
ZEROCALCARE, NEL NIDO DEI SERPENTI: PER DIRE TUTTI «MI DISPIACE, QUESTO NO»
Zerocalcare, nella la sua nuova graphic novel, Nel nido dei serpenti, partendo dalla storia di Ilaria Salis, ci parla di neonazismo, di intolleranza, di violenza e giustizia oggi in Europa, qualcosa di cui si legge e si sente troppo poco
26 Dicembre 2025
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«A ‘sto paese prima se dicevi fascista era ‘na cosa brutta. Mo’ non gliene frega più niente a nessuno. Uno dice: vabbè è fascista però è bravo. Come a di’: e vabbè è celiaco, è un dito al c..o quando vai a magnà fori. Il nazismo invece è l’ultimo baluardo che ancora fatica a trova spazio nel mercato democratico». Ricordate? Lo diceva Zerocalcare nell’amatissima serie Questo mondo non mi renderà cattivo. Nel mondo di Michele Rech, il fumettista che è uno dei grandi autori del nostro tempo, tutto torna. Michele è un punto di riferimento, un baluardo, è uno che riesce a tenere la barra dritta, a restare fedele ai suoi valori, ad essere coerente nella sua opera letteraria come nelle sue azioni. E così tutto torna alla perfezione: la sua nuova graphic novel, Nel nido dei serpenti (Bao Publishing con Momo Edizioni) partendo dalla storia di Ilaria Salis, ci parla di neonazismo, di intolleranza, di violenza e giustizia oggi in Europa, qualcosa di cui si legge e si sente troppo poco. E tutto torna anche nei suoi comportamenti, nella scelta di non essere a Più libri più liberi a causa della presenza di una casa editrice dalla linea editoriale che è un’apologia del nazismo. Zerocalcare oggi è qualcuno a cui affidarsi per capire i tempi che stiamo vivendo, una bussola per orientarci in un orizzonte sempre più nebuloso tra fake news e un’informazione sempre più di parte.
Un racconto che nasce dall’incontro
Nel nido dei serpenti fa parte dell’altro Zerocalcare. È sempre lui, in scena in prima persona con il suo personaggio e con l’Armadillo. Ma qui non racconta la sua vita a Rebibbia, con Sarah e Secco, ma fa giornalismo d’inchiesta grafico e filtrato dalla sua poetica, dalla sua visione unica, ironica ma attenta a ogni particolare. Come Kobane Calling e No Sleep Til Shengal, Zerocalcare mette in atto quel ragionamento collettivo a cui tiene molto e che è metodo di lavoro, una sua via per un racconto partecipato che nasce dal confronto, dall’incontro con le comunità, collettivo, politico. Perché la storia che esce sia davvero quella che è giusto raccontare. E non importa che sia bella, o divertente. Detto questo, anche Nel nido dei serpenti, come ogni libro di Michele Rech, è irresistibile. È doloroso, ma ricco delle sue digressioni, del suo mix tra cultura alta e cultura pop, tra il mondo e Roma, dei dialoghi con se stesso. Qui, accanto all’Armadillo, fa capolino Wall-E, il robot della Pixar, altra personificazione della sua coscienza critica. È colui che, continuamente, gli chiede «Perché?». «Eri diventato popolare. Co quella ca..ata del gelato su Netflix. Non ci potevamo fermà così. No, Deve fà il Gran Visir delle zecche lui. Sai chi ha fatto così? Povia. Vedi tu».

Da Budapest a Jena
Al «Perché» la risposta è chiara. Perché è giusto. Per il suo ragionamento collettivo Zerocalcare così viaggia nei luoghi in cui sono nate due storie, quelle di Ilaria Salis e Maja T., sintomatiche di un clima che si è formato in quell’Europa che credevamo sicura, democratica, fondata sui valori dell’antifascismo e dell’antinazismo. Viaggia a Budapest, nei luoghi del processo a Ilaria Salis, e poi a Jena, nell’ex Germania Est, nella comunità dove sono cresciuti, secondo i valori dell’antinazismo, del “mai più”, i figli di una DDR abbandonata e povera, e quindi in balia delle tentazioni xenofobe di un’estrema destra mai davvero morta. Come i serpenti, che anche quando sembra dormano sono pronti a svegliarsi e colpire.
In fondo al pozzo
Zerocalcare si documenta, riflette, si pone dubbi e domande. Ma dimostra di essere accanto a tutti quelli che, di fronte all’ingiustizia, cercano il loro modo di stare dalla parte giusta della Storia. Sì, c’è anche chi quei nazisti ha cercato di combatterli fisicamente, perché ha pensato che quello fosse il modo giusto per farlo. C’è chi ha pagato troppo, molto più di quello che la legge prevedesse. «In fondo al pozzo stanno sepolte le persone che hanno provato ad assumersi quella responsabilità». Zerocalcare ci dice questo. Ilaria Salis, come Tobi, un altro ragazzo dal destino simile al suo, non sono stati in galera – cioè in fondo a quel pozzo – perché accusati di aver picchiato una persona. Sono stati in galera, in condizioni durissime, perché antifascisti. Il processo a Ilaria Salis e Tobi è stato un processo ideologico, politico. Ed è per questo che c’è stato un enorme squilibrio tra i reati commessi e la condanna a cui sono stati sottoposti. Zerocalcare si sofferma anche sui dettagli. Ilaria Salis, che ha osservato dal vivo, durante un’udienza del processo, è entrata in aula con una sorta di guinzaglio, le catene ai piedi corte, in grado di farle fare dai passetti piccoli e lenti. L’impressione, secondo l’autore, era simile a un’immagine da tempi antichi, in cui il corpo del nemico veniva condotto in ceppi davanti a tutti come un trofeo di caccia. L’impressione è stata quella di trovarsi in un luogo molto lontano dallo Stato di diritto e dall’habeas corpus.
Il nemico si tiene gli ostaggi. Fino a che la marea non monterà un’altra volta
«Il nemico si tiene gli ostaggi». È questa la frase di Wu Ming che Zero ha in mente per tutti i giorni del processo a Budapest e che, alla fine, ci rivela. Perché le cose sono andate così. È una frase dolorosa e amara. È una sconfitta. Ma quella frase continuava con un’altra. «Finché la marea non monterà un’altra volta». E allora è questo che si chiede Zerocalcare, ed è qualcosa che ha che fare con la partecipazione, con la mobilitazione. «Che è sta marea? Come si fa a farla montare?» si chiede Zerocalcare. «La battaglia in aula la fanno gli avvocati. Ma quella fuori come si fa? È quella la marea? Quella che tiene viva l’attenzione? Parlarne è efficace? E come si continua a farlo per una durata che va oltre il tempo dell’indignazione social? Lavori come questa graphic novel dedicata a Ilaria Salis, che è stata pubblicata a puntate, settimanalmente, per Internazionale, servono proprio a questo. La storia, che chiude il fumetto e la prima parte del libro, ha avuto una fine, se vogliamo, positiva. Un movimento d’opinione trasversale ha convinto la politica a farsi carico di questa istanza. Ilaria Salis è stata candidata al Parlamento Europeo e scarcerata grazie alla legge sull’immunità. Delle vicende da parlamentare Zerocalcare non parla perché si è dato tre regole. «No cose con chi vole carcerà gli amici miei», «No cose coi partiti». «No cose coi nazisti».
Siamo cresciuti con tutta gente che ripeteva “mai più”
Tutto torna dunque. La seconda parte del libro, l’effettivo racconto Nel nido dei serpenti racconta la storia di Maja T., una ragazza tedesca detenuta in Ungheria come Ilaria Salis per dei fatti simili. Ma il racconto da individuale diventa collettivo, viaggia nel cuore di una comunità, nella Germania che un tempo era quella orientale. Che, nei primi anni del Duemila, di fronte ad alcuni crimini di matrice nazista contro immigrati di origine islamica, si era stretta nel dire con forza “no” all’intolleranza. Quelli che allora erano dei bambini se lo sono ricordati ancora, durante la crisi dei migranti del 2015, quando hanno cominciato a soffiare i venti di destra. «Siamo cresciuti con tutta gente che ripeteva “mai più”. Come un imperativo morale. E non ci abbiamo creduto. Abbiamo partecipato alle contro-manifestazioni, per impedire le sfilate dei nazi», dice una delle interlocutrici di Zero. «È stato istruttivo. Non solo per noi ragazzi. Per tutti. Gli insegnanti. I genitori. L’hanno visto tutti. Come la polizia difendeva i nazisti».
Basta scrivere HTLR e non Hitler
C’è un inquietante filo rosso, anzi un filo nero, in questa Europa che crediamo democratica. Un idem sentire – in alcuni luoghi di potere tra Germania e Ungheria – tra alcune parti dei governi, delle magistrature e delle forze dell’ordine e i movimenti che si rifanno al nazismo. Zerocalcare ci racconta la storia dell’AFD, il partito tedesco che negli ultimi anni ha detto le cose più orrende, tutto quello che prima era considerato indicibile. Ha cambiato il quadro del dibattito. Ha rotto gli argini e nel mare che si è creato, i neonazisti nuotano che è una meraviglia. «Noi in Italia siamo convinti che la Germania poggia su due pilastri incrollabili. Il senso di colpa per il passato e la severità contro i nostalgici del Reich» riflette Zerocalcare. Ma i giovani tedeschi con cui parla gli spiegano che solo sulla carta è così. Ci sono le leggi più rigide d’Europa su simboli, ma ci sono tanti modi per aggirare. Basta scrivere HTLR e non Hitler. E così vale tutto. E così il cerchio si chiude. E torniamo con quella frase di Calcare con cui abbiamo iniziato. Se si cominciano a sdoganare i fascismi e i nazismi si fa dura. Si tratta di tenere la barra dritta, l’attenzione alta.
Se ci impegnassimo tutti a dire: “mi dispiace, questo no?”
Così, alla fine della storia, dopo l’incontro con un nazista, Zerocalcare si chiede. «E se lo facessimo tutti? Se invece di pontificare o scrivere propositi infuocati su una tastiera ci impegnassimo a mettere un piccolo argine nella vita vera? A dire “mi dispiace, ma questo no”? Al bar. A scuola. Al lavoro. Alla fermata dell’autobus. Lo so che fa paura. Pure a me me fa paura. Ma si tratterebbe di prendere ognuno una piccola quota di quel rischio. Fare un piccolo passo oltre la linea delle nostre paure. Senza eroi o santi. Ciascuno secondo le proprie capacità. Così, se ognuno di noi desse un poco, forse pochi non dovrebbero dare tutto».
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Zerocalcare
Nel nido dei serpenti
Bao Publishing con Momo Edizioni, 2025
200 pagine, 22 euro
Immagini dalla pagina FB di Bao Publishing







