ANCHE I BAMBINI DI CHERNOBYL HANNO BISOGNO DELLA PACE

L’associazione Puer spera di poter portare presto i piccoli bielorussi in Italia. "Non possono più aspettare, dopo due anni di blocco per la pandemia”

Le famiglie accoglienti dei bambini di Chernobyl hanno fiducia in un prossimo ritorno in Italia. «Dopo due anni e con la fine dello stato di emergenza, vogliamo sperare che la guerra non blocchi di nuovo il loro arrivo. Siamo molto preoccupati, ma pieni di speranza», dice Marco Mochi, Consigliere del Consiglio Direttivo dell’associazione Puer che si occupa, in collaborazione con la popolazione bielorussa, di progetti di risanamento post-Chernobyl ospitando bambini nel nostro Paese.

La situazione in Ucraina può avere ripercussioni anche in Bielorussia?
«Situazioni come quella attuale in Ucraina hanno sempre un forte impatto, sia dal punto di vista sociale sia da quello della ripresa dei programmi di accoglienza. La preoccupazione è tanta, sono in corso combattimenti anche nella centrale nucleare di Chernobyl, che dista 150 chilometri dal confine bielorusso. Al momento non abbiamo timori ragionevoli che ci possa essere un’estensione della guerra alla Bielorussia, rimaniamo confidenti che il dialogo che stiamo conducendo porti comunque, indipendentemente dalla situazione attuale, alla ripresa delle accoglienze. In questo momento, dato il non coinvolgimento ufficiale della Bielorussia, dal Ministero degli Esteri bielorusso ci hanno comunicato che, nonostante la situazione, le operazioni relative ai programmi di accoglienza stanno proseguendo. Ci aspettiamo che, al termine dello stato di emergenza in Italia del 31 marzo, ci sia da parte loro una comunicazione ufficiale che, dalla stagione estiva, i bambini possono tornare ad essere ospitati dalle famiglie accoglienti. La situazione interna del Paese ci preoccupa molto, ma in questo momento dal punto di vista della sicurezza dei bambini, della riapertura dei progetti e della disponibilità che abbiamo riscontrato non abbiamo motivo di pensare ad un riscontro negativo, il dialogo con le istituzioni bielorusse è ancora molto positivo».

Lei è doppiamente preoccupato, come Consigliere di Puer e come genitore accogliente
«Sì, sono genitore accogliente di una bambina bielorussa da 4 anni. Sono riuscito a vederla l’ultima volta la scorsa estate. Sono tra i più fortunati, sia per le disponibilità economiche sia per il tempo a disposizione, ho potuto permettermi di andare in Bielorussia più volte in questi due anni. Molti genitori accoglienti non vedono i loro bambini da più di due anni, prima a causa della pandemia, poi per lo stato di emergenza, infine per le sanzioni che hanno impedito i voli diretti dall’Italia alla Bielorussia. Andare lì significava fare viaggi di una giornata, passando per la Turchia, la Lituania, con differenti difficoltà logistiche».

I bambini bielorussi come stanno vivendo questo periodo?
«Noi riusciamo a sentire e vedere i bambini in videochat. In questi giorni alcuni, i più grandi, hanno percezione di quello che sta succedendo e ci fanno domande, purtroppo anche loro hanno molte paure. Emerge la grande voglia di tornare dalle loro famiglie accoglienti, di rivedere i loro amici, hanno intessuto delle relazioni forti nel nostro Paese. I bambini, fino ai tempi pre-Covid, passavano in Italia tre mesi d’estate e un mese durante le vacanze di Natale. Speriamo che ricomincino presto, qualcuno si sta deprimendo perché è passato tanto tempo, qualcuno è più coraggioso e fa domande, qualcun altro soffre molto: hanno tutti vissuto storie di grande sofferenza. Nonostante il clima politico, tra le associazioni che si occupano di accoglienza di bambini bielorussi, le istituzioni italiane e  quelle bielorusse, sul tema della ripartenza dei soggiorni terapeutici dei bambini di Chernobyl la collaborazione è stata sempre massima, nonostante qualche lunghezza, alcune difficoltà e piccole incomprensioni. Sono stati sempre gli eventi esterni ad averci condizionato».

Come vi state organizzando per affrontare questo periodo?
«Ci auguriamo che la situazione migliori presto, ma lo scenario è veramente incerto. Abbiamo sperato fino all’ultimo che non si arrivasse ad una guerra. Abbiamo avuto rassicurazioni che alla fine dello stato di emergenza possiamo ricominciare a discutere le attività da fare quest’estate, quindi lavoreremo a questo. Come associazione abbiamo fatto presente al governo italiano che, laddove si dovesse verificare la necessità di far venire bambini provenienti dall’Ucraina, siamo disponibili all’accoglienza. La nostra missione è nei confronti dei bambini di tutto il mondo, non ci limitiamo alla Bielorussia».

L’associazione Puer, nata nel 1993, è composta di circa 900 famiglie su tutto il territorio nazionale (circa 300 a Roma e nel Lazio) per un totale di quasi 2500 bambini accolti in Italia.

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