COMUNITÀ EDUCANTE. UN’ALLEANZA EDUCATIVA È POSSIBILE?

Il progetto Scuola Diffusa, che ha coinvolto quattro istituti, tre a Roma e uno a Cagliari, si è concluso con la firma di un Patto di Comunità. Sara Iannucci, presidente Io Sono: «Questa non è la fine, ma il vero inizio»

di Ilaria Dioguardi

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Il progetto Scuola Diffusa, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, si è concluso con l’iniziativa Comunità educante. Un’alleanza educativa è possibile? presso l’Istituto Superiore Cine Tv Rossellini, a Roma, partner di progetto. In questi due anni, Scuola Diffusa ha visto l’avvio del polo civico Spazio Oltreterra, in Via dei Lincei 7 (zona Tor Marancia) e la nascita di una Comunità Educante nell’ottavo Municipio di Roma. Oggi lo Spazio vede il supporto del programma Periferiacapitale della Fondazione Charlemagne, reso possibile grazie all’intervento di ristrutturazione che ne ha permesso l’apertura, e l’attivazione di un servizio dedicato del Municipio VIII per minori dai 4 ai 17 anni e famiglie in difficoltà economica.

Inoltre è diventato un polo educativo, sociale e culturale fondamentale per questo quadrante, tanto da essere considerato un punto di riferimento necessario per il quartiere e non solo. In parallelo, grazie al lavoro svolto con i partner scolastici, è stato attivato un processo di Scuola Diffusa che oggi si concretizza con una maggiore presenza e ascolto dei minori sul territorio, oltre all’attivazione di sinergie, relazioni e reti tra cittadini, enti del Terzo settore, commercianti, scuole e singoli cittadini. Questo mostra la continuità del progetto sia attraverso adulti di riferimento operanti con bambine e bambini, ragazze e ragazzi, sia attraverso la presenza sul territorio come punto di riferimento della Comunità.

progetto Scuola Diffusa
Sara Iannucci, presidente dellassociazione Io sono: «Con il patto educativo che abbiamo firmato le persone – bambini e adulti – si prenderanno degli impegni. Abbiamo deciso di far firmare le persone che compongono la comunità educante. Ognuno di noi si prende un impegno come singolo e una parte della corresponsabilità nei confronti del minore»

Un patto educativo firmato dalla comunità

Durante l’evento di conclusione sono stati mostrati i successi e le criticità emersi e quanto lavoro c’è ancora da fare. Ha partecipato anche ActionAid con un altro progetto di mappatura del quartiere svolto con un gruppo di ragazzi dell’Istituto Rossellini. «Quest’evento non ha concluso il progetto, ma in qualche modo lo inaugura», dice Sara Iannucci, presidente dell’associazione Io sono, «perché attraverso il patto educativo che abbiamo firmato le persone si prenderanno una serie di impegni. Quando parlo di persone mi riferisco ai bambini e agli adulti. Abbiamo deciso di non far firmare gli enti e le scuole, ma le persone che compongono la comunità educante. Ognuno di noi, a prescindere se fa parte di una scuola, di un municipio, di un gruppo, si prende un impegno come singolo, affinché ci si prenda tutti una responsabilità personale sulla corresponsabilità nei confronti del minore», prosegue. Il minore «se sta a scuola ne è responsabile la scuola, se sta fuori ne è responsabile il genitore o chi ne fa le veci. Nella comunità educante chiunque è, in qualche modo, educatore, pur non avendo un’attività direttamente con il bambino. Chiunque si deve sentir parte della comunità». Il Patto di Comunità è un impegno a continuare quello che è stato costruito in questi due anni, prendendosi una responsabilità personale, non rifugiandosi dietro la firma dell’istituto scolastico. «Io, persona che faccio parte della scuola, del municipio mi prendo la responsabilità e mi impegno a fare una serie di cose, come avere cura, ascoltare».
Scuola Diffusa è un percorso che vuole unire, in un’unica comunità educante realmente attiva e partecipativa, tanti piccoli processi virtuosi già iniziati in alcuni territori dell’ottavo Municipio di Roma (Ostiense, Valco San Paolo, Tor Marancia, Montagnola) dal 2015. L’obiettivo è rafforzare la sinergia tra scuola, Terzo settore, famiglie, istituzione e territori, in cui i bambini, bambine, ragazzi e ragazze siano partecipanti attivi, e non solo meri fruitori, nel processo educativo e civico che li vede protagonisti. Sperimentare, quindi, fattivamente un nuovo modello educativo co progettato e co realizzato che coinvolge la comunità tutta, attraverso percorsi didattici outdoor diffusi sul territorio, educazione alle emozioni, formazione, attività dedicate al bene comune, riqualificazione di spazi verdi, attività inclusive e di scambio tra famiglie di diverso ceto sociale, in diversi contesti territoriali che si andranno a interfacciare tra loro, ampliandone l’azione e il valore aggregante.

Il progetto Scuola Diffusa continua

Il progetto Scuola Diffusa è gemellato tra quattro scuole: a Roma l’istituto comprensivo Salvatore Pincherle, l’istituto superiore Cine Tv Rossellini e l’istituto comprensivo Pisacane e, a Cagliari, l’istituto comprensivo Satta Spano De Amicis. «Abbiamo attivato una connessione tra gli istituti scolastici, che attiveranno delle sinergie su un’educazione diffusa. Insieme cominceranno a lavorare per fare in modo che ci sia una metodologia diffusa e che la scuola sia nel territorio, e non il territorio nella scuola. Le scuole continueranno a collaborare, con il nostro supporto ma per conto loro», prosegue Iannucci. «Poi si sono create sinergie con altre realtà che possono andare dall’esercizio commerciale all’istituto di musica. Alcuni tavoli di coprogettazione hanno aiutato a capire cosa manca, quali sono i bisogni. Dobbiamo spingere affinché la scuola cambi. E quando parlo di scuola mi riferisco a tutto il territorio». Ma quali sono i bisogni e le criticità? «C’è una grande voglia di cambiamento. La scuola e il resto della comunità non ci soddisfano più. Quando dico che non ci soddisfano, mi riferisco sempre sia agli adulti che ai bambini. La più grande criticità qual è? Riaccendere la “miccia” nelle persone.  Una parte di cittadini si mette in gioco e si impegna, ma dopo un po’, se non si vedono i risultati, si tende a mollare perché si vuole tutto e subito. Ma si tratta di un processo che non può cambiare nell’arco di un mese e neanche di due anni. Poi c’è un’altra parte di persone che non ha interesse e dobbiamo tenerne conto. I motivi per cui le persone smettono di impegnarsi se non vedono i risultati in tempi relativamente brevi è soprattutto la burocrazia».

progetto Scuola Diffusa
Scuola Diffusa ha visto l’avvio del polo civico Spazio Oltreterra, a Tor Marancia, che è  diventato un polo educativo, sociale e culturale fondamentale per il quadrante e la nascita di una Comunità Educante nell’ottavo Municipio di Roma.

La solitudine enorme delle famiglie

Iannucci prosegue dicendo che «chi ha oggi 40-50 anni viene da un’infanzia e da un’adolescenza molto più libere, in cui c’era molto più “controllo” da parte della comunità educante. I bambini stavano fuori, non venivano guardati solo dai genitori, dai parenti stretti e dagli insegnanti, ma tutta la comunità si prendeva cura dei minori che giocavano per strada. Ora c’è una paura enorme da parte dei genitori, non ci si affida più ad un insegnante, ad un’associazione, alle persone che i bambini possono approcciare per strada, che non sono tutte cattive», continua. «C’è un immaginario che ci dice che bisogna stare attenti a tutti, che non ci si può fidare di nessuno. Questo ha portato ad una solitudine enorme, le persone non si sentono parte di un gruppo. C’è una grande necessita di comunità. Il cortile, la piazzetta, il muretto non ci sono più come ritrovo dei bambini perché stare per strada è “pericoloso”. Poi l’avvento del cellulare è un dramma enorme per la generazione di bambini ed adolescenti, fanno fatica a comunicare verbalmente, hanno una conoscenza limitata delle parole». La grande fatica dei giovani «è quella di raccontare e parlare di loro stessi, esprimere quello che sentono, comunicare quello che succede loro. L’educazione alle emozioni è un argomento che ci sta molto a cuore, i docenti dovrebbero essere formati su questo tema». Le persone, pur stando a volte insieme, si sentono sole. «Fanno fatica a dire come stanno, si tende a quest’immagine da “social” per far vedere che va tutto bene. È difficile che ci si metta in gioco, a volte anche per dire che non sopportiamo i nostri figli: non c’è nulla di male a dirlo. Quando, durante questo progetto, abbiamo incontrato le famiglie, abbiamo riscontrato che molte persone pensano che le “cose piccole” della loro quotidianità non siano importanti. In realtà, lo sono perché le cose piccole di ogni famiglia diventano le cose grandi di una comunità».

COMUNITÀ EDUCANTE. UN’ALLEANZA EDUCATIVA È POSSIBILE?

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