CAMPIONI: RACCONTARE LA DIVERSITÀ SENZA IPOCRISIE

Campioni racconta di un coach di basket che si trova ad allenare una squadra di giovani adulti con disabilità intellettive. Al doppiaggio ragazzi con le stesse disabilità: non solo inclusione, ma una scelta artistica riuscita

di Maurizio Ermisino

C’è un film speciale assolutamente da vedere. Si chiama Campioni, sulle piattaforme da domani 3 agosto e a noleggio dal 17 agosto, ed è stato girato da Bobby Farrelly, la metà di quel premiato duo che erano i Farrelly Brothers, quelli di Tutti pazzi per Mary, Io, me & Irene e Amore a prima svista. Due guitti, ma con un cuore: i due fratelli, nascosto tra mille gag, lo hanno sempre avuto. E ora Bobby Farrelly lo porta in questo film, che è la storia di un allenatore di basket che si trova ad allenare una squadra di giovani adulti con disabilità intellettive. La Universal ha scelto di far doppiare i personaggi da ragazzi con le loro stesse disabilità: non solo inclusione fine a se stessa, ma una scelta artistica molto riuscita. I giovani doppiatori sono Federico Parlanti (Johnny), Giordano Capparucci (Marlon), Emanuela Annini (Cosentino), Alessandro Tiberi (Darius), Tiziano Donnici (Blair), Diego Melis (Arthur), Lorenzo Salvatori (Cody) e Nicolò Manfredi (Benny).

È impossibile allenare quei ragazzi…

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Campioni è uno di quei film che segnano un nuovo modo di vedere la diversità. Senza pietismo, nè ipocrisie.

Campioni è la storia di Marcus, interpretato da Woody Harrelson. È l’allenatore in seconda di una squadra di J League. Il primo allenatore non lo ascolta mai. E così, durante una partita, spintona il coach che non vuole ascoltare un suo schema. Licenziato, viene anche colto a guidare in stato d’ebbrezza dalla polizia. Il giudice commuta la pena in 90 giorni di servizi sociali: sarà il coach di una squadra di basket di giovani adulti con disabilità intellettive, i Friends. “È impossibile allenare quei ragazzi”. “Impossibile non è un’evidenza, è un’opinione”. È il dialogo tra Marcus e il gestore del centro. Da lì tra Marcus e i ragazzi inizia un rapporto molto speciale. E, per vari motivi, l’allenatore si lega in particolare a Johnny, un ragazzo con Sindrome di Down.

La diversità senza toni pietistici

Campioni è uno di quei film che segnano un nuovo modo di vedere la diversità. Senza toni pietistici, senza buonismi, senza ipocrisie. In Italia lo hanno fatto, e molto bene, sceneggiatori come Fabio Bonifacci (Si può fare) e Nicola Guaglianone (Lo chiamavano Jeeg Robot, Freaks Out, Indivisibili, In viaggio con Adele) e Federico Biondi (Dafne). La loro idea è sempre stata quella di trattare chi è diverso come tutti gli altri. In fondo sono persone con i loro pregi e i loro difetti. I ragazzi di Campioni sono quello che sono: estrosi, dispettosi, sboccati. C’è chi parla continuamente di sesso, chi fa scherzi da caserma, chi non manda a dire le cose per mettere in riga chi se lo merita, anche se si tratta proprio dell’allenatore (è la spassosa Cosentino). La carta vincente di Campioni (che viene da un film spagnolo, Non ci resta che vincere, Campeones in originale) è la scelta di far interpretare i protagonisti a ragazzi che hanno realmente una disabilità, che portano nel film la loro carica umana, e quell’elemento di verità e spontaneità che sarebbe difficile riprodurre. Come faceva Benigni in Johnny Stecchino e come ha fatto Federico Biondi con Dafne, anche Bobby Farrelly porta sullo schermo un protagonista con Sindrome di Down, Johnny, trattandolo con cura e allo stesso tempo lasciando liberare la sua energia.

Il doppiaggio

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«I ragazzi hanno fatto le incisioni anche 40 volte senza mai avere un momento di noia o di insofferenza, si sono divertiti» Credit : Shauna Townley/Focus Features

Ma è ancora più azzeccata la scelta di Universal Italia che, per l’edizione italiana, ha scelto di far doppiare i protagonisti del film a ragazzi con le stesse specificità dei personaggi. «C’erano delle indicazioni dalla produzione del film che dicevano che avrebbero gradito che ci fossero stati dei ragazzi con la stessa disabilità dei protagonisti a doppiarli» ci ha spiegato Lorena Bertini, la direttrice del doppiaggio del film. «Credo che la stessa operazione sia stata fatta anche in Spagna. Non è stata una cosa facilissima: abbiamo dovuto contattare un’associazione che si occupa di questo, L’Arte nel Cuore e dei ragazzi che avessero un minimo di esperienza attoriale. Anche se il doppiaggio è un’altra cosa: tanti attori di presa diretta non si doppiano perché è un lavoro completamente diverso. Così abbiamo fatto dei provini grazie all’associazione, L’Arte nel Cuore, aiutati dalla presidente, Daniela Alleruzzo, che li conosce molto bene. Loro fanno corsi di recitazione, la settimana scorsa siamo stati al Teatro Olimpico, a Roma, dove hanno fatto uno spettacolo teatrale».

Federico Parlanti è la voce di Johnny

«I ragazzi sono stati molto bravi e molto aperti a sperimentare, aiutati e consigliati dalla presidente dell’associazione» ci racconta Lorena Bertini. «Abbiamo fatto vedere le tipologie dei personaggi e si è fatta un’idea di che tipo di specificità avessero, anche se a noi avevano già detto che alcuni avevano la Sindrome di Down. Gli altri erano nello spettro autistico, che vuol dire milioni di sfumature e diversi tipi di difficoltà. La presidente ha visto i personaggi del film, si è fatta un’idea di quello che serviva e ci ha consigliato dei ragazzi». «I ragazzi sono venuti a fare il provino su parte» ci ha spiegato Lorena Bertini. «Lo scoglio è stato trovare l’attore che avrebbe dovuto doppiare Johnny, che era quello che parlava di più» continua. «Alla fine abbiamo optato per Federico Parlanti, che aveva già esperienze di teatro, anche se, come dicevo, è stato fatto un lavoro che non aveva niente a che vedere con quello che fanno a teatro. Nel doppiaggio devi andare in sincrono. È stato un grosso lavoro, anche a livello tecnico: il fonico di doppiaggio prendeva una lettera di qua e una di là, e faceva un taglia e cuci. Io ero in sala con loro e non in regia perchè i ragazzi non potevano essere guidati da fuori: all’inizio erano in imbarazzo di fronte a un microfono. Ho recitato tutto il film con loro, davo le batture in sala e incidevamo, anche a vuoto. Io davo la battuta, il ragazzo la ripeteva, a volte andava lungo, a volte andava corto. A volte ripetevamo. Alla fine io ero senza voce».

Volevamo che tutto risultasse vero

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Campioni sarà in piattaforma da domani 3 agosto e a noleggio dal 17 agosto. Credit : Shauna Townley/Focus Features

All’anteprima stampa del film i ragazzi erano presenti, e molto orgogliosi di esserlo. Li abbiamo conosciuti, li abbiamo applauditi, abbiamo stretto loro la mano. Quella di Universal Italia per Campioni non ci è sembrata una di quelle scelte di inclusività fine a se stessa. Si tratta piuttosto di una scelta artistica funzionale al film. Il doppiaggio funziona molto bene: non sentiamo voci che tentano di imitare quelle degli attori originali, ma delle voci credibili. «Federico ha un accento toscano marcato, è livornese» racconta la responsabile del doppiaggio. «Aveva sicuramente una capacità espressiva naturale, come tutti. Grazie alle loro caratteristiche espressive, ma anche psicologiche, sono venute fuori delle differenze, come ci sono nell’originale. Pensiamo alla caratteristica di Blair, quel ragazzo che parla a manetta: Tiziano Donnici nella vita è così. Abbiamo cercato di fare questo tipo di accoppiamento a seconda delle caratteristiche degli attori sul film e dei ragazzi che avevamo a disposizione». «Rivedendo il film mixato, il risultato ci sembrava congruente, non era una cosa che voleva migliorare una certa dizione» continua. «Io ho puntato solo sull’espressività, ho cercato di guidare i ragazzi dando una spiegazione: questa frase è così perché lui sente deluso, è così perché si sente felice. I ragazzi con sindrome di Down hanno difficoltà a ridere a comando, facevamo tante incisioni di risate insieme a me, ridevamo insieme». I ragazzi si sono divertiti tantissimo, sono stati molto disponibili. «Hanno fatto le incisioni anche 40 volte senza mai avere un momento di noia o di insofferenza» ci spiega Lorena Bertini. «Erano felicissimi di venire e di essere lì a fare quella cosa. Ci hanno messo tutta l’energia che avevano a disposizione. Sono stati fantastici. Ci hanno ringraziato, baciato, abbracciato. Per me è stata un’operazione straordinaria. Ho capito che si possono fare le cose in un altro modo: non tanto per il discorso dell’inclusione. In questo caso volevamo che tutto risultasse vero».

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