, tra cui (oltre alla conoscenza della lingua e all’assenza di condanne penali) il possesso di un reddito adeguato: una condizione che – in base ai dati Istat sulla popolazione a rischio di povertà e di esclusione sociale – anche con il successo del referendum non sarebbe soddisfatta da un’ampia fascia di stranieri residenti: fino a 700mila persone nell’ipotesi massima». Inoltre il costo per avviare la pratica «è stato recentemente aumentato fino a un massimo di 600 euro a testa: la Legge di bilancio 2025 lascia ai Comuni la scelta di aumentare la cifra fino a questo importo limite, che diversi Enti locali hanno già deliberato di applicare. Una situazione che rende quello alla cittadinanza per naturalizzazione un diritto limitato di fatto attraverso una discriminazione indiretta basata sul censo», denuncia il report. Senza dimenticare che «la legge prevede un tempo di lavorazione della domanda di cittadinanza pari a 24 mesi, prorogabili fino a un massimo di 36, ai quali possono aggiungersi ulteriori 6 mesi per il completamento della procedura di giuramento, a partire dalla data di notifica. Una circostanza che, al periodo di residenza necessario per accedere alla naturalizzazione, aggiunge un ulteriore consistente tempo di attesa (fino a 3 anni e mezzo aggiuntivi, al netto di ulteriori ritardi burocratici) per ottenerla effettivamente», osserva il report di IDOS.

Di Sciullo: «In un Paese con una politica attenta non ci sarebbe stato bisogno di un referendum»

Per Di Sciullo, «in un Paese civile e con una politica attenta a quel che succede nella realtà non ci sarebbe stato bisogno di un referendum per varare questa modifica legislativa sulla naturalizzazione. Basterebbe constatare che la popolazione italiana diminuisce in media di oltre 300mila unità all’anno, tra decessi che surclassano le nascite e l’incremento dell’emigrazione all’estero, e che negli ultimi 5 anni l’Italia ha inanellato altrettanti record negativi, arrivando al minimo storico di appena 370mila nascite nel 2024, mentre oltre 1 milione di minorenni stranieri, quasi tutti in Italia dalla nascita, e altrettanti adulti che risiedono da almeno 5 anni nel Paese, ancora non accedono alla cittadinanza italiana».

In copertina immagine IDOS

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