GLI ITALIANI E LA POVERTÀ EDUCATIVA: SI VINCE INSIEME

Secondo l'indagine "Gli italiani e la povertà educativa", con l'emergenza il problema è esploso, ma la scuola non può essere lasciata sola

«Il Terzo settore prova a dare risposte al problema della povertà educativa, mettendo in campo una grande innovazione sociale, perché nessuno resti indietro. E lo fa sia attraverso l’utilizzo di nuovi spazi, tempi, materiali ed esperienze, ma anche ponendo una forte attenzione ai mutati scenari rispetto ai bisogni sociali», ha detto Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del terzo Settore, durante la presentazione dell’indagine “Gli italiani e la povertà educativa minorile nell’era Covid“, condotta dall’Istituto Demopolis, per l’impresa sociale Con i Bambini (i materiali e il report si possono trovare qui).

 

Dall’indagine emerge che gli italiani sono sempre più consapevoli del fatto che la povertà educativa è un problema grave per il Paese e che a pagare le conseguenze dell’emergenza legata al Coronavirus saranno i più piccoli, che si trovano a vivere sia la povertà materiale, sia quella immateriale nelle sue varie forme. Ma tendono ad esser preoccupati più per gli adolescenti che non per i più piccoli (0-6 anni), che invece rischiano di essere segnati in modo permanente. Riconoscono l’impegno della scuola per affrontare i problemi posti dall’emergenza, ma segnalano i limiti della didattica a distanza e la difficoltà nel seguirla.

E sono consapevoli che la responsabilità della crescita dei minori è responsabilità di tutta la comunità, non solo della scuola: lo afferma il 67% del campione. L’idea di comunità educante, dunque, si fa strada, e questo segna un passaggio culturale importante.

 

I problemi causati dal Covid

Dal rapporto “Gli Italiani e la povertà educativa” emerge che nell’opinione pubblica la preoccupazione per il problema dello scarso apprendimento scolastico è aumentato, nell’ultimo anno, del 20%  (l’anno scorso lo indicava come maggiore preoccupazione il 53% del campione, quest’anno il 73$%).

 

Oltre a questo, tra i problemi causati o aggravati dalla pandemia ai bambini e ai ragazzi sono, prima di tutto, l’incremento della povertà materiale (60%) e l’esclusione dei soggetti più fragili, dei disabili, dei ragazzi di origine straniera e così via. Poi la regressione degli apprendimenti e del metodo di studio (65) e la difficoltà dell’accesso agli strumenti informatici da parte delle famiglie, da una parte, e l’eccesso di digitalizzazione dall’altra (troppo tempo, cioè, su cellulari, tablet eccetera). Poi ancora la tendenza all’isolamento (47%), l’abbandono scolastico, la salute trascurata (anche a causa dell sedentarietà) e la riduzione degli stimoli esterni alla scuola. Infine la riduzione degli spazi fisici destinati solo ai ragazzi (27%)

 

Per chi è impegnato nel Terzo settore il contrasto alla povertà educativa è prioritario (98% degli intervistati) più che per gli insegnanti (92%) e i genitori (86%), ma è comunque importante per tutti. Gli operatori, inoltre, mettono in cima alle loro preoccupazioni per bambini e adolescenti  il rischio di isolamento e riduzione della vita sociale è  (86%), seguito dall’approfondirsi delle disuguaglianze e della marginalizzazione (80) e dalla riduzione degli stimoli alla crescita a seguito dell’emergenza (71%).

Il terzo settore e le istituzioni

Il presidente di Acri Francesco Profumo ha sottolineato l’importanza dell’aggravarsi della povertà educativa minorile,  «che condanna i nostri concittadini più giovani sin dai primi anni della loro vita… Negare l’accesso all’educazione significa negare in futuro il diritto a una vita dignitosa… Per questo, il lavoro del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile è ancora più cruciale oggi, di quanto lo sia mai stato e per questo è fondamentale promuovere la continuità degli interventi ritenuti più promettenti e offrire evidenze e indicazioni utili per progettare ampie politiche strutturali permanenti di contrasto della povertà educativa».

 

Il Terzo settore si è ormai accreditato come parte qualificata della comunità educante, ben presente su questo tema. Ma dovrà esserlo ancora di più, visto l’aggravarsi del problema. Come? Ad esempio, secondo Claudia Fiaschi, prevedendo «la collaborazione tra contesti educativi formali e informali, l’utilizzo delle tecnologie per nuove forme di prossimità, investimenti per l’inclusione sociale e digitale delle famiglie più fragili». Ma soprattutto, ha ricordato la portavoce del Forum, è necessario, accanto all’operato di Con i Bambini, l’ingaggio delle istituzioni pubbliche per programmare i destini sociali e demografici dei territori utilizzando le risorse a disposizione. 

 

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