
SALVAMAMME: «NON INVENTIAMO NIENTE, AIUTIAMO LE MAMME, I BAMBINI, LE FAMIGLIE»
In oltre 25 anni Salvamamme ha aiutato più di 12mila donne e 20mila bambini raccogliendo storie di maternità difficili, famiglie in difficoltà, violenza di genere. Ma anche di voglia di impegno e concretezza. Salvatori. «Cerchiamo di rispondere ai problemi che emergono, ideando progetti sulla base delle richieste che arrivano di volta in volta».
16 Agosto 2025
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Varchi la porta e ti trovi in un capannone stracolmo di oggetti di tutti i tipi: scatole, abiti, giochi, alimenti per l’infanzia e tante, tantissime valigie. Siamo in Via Antonio Pacinotti, a poche centinaia di metri da Piazzale della Radio, nella sede di Salvamamme, l’associazione che ha fatto dell’economia circolare uno strumento potente per sostenere le donne alle prese con una maternità difficile. E della filosofia del riuso, riciclo e recupero una leva per l’emancipazione di quelle stesse madri, spesso troppo sole per poter affrontare problemi più grandi di loro. Questo magazzino di 700 metri quadrati, pieno di volontari all’opera anche nei giorni feriali, nell’anno del Giubileo è stata ed è una delle organizzazioni di accoglienza dei pellegrini del progetto Vol.A in Rete realizzato da CSV Lazio e Forum Terzo Settore Lazio e promosso dal Dipartimento Protezione Civile e il Dipartimento Politiche Sociali e Salute di Roma Capitale. «Durante il Giubileo siamo stati operativi tutti i giorni dal lunedì al venerdì e nei weekend durante gli eventi giubilari», spiega Gabriella Salvatore, responsabile dei rapporti con le aziende. «Siamo stati e siamo un punto di riferimento per le famiglie con bambini che hanno qualche esigenza particolare, come una visita medica o anche un semplice cambio di abiti per i loro piccoli. Le famiglie in difficoltà possono contattarci e noi, come sempre, siamo pronti a rispondere».

L’urgenza di una risposta concreta
Salvamamme è nata alla fine degli anni Novanta sull’onda di una serie di fatti di cronaca, purtroppo tuttora attuali: il ritrovamento di neonati abbandonati nei cassonetti. «Lo sconcerto spinse un gruppo di cittadini e professionisti romani a mobilitarsi», racconta Salvatore. «Ma non volevano organizzare convegni e tavole rotonde, l’obiettivo era fare qualcosa di concreto. Così architettarono una campagna d’informazione in più lingue sulla possibilità di partorire in anonimato, affiggendo volantini sui cassonetti». Di questo gruppo faceva parte anche Grazia Passeri, la fondatrice e attuale presidente di Salvamamme, che aprì una sorta di sportello informale nella sua abitazione nel quartiere della Balduina. «Tuttavia, col tempo le scale del condominio cominciarono a riempirsi non di donne intenzionate a partorire in anonimato, ma di future mamme che chiedevano una mano per poter crescere i propri bambini». È da questa richiesta che nacque l’idea di fondare un’associazione che fornisse alimenti speciali, visite pediatriche e supporto pratico alle madri in difficoltà. «Via via sono nati molti progetti per sostenere le donne, come i corsi per l’allattamento materno troppo spesso scoraggiato dagli stessi pediatri, solo per fare qualche esempio», sottolinea Salvatori. «Salvamamme non si inventa niente, cerca solo di rispondere ai problemi che emergono, ideando progetti sulla base delle richieste che arrivano di volta in volta». E molti progetti nel corso degli anni sono nati da urgenze concrete, come Diritto di poppata, un progetto nato dalla storia di Stella, una bambina alimentata con tè e patate schiacciate perché i genitori non si potevano permettere il latte speciale.
Corredini, alimenti per neonati e una valigia di salvataggio
«Negli anni, l’utenza di Salvamamme è cambiata e, in luogo di donne singole, alle porte dell’associazione hanno cominciato a presentarsi sempre più nuclei familiari», prosegue. «Un cambiamento che si è amplificato nel periodo del Covid, quando a ritrovarsi in difficoltà sono state anche famiglie che non avevano mai avuto problemi e che, improvvisamente, avevano visto azzerarsi il conto in banca». Grazie a una rete fatta di circa 300 enti e associazioni che inviano segnalazioni e richieste, in oltre 25 anni di attività l’associazione ha aiutato più di 12mila donne e 20mila bambini e ogni anno fornisce il corredino, la carrozzina e il latte in polvere a 1.000 nuovi nati. Nel 2014 Salvamamme ha ampliato il suo raggio di azione alle donne vittime di violenza. Ancora una volta sono stati i fatti reali a sollecitare l’intervento. Troppe, infatti, erano le mamme che arrivavano alle porte dell’associazione in fuga da mariti e compagni violenti. Così è nato il progetto La Valigia di salvataggio. «Per anni e anni di valigie senza nome ne uscivano, dalla nostra sede, una sessantina ogni dodici mesi, su richiesta di forze dell’ordine, avvocati, familiari. Ora ne escono centinaia e centinaia all’anno», scrive la presidente Grazia Passeri sul sito dell’associazione. Ogni valigia è personalizzata, ma generalmente contiene effetti personali come abbigliamento, biancheria, prodotti per la cura della persona. E poi ci sono le valigie dei bambini, piene di giochi, oltre che di generi di prima necessità. «Non sempre una casa protetta sarà disponibile subito», scrive ancora Passeri. «La nostra è un’attenzione allo stato delle cose e un intervento immediato, diretto, concreto. Questo vuol essere il progetto della Valigia: affrontare un’emergenza nella quale il rischio per una vita umana è sempre dietro la porta. Coprire quelle ore, i pochi giorni che servono per accedere a una casa protetta».

Anna: «Sono arrivata 20 anni fa e da allora non sono più andata via»
A sostenere l’associazione ci sono un centinaio di volontarie e volontari, tra cui alcuni professionisti, come avvocati, psicologi e pediatri, sempre utili quando si tratta di madri in difficoltà. Altri, invece, si dedicano soprattutto alla logistica. Mettono insieme i corredini e le valigie, tengono in ordine il magazzino, consegnano i beni, organizzano i negozi all’aperto per fornire un nuovo guardaroba alle donne che non possono permetterselo nel periodo del cambio di stagione, rispondono al numero verde sul parto in anonimato realizzato insieme all’ospedale Umberto I. Venti anni fa Anna Pagni è arrivata da Salvamamme quasi per caso. All’epoca l’associazione aveva appena aperto la propria sede in un piccolo appartamento nel quartiere della Balduina. «Mi avevano invitato all’inaugurazione», racconta. «Sono entrata in quell’appartamento e da allora non sono più uscita». In quegli anni Anna ancora lavorava come cancelliera. Abitava in zona e, dopo essere uscita dal tribunale, passava spesso in associazione. «Eravamo tre volontarie», ricorda. «Preparavamo i corredini in cucina e poi accoglievamo le mamme. Non facevamo le cose in grande come ora». Oggi Anna ha 75 anni ed è pensione dal 2013. Da allora trascorre la maggior parte del suo tempo a Salvamamme, anche se ormai la sede è dall’altra parte di Roma. È diventata la responsabile dei volontari e dà una mano nell’amministrazione. Però è quando parla delle cose concrete che si anima. «Abbiamo organizzato anche Nonna Boutique», ci tiene a sottolineare, «un progetto per le signore anziane a basso reddito. Due volte l’anno possono venire a rinnovare il guardaroba, scelgono vestiti, maglie, borse, tutto quello che desidero».
Francesca: «Inviavo a Salvamamme i ragazzi con disabilità in alternanza scuola-lavoro. Oggi sono una volontaria»
Anche Francesca Diano è una volontaria. Era una funzionaria del Comune di Roma e ha conosciuto Salvamamme perché si occupava dei ragazzi disabili che partecipavano ai programmi di alternanza scuola-lavoro. Molti erano ragazzi nello spettro autistico e per loro non era facile identificare la situazione giusta, ma in associazione si trovavano bene e riuscivano sempre a ritagliarsi un ruolo. «Poi lo scorso maggio sono andata in pensione la e ho cominciato a fare volontariato», dice. «Una volta che entri qui, ci rimani», commenta. In Via Pacinotti, Francesca continua a seguire i ragazzi con disabilità, che vengono a fare esperienze formative. C’è Alessandro che richiede molte attenzioni ma è sempre disponibile a dare una mano. E Federico che continua ancora a frequentare l’associazione anche se il percorso di alternanza scuola-lavoro lo ha concluso tre anni fa. «Trasporta e sistema i pacchi, aiuta a smistare e, soprattutto, scrive le etichette», aggiunge Francesca. Del resto, tra aziende e privati da queste parti di merci ne arrivano veramente tante. Solo l’8 marzo sono stati raccolti 400 trolley, ora esposti in bella vista lungo le pareti. Si spera che non diventino altrettante valigie della fuga. Ma se anche dovesse accadere, Salvamamme sarà sempre pronta a offrire un aiuto a tutte le donne in difficoltà.
Immagini Salvamamme
