CALCIO SOCIALE: IL COVID CI HA MESSO ALLA PROVA MA NON CI ARRENDIAMO

Anche le associazioni attive nel calcio sociale hanno subito il lockdown. Due testimonianze di resilienza, e sguardo al futuro

A restare vittima della quarantena non è solo il campionato di Serie A. La diffusione del Coronavirus e le conseguenti misure restrittive hanno colpito anche le associazioni di volontariato dedicate al calcio sociale. La sanificazione di palestre e campi sportivi, come l’obbligo e di indossare le mascherine e mantenere le distanze di sicurezza, rendono di fatto impossibile svolgere una regolare attività fisica di squadra. «Dopo mesi di preparazione abbiamo dovuto rimandare il torneo di calcio sociale alla struttura Campo dei Miracoli di Corviale, un percorso pedagogico e sociale interrotto proprio alla sua vigilia» ha raccontato Graziana Dizonno, portavoce dell’associazione Calciosociale. Nel frattempo però abbiamo aiutato l’associazione I Diritti Civili nel 2000, Salvamamme Salvabebè nella distribuzione delle derrate alimentari porta a porta. Senza dimenticare però i propri iscritti e simpatizzanti. «Per loro abbiamo organizzato appuntamenti settimanali di giochi e quiz trasmessi attraverso le principali piattaforme virtuali: l’importante è aiutare ad alleggerire la pressione che grava sulle famiglie».

Adotta una zolla al Corviale

Non mancano le difficoltà economiche. «L’impatto delle conseguenze del COVID è stato devastante», ha proseguito la volontaria . «Noi ci sosteniamo attraverso l’affitto dei campi, che ancora oggi rimangono sfitti. Le bollette tuttavia bisogna continuare a pagarle. In periodi di emergenza sanitaria poi le donazioni vengono rivolte a sostegno di altri servizi e anche dal 5×1000 quest’anno non ci aspettiamo grandi risultati». Il lockdown ha bloccato anche i progetti in cantiere, come la costruzione di un campo di calcio a 11. «Vogliamo dare un calcio ai pregiudizi sulla zona del Serpentone di Corviale», ha concluso Dizonno. «Per questo abbiamo lanciato la nuova raccolta fondi Adotta una zolla. Costruire in questa zona un nuovo campo significa riqualificare un territorio segnato da prostituzione, criminalità e traffico di armi. Permettere a persone dai 6 ai 90 anni, provenienti da diversi quartieri di Roma, e soprattutto alle ragazze di giocare avrà un impatto molto forte sulle famiglie e la logica del ghetto verrebbe superata».

calcio socialeCastellinsieme: «i nostri ragazzi vogliono reincontrarsi»

Calcio sociale però vuol dire anche inclusione e integrazione, soprattutto per i soggetti più deboli. «Lavorare con i disabili in questo periodo è più difficile, perché non possono fare a meno di dimostrare affetto con un approccio molto fisico» ha spiegato Fabrizio Izzo, presidente della Polisportiva sociale Castellinsieme onlus. «Ecco perché siamo stati costretti a bloccare tutto. I nostri sessanta atleti hanno patologie diverse: non ce la siamo sentita di fare selezioni e decidere noi chi poteva tornare ad allenarsi e chi no. Spiegare poi ogni volta perché è necessario indossare una mascherina in campo non è sempre facile. Durante la fase 1 e la fase 2 siamo rimasti in contatto con loro attraverso le videochiamate e la produzione di piccole interviste e tutorial per continuare gli allenamenti in casa. Dall’ultima riunione però ci è arrivato un messaggio chiaro e forte: i nostri ragazzi vogliono tornare a incontrarsi».

Ma anche ai Castelli Romani la crisi economica si fa sentire. «Per non creare difficoltà alle famiglie più disagiate abbiamo sempre chiesto ai nostri associati di valutare il lavoro svolto e di donare secondo coscienza, ma una volta bloccate le attività anche le entrate sono diminuite», ha ammesso Izzo. «Se siamo ancora in piedi lo dobbiamo a quelle famiglie che siamo riusciti a fidelizzare nel tempo e alla generosità degli educatori che si stanno autofinanziando alcuni progetti. Abbiamo fatto domanda per alcuni strumenti messi a disposizione dal Governo, ma non per i fondi regionali: crediamo che ci siano altre associazioni che ne hanno più bisogno». Per non restare totalmente inattivi i volontari dell’associazione hanno preso parte al progetto di integrazione sociale #LagoSicuroLagoInsieme del Comune di Castel Gandolfo. I servizi di informazione, sorveglianza e controllo delle spiagge del lago Albano sono stati subappaltati ai loro animatori, che saranno sempre accompagnati da un ragazzo diversamente abile, che farà esperienza di lavoro integrato.

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