GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO: NON CI SONO SOLO FAGIOLI, TONALI E ZANIOLO…

Tre calciatori, tre ragazzi della stessa età, coinvolti nelle scommesse on line. Giovanni Albanese: «Il problema non è dei tre calciatori, ma di tutti i coetanei, che nascono col cellulare in mano e hanno una gestione dei dispositivi elettronici assodata, strutturata»

di Maurizio Ermisino

Si è fatto un gran parlare nei giorni scorsi dei calciatori che sono stati coinvolti in un giro di scommesse on line su siti non autorizzati. La stampa, ovviamente, non ci è andata leggera. Per i casi di Niccolò Fagioli, talento della Juventus, Niccolò Zaniolo, ex Roma oggi all’Aston Villa, in Premier League, e Sandro Tonali, ex Milan che si è trasferito al Newcastle, sempre in Premier, si è detto e scritto di tutto. Chi ha parlato di ragazzi viziati, chi ha parlato di pene esemplari e squalifiche a vita (per lo juventino più che per gli altri, ovviamente), chi ha fantasticato di scommesse fatte sulla propria squadra in una partita in cui il giocatore era in panchina (per l’ex romanista). È stato tirato fuori anche il famoso scandalo del “calcioscommesse”, non tenendo conto che in quel caso si era trattato di partite combinate, cioè “vendute” dai giocatori in vista di scommesse sulla loro squadra. Sono stati pochi i giornalisti che hanno provato a fare un discorso diverso, una riflessione. Uno di questi è Giovanni Albanese, della Gazzetta dello Sport, che ha fatto notare che, stavolta, è qualcosa di molto diverso. E che non è un caso che tre giocatori della stessa età abbiano questo problema. Quello che viene comunemente chiamato ludopatia, ma che, ci fanno notare le associazioni che lo combattono quotidianamente, è corretto chiamare gioco d’azzardo patologico. Abbiamo parlato di questo problema con Giovanni Albanese e con Simone Feder, psicologo, che lavora da anni nelle strutture della comunità Casa del Giovane di Pavia dove è coordinatore dell’Area Giovani e dipendenze e dove ha fondato il progetto Prevenzione No Slot.

In questi dispositivi ci sono rischi di cui la nuova generazione non è consapevole

gioco d'azzardo patologico
Giovanni Albanese: «Se tre coetanei si trovano ad affrontare una certa problematica, una domanda ce la dobbiamo fare»

Se tre coetanei – i calciatori sono poco più che ventenni – si trovano ad affrontare una certa problematica, una domanda ce la dobbiamo fare, ci ha gatto notare Giovanni Albanese. Vuol dire che nella nuova generazione c’è un problema. «La nuova generazione nasce e cresce con il cellulare in mano, ha nella sua quotidianità una gestione dei dispositivi elettronici assodata, strutturata» ci spiega Albanese. «A me capita spesso di vedere il genitore che dà il cellulare al bambino per tranquillizzarlo. In questa gestualità non ci trovo nulla di anormale. Ma è altrettanto vero che all’interno di questi dispositivi ci sono dei rischi di cui spesso la nuova generazione non è consapevole». Avendo sempre il cellulare in mano, appare piuttosto facile un passaggio da un gioco on line che può essere normalissimo a una scommessa on line e poi a un sito illegale che può davvero essere fatto in un attimo, con leggerezza, con facilità. Fino a qualche anno fa per scommettere si doveva andare in sala corse, entrare in un mondo fisico nuovo, diverso. Ora questo passaggio non c’è e non si avverte il pericolo. «La vecchia generazione è cresciuta con il diario segreto. O con una scatola che conteneva una serie di segreti che in quel momento erano chissà che cosa, le prime sigarette, l’accendino» commenta il giornalista. «Ora la sensazione che ha il giovane è che dentro il cellulare possa davvero nascondere di tutto. Ed essendo un dispositivo che ormai è completamente strutturato all’interno della propria quotidianità ti rendi conto che a volte la nuova generazione non è consapevole dei rischi che ci sono dietro la facilità di accedere a tutto e di più con il dispositivo elettronico».

Il problema è molto più sociale che legato al calcio

gioco d'azzardo patologico
Simone Feder: «La grossa fatica che si incontra con i dipendenti del gioco d’azzardo riguarda l’accesso alla cura, perché non si sentono malati»

Si tratta quindi di un rischio per tutti i ragazzi. Ovvio poi che un giovane calciatore famoso che ha la possibilità di poter attingere a un conto corrente florido sia ancora più esposto a questi rischi. «Un giovane calciatore famoso, che ha disponibilità illimitate per la sua età, si trova facilmente a scommettere pensando che nessuno mai gli potrà prendere il cellulare in mano» commenta Albanese. «E si trova a chattare con amici o colleghi sulle scommesse per lo svago o per la condivisione di un vizio non consapevole. La vicenda che viene fuori non è quella delle partite combinate, cioè di informazioni incrociate per ottenere delle vincite. Ci sono solo condivisioni di un vizio di cui nessuno era consapevole. E la maggior parte delle scommesse non sono sul calcio ma su altre discipline. Il problema è molto più sociale che legato al calcio» continua. «Il calciatore è il soggetto che oggi, giovanissimo, riesce ad accedere a un conto corrente, ad attingere a cifre enormi. Ma pensiamo a cosa accade se tutto questo lo riportiamo alla comitiva di tre, quattro ragazzi che hanno molta meno disponibilità e fanno la stessa cosa usando lo stesso sistema, esponendosi per le loro disponibilità». Il problema non riguarda solo questi tre calciatori, ma anche tantissimi loro coetanei. In fondo, il calcio è lo specchio della vita quotidiana. E il gioco diventa spesso un modo per combattere lo stress che viene fuori durante le giornate. «Qui parliamo di scommesse su piattaforme illegali, che non sono i siti “punto it”, quelli autorizzati», ci racconta Albanese. «Come si accede? Serve un invito. Quindi ancora di più si innesca il sistema di giro di amicizie che ti porta ad allinearti a questa cosa. Lo fai per condividerla a mo’ di svago».

Gli strumenti sono cambiati e sono cambiati i rischi

Su queste cose si deve lavorare con la prevenzione, con l’educazione. E, per chi deve uscirne, con la terapia. Non è un caso che Niccolò Fagioli, il primo ad autodenunciarsi per questa storia, ha patteggiato e, oltre ai 7 mesi di squalifica sul campo, ne ha 5 di attività sociali. E che ora sia seguito da uno psicologo. «La mia generazione – io ho 37 anni – è cresciuta con una serie di informazioni mirate alla prevenzione su determinati rischi» commenta Albanese. «Gli strumenti sono cambiati e sono cambiati i rischi: i dispositivi elettronici sono uno strumento che nasconde una serie di pericoli. Si dovrebbe fare prevenzione già in età adolescente. Prima di tutto sulla gestione delle proprie risorse economiche, e qui la questione del calciatore è centrale. Perché magari un ragazzo di 15 anni non arriverà mai in serie A, e non guadagnerà determinate cifre, ma quando avrà tante disponibilità dovrà avere maggiore consapevolezza per gestire questi soldi. Come abbiamo fatto educazione stradale, come l’abbiamo fatta su qualsiasi altra cosa, credo che serva anche un’educazione sulla gestione dei mezzi e dei rischi che si nascondono per questa generazione digitalizzata su tutto».

I dipendenti del gioco d’azzardo non si sentono malati

gioco d'azzardo patologico
Feder: «Pensiamo alle criptovalute, legate alle foto di macchinoni, alla bella vita, alle immagini ingannevoli di Dubai Sempre più nei giovani è presente l’idea di arricchirsi, spinta da una pubblicità ingannevole che si serve di influencer e tam tam»

La prevenzione la fanno persone come Simone Feder, che da anni combatte contro il gioco d’azzardo patologico, assiste chi ha questi problemi, insegna all’università e nelle scuole di specializzazione. «La grossa fatica che si incontra con i dipendenti del gioco d’azzardo riguarda l’accesso alla cura, perché non si sentono malati. Per questo, alla Casa del Giovane, ho fatto un modello di presa in carico che segue l’accesso alla cura con i familiari. Non c’è cura senza i familiari vicino. Oggi il mondo del gioco d’azzardo è sempre più appetibile per le nuove generazioni e i soldi facili sono spesso veicolati da una serie di comunicazioni. Pensiamo al mondo delle criptovalute, legate alle foto di macchinoni, alla bella vita, alle immagini ingannevoli di Dubai e così via. Per cui sempre più nei giovani d’oggi è molto presente l’idea di arricchirsi, è spinta da una pubblicità ingannevole che si serve di influencer ben gettonati. E poi c’è il tam tam».

Ci deve essere una comunità educante

 È per questo che bisogna intervenire con un’attività di sensibilizzazione. «Ci deve essere una comunità educante» commenta Simone Feder. «Questi ragazzi sono arrivati fino a questo punto, ma dov’era chi abitava con loro? Non puoi non accorgerti. Io ho già curato un calciatore professionista. Oggi non bisogna assolutamente minimizzare: il gioco, che per me un gioco non è, in un attimo da sociale, problematico, arriva al momento in cui si innesca la dipendenza. E, soprattutto, avendo sempre in tasca questo aggeggio, è sempre più difficile da controllare. I soggetti che abbiamo in cura sono malati di azzardo telematico, slot machine on line, siti illegali. Siti che permettono delle vincite iniziali, che ti mandano dei bonus. Ma chi monitora tutto questo se il telefono uno ce l’ha sempre con sé? Devono farlo le persone che vivono con loro, devono controllare il loro accesso ai soldi».

I bambini diventano ambasciatori

gioco d'azzardo patologicoLa prevenzione deve iniziare molto presto. «Abbiamo iniziato a fare dei lavori già nelle scuole elementari, in quarta e quinta, con un libro pubblicato da Giunti, No Slot – L’azzardo non è un gioco. Abbiamo raccontato la storia di Pinocchio, il seppellire i soldi che è come il mondo delle slot machine. I bambini diventano ambasciatori e tirano la giacchetta al proprio papà, al proprio nonno. Le statistiche ci dicono che all’interno del 10, dell’11% delle famiglie c’è un papà o una mamma che giocano». Secondo Simone Feder, ci sono tre tipologie di persone tra i giocatori. «C’è chi rimane condizionato nel vedere qualcun altro, in un bar o nella rete, e così ci prova; poi ci sono i soggetti che in sé hanno delle vulnerabilità, che hanno perso un affetto, sono lasciati a casa dal lavoro, e spesso si avvicinano al gioco d’azzardo e rimangono impigliati. Il terzo tipo che incontro sono coloro che hanno spostato la dipendenza. Bevevano o si drogavano e si sono spostati sul gioco. Ci sono soggetti completamente impregnati d’azzardo che per guarire necessitano in inserimento in comunità residenziale. E ci sono gruppi che seguiamo settimanalmente, persone che partecipano a questi incontri dove metti dei paletti, ti raccontano le loro storie, le tentazioni e i progressi. E c’è una buona riuscita se li trattieni per circa un anno, lavorando tutte le settimane».

GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO: NON CI SONO SOLO FAGIOLI, TONALI E ZANIOLO…

GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO: NON CI SONO SOLO FAGIOLI, TONALI E ZANIOLO…