SUICIDI IN AUMENTO: DEFINIRE UN PIANO DI PREVENZIONE NAZIONALE

In Italia i suicidi sono in aumento, un aumento, secondo i dati Istat, trasversale tra le fasce d'età. Pompili: «Preoccupa il rischio negli adolescenti, con un aumento dei disturbi dell’umore causati anche dal confronto con i modelli visti sui social: tutto è enfatizzato emotivamente e si è soli per la carenza di reti sociali, con un’immagine inadeguata del proprio corpo»

di Laura Badaracchi

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Sono circa 700mila i suicidi nel mondo ogni anno, una delle cause principali di morte tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. In Italia, secondo i dati Istat del 2021 (ultimo anno monitorato), i suicidi sono stati 3.870, a fronte dei 3.748 del 2020: un aumento che si riscontra in tutte le fasce d’età, a eccezione dei 50-64enni, più elevato tra gli under 49, in particolare fra i 15 e i 34 anni (+16%). Cambiarne la narrazione e costruire percorsi di sensibilizzazione e di lotta allo stigma sono i temi al cuore del Convegno internazionale di suicidologia e salute pubblica, svoltosi il 18 e 19 settembre presso il rettorato dell’università La Sapienza di Roma. L’evento è stato promosso, come ormai da tradizione, dal Servizio per la prevenzione del suicidio che opera presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria S. Andrea di Roma (in connessione con le Facoltà di Medicina e Psicologia de La Sapienza).

suicidiSuicidi: politiche di prevenzione non solo in ambito sanitario

«Il suicidio si conferma come la risultante di molti fattori: genetici, biologici, individuali e ambientali. Si tratta quindi di un fenomeno multifattoriale, spesso di un’intersezione fra disturbo mentale che destabilizza ed è terreno fertile, unito a sconfitte, umiliazioni, eventi avversi… I dati più recenti segnalano un aumento del numero dei suicidi, forse anche dovuto all’effetto della pandemia che si è sommata alle fragilità già esistenti in alcuni individui», sottolinea il professor Maurizio Pompili, direttore scientifico del Servizio. Come indica anche l’Organizzazione mondiale della sanità, «la malattia psichiatrica non è l’unico fattore di rischio, pertanto le politiche di prevenzione del suicidio non possono essere confinate al solo ambito sanitario ma devono tener conto anche dei potenziali fattori di rischio a livello di contesto sociale, economico e relazionale. E devono essere considerati anche gli effetti destabilizzanti sulle persone con le quali il suicida era in relazione, i cosiddetti survivor», aggiunge. A loro il professore ha dedicato il suo volume appena uscito per i tipi di Carocci, Quelli che restano. Vivere dopo il suicidio di una persona cara. «Un tema per alcuni versi misconosciuto e per altri circondato da false credenze o stigma nei confronti dei survivors, una popolazione vasta e ancora poco conosciuta. Oltre ad affrontare la disperazione e la perdita, queste persone (anche bambini) devono fare i conti con l’impatto sul loro benessere a casa, nei luoghi di studio e di lavoro», scrive Pompili.

 

Tre linee di intervento per una prevenzione efficace del suicidio

Nonostante la prevenzione del suicidio sia stata individuata come obiettivo prioritario dai maggiori organismi internazionali, e che le sia dedicata la giornata del 10 settembre per la sensibilizzazione, «solo pochi Paesi nel mondo hanno sviluppato una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio. In Italia ci sono i presupposti per procedere a definire un piano di prevenzione nazionale», osserva il professor Pompili, docente di Psichiatria presso La Sapienza e direttore dell’Unità operativa complessa di Psichiatria presso il Sant’Andrea, che auspica «la creazione di contesti dedicati alla prevenzione del suicidio, che utilizzino tutte le conoscenze specifiche e multidisciplinari sul fenomeno. Fondamentale è la prevenzione primaria, che aumenti cioè la consapevolezza circa la prevenzione del suicidio. Poi è necessario soffermarsi sui gruppi a rischio e definire interventi preventivi ad hoc, ad esempio nel caso di giovani o anziani. Infine, la prevenzione terziaria interviene su coloro che hanno fatto tentativi di suicidio o hanno ideazione suicidaria grave. L’organizzazione di interventi preventivi che vadano in queste tre direzioni potrebbe contrastare il fenomeno; l’ausilio di helplines e centri di ascolto rappresentano interventi imprescindibili». Infatti la prevenzione «può far leva su comprensione umana ed empatia, oltre che su psicoterapia e farmaci, per entrare in dialogo con chi vive un dolore insopportabile con emozioni negative e uno stato perturbato, ma è alla ricerca di un sollievo per la sua sofferenza». Tutti – familiari, amici, compagni di scuola, insegnanti, medici di base – possono fare qualcosa per intercettare il profondo malessere vissuto dalla persona, individuando «vari segnali premonitori come sbalzi repentini d’umore, aumento dell’abuso di sostanze, cambiamenti dell’appetito e negli orari del sonno, decisione di dare via oggetti cari ecc.». A preoccupare è il rischio suicidario negli adolescenti, in particolare fra le ragazze di 12-17 anni, «con un aumento dei disturbi dell’umore causati anche dal confronto con modelli irraggiungibili visti sui social network: tutto viene enfatizzato emotivamente e si è soli per la carenza di reti sociali di riferimento, con un’immagine inadeguata del proprio corpo», riferisce Pompili, citando una ricerca condotta dal Cnr e uscita alla fine del 2023, a cui ha collaborato.

Il servizio per chiedere aiuto

Per chiedere aiuto, nel Lazio è presente a Roma una sede dei volontari di Telefono Amico Italia raggiungibile attraverso il numero unico 02/23272327, che risponde 365 giorni all’anno grazie a 500 volontari. Il servizio è gratuito e attivo in tutta Italia dalle 10 alle 24; chi ha piani tariffari che prevedono minuti illimitati non deve sostenere nessun costo, gli altri pagano solo il costo di una qualunque chiamata verso un numero fisso. È possibile accedere al servizio anche via chat dalle 18 alle 21 attraverso il numero WhatsApp 324/0117252, via mail scrivendo a roma@telefonoamico.it e attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito.

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