LA FONDAZIONE CASTELLI, CHE SALVA I CUORI

Insegna l'uso del defibrillatore e ne ha donati oltre 400 ad associazioni sportive, scuole e oratori. Per salvare vite

Imparare un massaggio cardiaco è un atto di amore. Impossibile praticarlo su sé stessi, necessario per chi si ha accanto. Insegnare la rianimazione cardio-respiratoria di base e l’uso del defibrillatore semiautomatico è la missione della Fondazione Giorgio Castelli. La onlus si rivolge soprattutto agli operatori sportivi e dopo un corso di 5 ore, tenuto da personale qualificato, eroga l’attestato di soccorritore non sanitario.

Negli anni la Fondazione Castelli ha costruito una fitta rete di piccole associazione sportive dilettantistiche: ai loro allenatori insegna l’utilizzo del defibrillatore, oltre a esortare i dirigenti delle società a pretendere dagli iscritti i risultati dell’ecocardiogramma, l’unico esame che può individuare patologie cardiache congenite. Il modello da esportare è quello di Scanno, in Abruzzo, dove oltre il 15% della popolazione residente è capace di rianimare una persona e dove i defibrillatori sono installati nei punti nevralgici della città.

 

I progetti

«Riscontriamo difficoltà nella relazione con l’apparato pubblico», ha affermato il presidente Vincenzo Castelli, anima della Fondazione. «Un esempio è il progetto che avevamo per la Stazione Tiburtina di Roma, poi naufragato. È andata meglio con il Parco archeologico del Colosseo, al quale abbiamo donato 12 defibrillatori. Uno di questi ha salvato la vita a un turista americano di 50 anni, che si è sentito male durante una visita all’Anfiteatro Flavio.

In quasi quattordici anni di attività come è cambiata la percezione nell’opinione pubblica?

«Oggi la diffusione dei defibrillatori è più capillare e le percentuali di sopravvivenza a un arresto cardiaco sono aumentate. L’attività mediatica, però, deve essere più incisiva. La cultura della prevenzione deve abbracciare i luoghi di lavoro, gli uffici, le strade. Avere più persone e più defibrillatori significa avere più possibilità di salvare vite».

Si arriverà mai al rischio zero?

«Il rischio zero non esiste. Se anche interveniamo durante un arresto cardiaco, non è detto che quella persona possa riprendersi. Un arresto cardiaco non trattato porta a morte certa nel 99% dei casi. Se interveniamo prontamente abbiamo tra il 30 e il 40% di possibilità di salvezza. Dipende dalla qualità dell’intervento e dalla gravità della crisi: la rottura di cuore ad esempio non è recuperabile».

Quanto ancora c’è da fare a livello politico? 

«La Camera dei Deputati ha approvato una legge che modifica radicalmente il concetto di cardio-protezione e la estende a tutte le attività quotidiane. Perché dovrebbero esserci defibrillatori sui treni, nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti, nelle scuole e nei supermercati. Se passa anche al Senato, dovremmo stare attenti che i decreti attuativi non la stravolgano».

Dove reperite i fondi necessari? 

«Noi ci reggiamo con le donazioni del 5×1000. Collaboratori e istruttori non percepiscono nulla, neanche un rimborso spese. Riceviamo anche donazioni, ma non coprono neanche il 10% degli introiti. I nostri corsi sono gratuiti e se qualcuno vuole lasciare qualcosa lo lascia, ma noi non chiediamo mai nulla».

 

La Fondazione Castelli

Giorgio Castelli è il nome del figlio di Vincenzo e Rita Castelli, deceduto su un campo di calcio nel 24 febbraio 2006 a causa di un arresto cardiaco. Se la struttura avesse avuto a disposizione un defibrillatore, probabilmente sarebbe ancora vivo. Da allora i genitori, insieme ai figli Alessio e Valerio, hanno iniziato a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della prevenzione delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte nel mondo occidentale. In quattordici anni la Fondazione ha formato 15 mila operatori tra Lazio, Umbria e Abruzzo e coinvolto calciatori, tennisti vogatori, ginnasti, pallavolisti e giocatori di basket a prendersi cura del loro cuore. In tutto ha donato oltre 400 defibrillatori ad associazioni sportive, scuole e oratori. Un impegno che non è sfuggito al Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha insignito Vincenzo Castelli dell’onorificenza di Ufficiale al merito della Repubblica Italiana.

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