UN’ALTRA INFORMAZIONE È POSSIBILE: ECCO DUE ESEMPI

Caritas InMigration e TerremotoCentroItalia, due progetti per decifrare meglio la realtà e coinvolgere i cittadini

C’è un altro modo di fare giornalismo rispetto a quello attuale? È possibile nell’era delle notizie strillate, fatte per aumentare i click e quindi i ricavi pubblicitari, impegnarsi in una informazione rispettosa delle persone e di un qualche valore? Un’informazione di servizio, che aiuti i cittadini e le comunità ad affrontare difficoltà e conflitti. La risposta è certamente sì, a patto di essere disposti a non fomentare egoismo, odio e non inseguire a tutti i costi la logica dei click o della tiratura, per quanto riguarda gli ultimi lettori superstiti della carta stampata. Lontano dalle logiche di un giornalismo che pensa solo ai ricavi e che, anche per ragioni politiche, ha messo sotto ai tacchi l’obiettività, i progetti illustrati durante il corso per giornalisti dal titolo L’informazione da fabbrica della paura a strumento di pace, danno un po’ di speranza a chi crede in un giornalismo diverso, che mette davanti a tutto l’obiettività, la correttezza ed è conscio di avere delle responsabilità (sociali) di fronte ai lettori, che sono innanzitutto persone.

I progetti di informazione di servizio di cui vi vogliamo parlare sono stati illustrati durante il corso da Francesco Spagnolo e Chiara Parapini. Il primo, che scrive per Redattore Sociale, ha illustrato il progetto Caritas inMigration, mentre Parapini, Project Officer del progetto SIS.MI.CO di Actionaid Italia, ha parlato dell’iniziativa TerremotoCentroItalia, ideata dagli ingegneri informatici Matteo Tempestini e Matteo Fortini, a cui Actionaid ha collaborato per quanto riguarda la gestione delle informazioni web, la produzione di contenuti e il dominio del sito web terremotocentroitalia.info

 

CARITAS INMIGRATION. Il progetto della Caritas vuole essere un canale di riflessione, comunicazione e conoscenza messo a disposizione dall’organismo pastorale della Cei sul tema delle migrazioni, spesso divisivo e strettamente connesso a quello della guerra, visto che spesso le migrazioni sono dettate da ragioni umanitarie, oltre che meramente economiche. Inoltre, Caritas InMigration promuove l’uso di una terminologia esatta e di un gergo comune sul tema migrazioni, il che lo rende uno strumento utile a uso dei giornalisti, anche laddove permette la conoscenza dei motivi che sono alla base delle migrazioni e la comprensione dei dati raccolti, spesso illustrati tramite strumenti esplicativi quali infografiche e story-board.

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l giornalista Francesco Spagnolo durante l’intervento sul progetto InMigration di Caritas Italiana

«Il progetto Caritas inMigration nasce da un’esigenza: quella di pensare a uno strumento che potesse tenere aggiornati su un tema complicato, ma anche divisivo come può essere quello dell’immigrazione», ha affermato Spagnolo illustrando ai giornalisti presenti il progetto.

«Il progetto consiste in un sito aperto, nato dalla collaborazione con l’Università Tor Vergata di Roma», ha proseguito Spagnolo. Nel sito inmigration.caritas.it «vengono affrontate diverse questioni relative alle migrazioni, come il rapporto tra crisi e immigrazione, le cause dell’immigrazione, il fenomeno dei minori non accompagnati, quello della tratta e dello sfruttamento, il tema della protezione internazionale, il ruolo dell’Europa nel Mediterraneo e l’immigrazione in Italia».

Attraverso il sito, che è una vera e propria piattaforma, vengono forniti sull’immigrazione dati, che non sempre sono facilmente reperibili, eppure ha affermato Spagnolo «su questi numeri si fonda buona parte della nostra informazione, comunicazione e opinione». «Non sempre i dati sono accessibili, c’è una miriade di fonti e non è sempre facile verificarne l’attendibilità e confrontarle». Si capisce bene, quindi, perché la piattaforma prevista dal progetto Caritas InMigration sia uno strumento che può risultare molto utile ai giornalisti, per una vera informazione di servizio.

 

TERREMOTOCENTROITALIA. Parapini, come suddetto, ha spiegato l’iniziativa TerremotoCentroItalia, a cui Actionaid ha collaborato perché la Onlus tra i suoi obiettivi «ha lo scopo di  colmare i bisogni delle persone del territorio partendo dal loro attivismo, incoraggiando la partecipazione nelle tante decisioni che vengono prese all’interno delle amministrazioni degli Enti locali, lavorando nelle scuole, utilizzando metodi partecipativi anche all’interno di un argomento importante come quello del monitoraggio civico».

Fortini e Tempestini, ha detto Parapini, «subito dopo la prima scossa, quella del 24 agosto, hanno creato un gruppo Facebook all’interno del quale si scambiavano le informazioni. ActionAid in questo caso ha solo comprato il dominio del sito terremotocentroitalia.it e il progetto è partito con le sue gambe, all’interno di una community».

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Chiara Parapini, Project Officer SIS.M.I.CO di Actionaid Italia Onlus, durante l’intervento sul progetto TerremotoCentroItalia

Il progetto si basa sull’idea che il racconto di una situazione di crisi può essere fatto da tutti, e non esiste qualcuno più adatto di altri a fare informazione di servizio. La filosofia di TerremotoCentroItalia è quella della AGOPENDI, che sta per AGregate, Open and DIstribute.  «Aggregare è quello che fa inizialmente, quando l’informazione entra in questi portali che possono essere Facebook, Telegram, visto che lo scambio di informazioni avviene anche così. Nel momento in cui entrano le informazioni, queste vengono aggregate, in modo tale che siano il più possibile complete e verificate. Open perché tutti i dati sono in formato OpenSource, possono essere visualizzati da chiunque ma soprattutto riutilizzati per qualsiasi altro scopo che racconti la partecipazione delle persone. Distribute perché, appunto, questi contenuti vengono ridistribuiti all’interno di canali di TerremotoCentroItalia stesso», ha spiegato Parapini.

 

L’APPLICAZIONE PER PARTECIPARE. «Con ActionAid e TerremotoCentroItalia utilizziamo anche un’applicazione che si chiama Mapillary. Invitiamo le persone attraverso questa applicazione a camminare per strada e fotografare non per forza le macerie, anzi adesso speriamo che inizino a fotografare le opere di ricostruzione, in modo tale da poter monitorare  e geomappare tutte le foto della ricostruzione. Le persone vanno e fotografano la ricostruzione in autonomia, in modo tale da poter dire alle amministrazioni: ‘un anno fa era così, adesso a un anno è ancora così. Lo segnalo sulla mappa, cosa vogliamo fare? Vogliamo continuare a non fare niente?’».

UN’ALTRA INFORMAZIONE È POSSIBILE: ECCO DUE ESEMPI

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