IL COVID19 NON FERMA IL VOLONTARIATO. IL CUORE DI GAETA C’È

La collaborazione tra Amministrazione, volontariato e privati cittadini è indispensabile, soprattutto in emergenza. Intervista con l'assessore Lucia Maltempo.

A Gaeta ancora non ci sono stati casi di infezioni da COVID19, ma le conseguenze – anche economiche, ma non solo – delle misure preventive si sentono già fortemente. Per affrontare entrambi i problemi – evitare il contagio, evitare la povertà – la collaborazione tra  Amministrazione, volontariato e privati cittadini è indispensabile. E per fortuna sta funzionando: il cuore di Gaeta c’è, ed è grande.

Ne abbiamo parlato con Lucia Maltempo, assessore al Welfare, Pubblica Istruzione, Politiche Cimiteriali , Risorse Umane, Opportunità presso il Comune della cittadina del Sud Pontino.
«Noi abbiamo una rete, che si chiama appunto Reti Solidali», racconta, «di cui fanno parte una decina di associazioni, tra cui Croce Rossa, Caritas, Adra e tante altre. Insieme lavoriamo per l’inclusione sociale, lotta alla povertà e all’emarginazione.  Sono associazioni che non si sovrappongono l’una con l’altra: sono piuttosto complementari e collaborando riescono a rispondere a più bisogni. Data l’emergenza, nelle ultime settimane abbiamo avviato un paio di progetti. Uno riguarda la spesa a casa: abbiamo attivato gli esercenti commerciali più disparati, anche ristoranti e pizzerie, oltre a chi vende generi di prima necessità, per far portare la spesa a casa agli over 65 e a quelli che hanno persone con disabilità e con particolari difficoltà in famiglia. Ovviamente la spesa è a pagamento, ma il servizio è gratuito».

Quindi con questo progetto avete coinvolto i privati, e il volontariato?
«Con il progetto Il Cuore di Gaeta c’è, abbiamo avviato una raccolta di viveri: gli esercenti li portano a noi del Comune, e noi, in base alle liste compilate dai servizi sociali, facciamo portare la spesa a casa, gratuitamente, grazie alla Croce Rossa. Ovviamente sono generi non deperibili, come pasta, passata di pomodoro, zucchero, farina…».

Questa è un’attività già prevista all’interno del progetto Reti Solidali?
«Sì, lo facevamo già, sistematicamente, con la Caritas, la Croce Rossa e Adras.  Non abbiamo voluto sovrapporre un nuovo servizio, ma cl’abbiamo strutturato in maniera diversa, cercando di aiutare anche quelle famiglie che, in questo momento di emergenza,hanno avuto difficoltà lavorative».

Sono molte?
«Purtroppo sì. L’economia di Gaeta è basata sul turismo e in questo momento abbiamo alberghi chiusi, ristoranti chiusi, perfino le seconde case irraggiungibili. E tra quelli che lavorano in queste strutture qualcuno lavora meno, qualcun’altro il lavoro l’ha proprio perso. Quindi il progetto Il cuore di Gaeta c’è è dedicato a queste persone e alle famiglie che hanno più di tre minori».

Funziona?
«Sì, grazie alla sinergia tra la generosità degli esercenti, la disponibilità dei volontari della Croce Rossa, il lavoro delle assistenti sociali. Sempre con la Croce Rossa, stiamo anche avviando una raccolta di mascherine e disinfettante per le mani. La protezione civile, invece, che qui a Gaeta non ha l’accreditamento sanitario, ma sta coadiuvando la polizia Municipale, controllando lungo le strade le entrate e le uscite da Gaeta».

cuore di Gaeta
Lucia Maltempo, assessora al Welfare a Gaeta

Lei è un’assessore. Che cosa si aspetta l’Amministrazione dal volontariato?
«Noi abbiamo sempre fatto affidamento sul volontariato. Non a caso Reti Solidali è stata costituita sei anni fa circa. La forza del volontariato è fondamentale sempre, in questo momento più che mai, secondo me. Da soli non si va da nessuna parte: è il lavoro di squadra che premia. Fortunatamente abbiamo associazioni che fanno squadra, ci sostengono e ci supportano e anche in questo momento, nonostante le difficoltà, la carenza di mascherine, i problemi ad approvvigionarsi, continuano a lavorare. La Caritas ad esempio continua ad offrire i pasti alle persone che quotidianamente vanno lì. Adra sta continuando la consegna dei pacchi e dei vestiti, come fa settimanalmente. Ma siccome hanno dei volontari over 65, dunque più a rischio, si appoggiano alla Croce Rossa, che riceve i loro pacchi e li consegna..Siamo più uniti che mai».

Chi soffre di più, secondo lei? Gli anziani, perché sono più a rischio? I giovani, costretti a rinunciare alle relazioni e al divertimento? I più piccoli, che non possono andare a scuola?
«Nella mia famiglia ci sono tutte le tipologie che lei ha elencato. Io penso che sono gli anziani, quelli che soffrono di più, perché è venuto a mancare il contatto della famiglia. Io ho due genitori di quasi ottant’anni e non posso vederli: faccio l’assessore e sono esposta… I figli non possono andare a trovarli e neanche i nipoti e loro restano a casa da soli. Ci facciamo le videochiamate a sera, per cercare almeno di guardarci in faccia, ma non basta. Secondo me i ragazzi trovano alternative, come pure i bambini. Per gli anziani la solitudine pesa di più».

C’è chi sostiene che questa emergenza ci farà crescere anche dal punto di vista civico, ci farà diventare più comunità. C’è chi dice che, passata la paura, torneremo una società di individualisti, come eravamo prima.
«Io sono un’ottimista di natura: per me il bicchiere è sempre mezzo pieno. Sono convinta che le cose non accadono mai per caso: questa disgrazia è immensa, mondiale, ma credo che riuscirà a farci capire che davvero da soli non si va da nessuna parte. Ad esempio, la Comunità Europea ha detto che l’Italia non sarà lasciata sola. Forse ci voleva una tragedia, perché si arrivasse a questo. Siamo un popolo portato a sottovalutarsi: prendiamo sempre a modello gli altri. Invece abbiamo delle eccellenze fantastiche. Forse proprio questo potrebbe essere il trampolino di lancio per far capire che l’Italia può davvero dare qualche cosa di più. Il male non è tutto male: possiamo cercare di trarre qualcosa di buono da tutto questo».

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