ANYWHERE ANYTIME: CHI SONO OGGI I LADRI DI BICICLETTE?
Nel film di Vittorio De Sica del 1948 il furto di una bicicletta poteva cambiare la vita di una persona: oggi è ancora così, se chi subisce il furto è straniero e lavora come rider. Ce lo racconta il film di Milad Tangshir
19 Settembre 2024
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I Subsonica cantavano del cielo su Torino. La storia che stiamo per raccontarvi avviene sotto quel cielo. E parla della gente che sotto quel cielo lavora, si affanna, corre, soffre. Anywhere Anytime, il film di Milad Tangshir presentato a Venezia alla Settimana Internazionale della Critica, è la storia di Issa, un ragazzo senegalese che si trova a fare il rider, un lavoro emblematico di quello che oggi è diventato il mondo. Issa lavora al mercato, inizia quando è ancora notte. Una mattina, però, dal mercato passa la polizia. E il suo datore di lavoro si spaventa. Non può rischiare di prendere delle multe, dice. Così Issa si trova senza lavoro e si rivolge al suo amico Mario, che lavora come cuoco. Lui gli consiglia di fare il rider, e di usare l’account che ha usato lui fino a poco tempo fa. Non ci farà caso nessuno. «Un rider nero è un rider nero». Il film è nelle sale in questi giorni, in tour lungo l’Italia: le prossime proiezioni sono a Castiglion Fiorentino, questa sera, 19 settembre, alle 21, al Cinema Teatro Comunale Mario Spina; a Roma, domani, venerdì 20 settembre, alle 20.30, al Cinema Troisi e a Milano, lunedì 23 settembre, alle 21.30, al Cinema Beltrade.
Ladri di biciclette, un punto di partenza per una riflessione sui disperati di oggi
Anywhere Anytime è un film dall’impianto neorealista, che riprende e porta ai giorni nostri la lezione di Ladri di biciclette. Nel film di Vittorio De Sica del 1948 la bicicletta era un bene preziosissimo, vitale, era il mezzo per spostarsi e per lavorare. Oggi è di nuovo così. In un altro tempo, un’altra società, un altro mondo, per un ragazzo che fa il rider la bicicletta è fondamentale per lavorare e per sopravvivere. Una bicicletta usata può costare 80, 60, forse 40 euro. Ma se te la rubano e non li hai, è davvero dura. È quello che accade a Issa a un certo punto del film. E il ragazzo deve trovare il modo per sopravvivere. «Ladri di biciclette è stato solo un punto di partenza, non avrei mai osato rifare quel capolavoro che considero intoccabile» ha raccontato il regista. «Ho utilizzato un pezzo così fondamentale del cinema italiano per proporre una riflessione sui disperati di oggi. Esattamente come 76 anni fa, un oggetto come la bicicletta può cambiare la loro vita».
Anywhere Anytime e un disperato che non può sottrarsi al suo destino
Quella di Anywhere Anytime è una storia dura, struggente. Eppure il regista riesce a maneggiarla con cura, a renderla asciutta, lucida. Al di là dell’ispirazione a Ladri di biciclette, dal Neorealismo viene l’idea di lavorare con attori non professionisti, gli attori “presi dalla strada”, come si usava dire ai tempi. La macchina da presa che segue i protagonisti ci porta anche dalle parti del cinema dei Fratelli Dardenne. Milad Tangshir ha delle interessanti scelte di regia. La carrellata sui volti delle persone che frequentano la mensa dei poveri durante la preghiera è un momento davvero emozionante. Tangshir racconta i suoi personaggi senza giudicarli, mettendone in scena i vari lati. «Issa, il personaggio principale, sceglie la sopravvivenza: è un istinto umano» riflette il regista. «Non è solo una vittima, compie anche atti orribili, ha zone di luce e di ombra. È un disperato che non può sottrarsi al suo destino. Anywhere Anytime non è solo il nome di una compagnia di delivery, non si riferisce soltanto alla promessa di ricevere del cibo in qualsiasi posto e a qualsiasi ora. Ma rappresenta anche una condizione esistenziale, è l’immagine di un disperato che perde il lavoro, non ha più niente, va a sedersi sul marciapiede e si chiede: adesso che faccio? Succede ad Issa, a Torino, in una delle scene più intense del film. Ma può accadere in qualsiasi parte del mondo e in qualsiasi momento».
Ibrahima Sambou, una vita simile a quella di Issa
Il film corre veloce sulle strade di Torino, che potrebbero essere quelle di qualsiasi città, tanto sono uguali tutte le periferie. Ma vive anche sui volti dei protagonisti. Uno di quegli attori presi dalla strada è quello che interpreta Issa, Ibrahima Sambou. Ha quella leggera balbuzie che trasmette immediatamente verità, che trasuda imbarazzo, ma che sembra quasi suggerire un’incertezza costante, quella precarietà che vivono tanti ragazzi come lui. «Ho scelto gli attori attraverso un lungo street-casting, ho incontrato un centinaio di persone» ha spiegato Tangshir. «Le associazioni che si occupano di immigrati e i centri di accoglienza mi hanno aiutato in questa ricerca. La scelta del protagonista è caduta su Ibrahima Sambou dopo una conversazione, guardandolo negli occhi. Anche lui è arrivato in Italia dal Senegal attraverso la Libia, ha vissuto da invisibile, senza lavoro e senza una casa, come Issa, il protagonista del film. E anche a Ibra hanno rubato varie volte la bicicletta, l’ultima dopo aver finito di girare il film».
A differenza dei disperati di ieri quelli di oggi non hanno una minima rete
L’omaggio a Ladri di biciclette è riuscito, nel suo aggiornamento ai nostri tempi. Ma la riflessione è più profonda. Pensare che negli anni Quaranta una bicicletta fosse così importante, e che il furto di una bici possa rovinare una vita, e rendersi conto che quasi ottant’anni dopo, con il mondo che dovrebbe essere andato avanti, è ancora così, è davvero molto triste. «Nel 2018 mi sono avvicinato al mondo dei rider» ricorda il regista. «Mi ha colpito profondamente constatare che l’esistenza di queste persone dipendesse da una bicicletta, come nel film di De Sica. Ma, a differenza dei disperati di ieri, quelli di oggi non hanno una minima rete, non hanno un’identità né un senso di appartenenza. “Un rider nero è un rider nero”, dice un senegalese all’altro nel film. Persone così vulnerabili che può bastare un week end sbagliato, come capita al protagonista, perché crolli tutto e la vita cambi per sempre». In quell’estate del 2018 il regista è andato in giro con Malik, un senegalese di 20 anni che faceva il rider. Tutto quello che vediamo nel film, o quasi, è accaduto realmente, è stato visto dal regista o ascoltato in alcune testimonianze.
I rider, appesi a un filo
L’altra riflessione su che mondo siamo diventati è proprio il lavoro del rider. Per una comodità in più per noi, per farci mangiare senza neanche uscire per prenderci un asporto, come abbiamo fatto per decenni, si spingono ragazzi a pedalare di notte con qualsiasi tempo e qualsiasi condizione, senza nessuna tutela, per 3 euro a consegna. E tutto questo stando appesi a un filo. Anzi, alla catena di una bicicletta.